L'ennesimo elemento che dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto siano alla frutta Berlusconi e la destra è il riproporre, ancora una volta, il tema della riforma fiscale e della riduzione delle tasse come 'la terra promessa' da raggiungere e quale unico mezzo per ridare slancio all'azione del governo e riconquistare il favore dell'elettorato. Un tema trito e ritrito fin dalla funesta discesa in campo del 1994 e, come la magnificata rivoluzione liberale, rimasto solo argomento di propaganda salvo concretizzarsi nel beneficiare, con il lassismo fiscale e con i reiterati condoni, i grandi evasori e i grandi elettori del berlusconismo.
Riparlare oggi di riduzione delle tasse, con milioni di disoccupati, con il debito pubblico alle stelle e alla vigilia di manovre finanziarie lacrime e sangue imposte dall'Unione Europea, è non solo ridicolo ma fuori dal tempo sia come misura di politica economica che come argomento di consenso tra i cittadini.
Sono altre le priorità oggi per i cittadini che non qualche decina di euro in più in busta paga (per i privilegiati che potrebbero beneficiarne): la disponibilità, la stabilità e la sicurezza del lavoro, una scuola per tutti all'altezza dei tempi, servizi sanitari efficienti in cui si possa accedere a visite e prestazioni specialistiche in tempi utili, la tutela dell'ambiente, la casa, la qualità della vita da conseguirsi anche attraverso una diversa organizzazione della mobilità e una pianificazione urbanistica delle città a misura d'essere umano.
E' questa idea della politica, non più ridotta a semplice azione di marketing ma fondata su principi e valori e capace di occuparsi delle questione concrete che riguardano la vita dei cittadini, quella che ha portato la maggioranza assoluta degli italiani il 12 e 13 giugno scorsi ad andare a votare per i referendum consentendo, cosa che non succedeva da 16 anni, il raggiungimento del quorum. Ribalta l'agenda politica e l'ossessivo ritornello che Berlusconi e la destra hanno imposto all'Italia e ad un'opposizione imbelle negli ultimi vent'anni: il privato meglio del pubblico, lo stato che non deve mettere le mani nelle tasche degli italiani, la sicurezza e l'odio verso gli immigrati, il pericolo comunista, i giudici politicizzati e in guerra con i rappresentanti del popolo, il federalismo.
Ridurre le tasse (ai ricchi) per aumentare la crescita dell'economia era la dottrina anti-sociale di Ronald Reagan e Margaret Thatcher negli anni '80: oltre che ingiusta e sbagliata, riproporla nell'economia globalizzata di oggi non avrebbe alcun senso. Il beneficio di cui godrebbero i contribuenti medi se andasse realmente ad incrementare i consumi rischierebbe di rivolgersi probabilmente verso beni di importazione, mentre non vi sarebbe alcuna garanzia che l'incremento dei profitti produrrebbe maggiori investimenti e lavoro in Italia.
Tutti i grandi problemi sociali resterebbero insoluti: la disoccupazione, il precariato, la qualità dei servizi sociali, sanità e scuola in particolare, la casa. E nello specifico delle imprese, i veri fattori di ostacolo alla competitività delle aziende italiane e all'afflusso di investimenti esteri sono ben altri: una burocrazia inefficace e inefficiente, una giustizia penale e civile dai tempi biblici, la mortificazione della ricerca scientifica e tecnologica, infrastrutture inadeguate, il dominio delle mafie in zone sempre più estese del Paese, la dimensione troppo piccola delle imprese.
Sarebbe folle pensare di trovare le risorse per risolvere questi problemi se non aggredendo l'economia criminale, la corruzione, l'evasione fiscale, contrastando sprechi e privilegi (anche del Vaticano), riducendo i costi della politica, abbandonando le missioni di guerra all'estero.
Altrettanto folle che pensare che un governo che per tre anni si è occupato solo dei processi di Berlusconi negli ultimi due anni di legislatura, con una maggioranza appesa al filo degli Scilipoti e dei Calearo e di qualche sottosegretario con cui ripagare i Responsabili, possa fare qualcosa di utile per il Paese.
Se non era solo una leggenda il fiuto politico di Bossi anche la Lega, per quanto ormai prigioniera del destino di Berlusconi, nel prossimo raduno di Pontida dovrà prenderne atto e trarne le dovute conseguenze.
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