In molti associano la riforma della
legge elettorale, così come sta uscendo dalle Commissioni
parlamentari, alla volontà di creare le condizioni per il Monti-bis.
Sostanzialmente, riducendo il premio di maggioranza o rendendolo
applicabile solo a fronte del raggiungimento da parte della
coalizione vincente di percentuali al momento improbabili, si
favorirebbe una situazione di ingovernabilità stante l'attuale
frammentazione del quadro politico in cui nessun partito e nessuna
coalizione potrebbe uscire dalle elezioni, almeno a leggere i
sondaggi, con la maggioranza assoluta dei parlamentari.
E dunque diventerebbe indispensabile la
riproposizione di quella 'strana maggioranza' che oggi sostiene
l'esecutivo dei tecnici – PD, PDL e UDC – e lo stesso Monti alla
guida del governo (anche se forse per pochi giorni fino all'elezione
alla Presidenza della Repubblica).
Sulla legge elettorale bisognerebbe
però fare un po' di chiarezza.
Ha ragione chi dice che non si può
tornare a votare con il Porcellum che nega ai cittadini di scegliere
i propri rappresentanti attribuendo la designazione dei parlamentari
alle segreterie dei partiti.
Ma ha anche ragione Grillo a
denunciare,
riferendosi tra l'altro a pronunciamenti dell'Unione Europea, la
scorrettezza politica e costituzionale (vero Napolitano?) di
modificare la legge elettorale a ridosso del voto sulla base delle
convenienze contingenti della maggioranza parlamentare uscente.
E ancora ha ragione chi, come l'UDC e
il PDL, afferma che è assolutamente antidemocratico attribuire la
maggioranza assoluta dei parlamentari a chi raggiungesse la
maggioranza relativa anche solo con il 30 o il 35 per cento dei voti
validi. Anche se ovviamente non si può non rilevare l'ipocrisia di
una destra che si accorge di tale incongruenza solo quando sa di non
avere più la maggioranza degli elettori.
Ma rispetto alle rimostranze del PD che accusa le destre di volerlo scippare, con modifiche ad hoc nella ripartizione dei seggi, della futura maggioranza parlamentare il partito di Bersani non può che fare il mea culpa. Avendo giustificato la scelta di non andare alle elezioni subito dopo la caduta di Berlusconi con l'impossibilità di farlo con il Porcellum ed essendosi illuso (o avendo fatto finta di illudersi) che si potesse fare una riforma elettorale e magari anche di parte dell'assetto istituzionale (nomina del Presidente del Consiglio, numero dei parlamentari, bicameralismo perfetto), nell'interesse generale e
per il bene comune, con i berlusconiani e con questo Parlamento di
inquisiti e di condannati. E ciò la dice lunga sulla capacità strategica o, peggio, sui torbidi obiettivi che muovono il Partito democratico.
Il grande errore è soprattutto, a mio avviso, legare la
governabilità alla legge elettorale e in particolare al maggioritario. Vi sono paesi che adottano il
proporzionale come la Germania che sono assolutamente governabili.
Il ventennio berlusconiano del
maggioritario italiano, prima con il Mattarellum e poi con il
Porcellum, è stato invece contraddistinto, nonostante i numeri
usciti dalle elezioni, da governi di destra stabili ma pessimi, fino all'epilogo dell'ultimo esecutivo Berlusconi travolto dai mercati, e da
governi di centrosinistra instabili, beneficiati o affossati da
ribaltoni, e ininfluenti.
La qualità e il corretto funzionamento
di una democrazia si fondano sulla partecipazione consapevole e
informata dei cittadini che sola è alla base della selezione di una
classe dirigente onesta e rispettosa della volontà popolare.
Un assetto istituzionale e una legge
elettorale funzionali ed equi sono elementi necessari ma non
sufficienti per una buona democrazia. Ma a parte il fatto che presupporrebbero una generazione di nuovi legislatori all'altezza dei Padri costituenti (e non i Gasparri, i Quagliarella, i Calderoli, le Finocchiaro, i Violante che abbiamo a disposizione), l'esperienza e la storia
recente dovrebbe convincerci che non esistono le scorciatoie di
miracolose riforme istituzionali ed elettorali tanto più quando la
democrazia e la volontà popolare sono state espropriate dai mercati
e da entità sovranazionali quali BCE o FMI.
D'altro canto l'Italia resta ancora una
Repubblica parlamentare ed un sistema elettorale proporzionale
sarebbe il più conforme all'assetto costituzionale vigente e non
escluderebbe dalle Camere forze politiche non marginali.
La prosecuzione delle politiche del
governo Monti, con o senza Monti, cosa che al momento appare fuori
discussione sia che vinca il centrosinistra del PD e di SEL o che
prevalga la destra berlusconiana, dipenderà dalla scelta delle forze
politiche che di questo dovranno assumersene le responsabilità senza
l'alibi della legge elettorale.
Responsabilità che ricadono, in
termini di credibilità e di adeguatezza delle proprie proposte,
anche su chi si propone di costituire un'alternativa al montismo.
E poi anche se si andasse a
votare con il Porcellum mentre allo stato attuale è probabile che il
centrosinistra otterrebbe la maggioranza assoluta dei seggi alla
Camera è tutto da verificare cosa succederebbe al Senato dove il
premio di maggioranza è attribuito su base regionale. Non a caso i
massimi esponenti del PD esprimono apertamente l'intenzione di un
accordo con l'UDC dopo le elezioni.
Resta poi in ogni caso il problema
della legittimazione politica di un governo che con il consenso di
una esigua maggioranza relativa di cittadini, considerando l'elevato
livello dell'astensionismo e delle schede bianche e nulle, dovrebbe
affrontare le questioni epocali sul tappeto senza essere travolto
dalle spinte contrapposte dei mercati e dell'opposizione sociale.
Per questo tutti gli osservatori e
analisti politici sono sicuri della riconferma della 'formula' Monti
anche nella prossima legislatura (con il professore della Bocconi
traslocato al Quirinale quale garante verso poteri forti e i nostri
'protettori' internazionali USA, Germania e Francia).
Un sistema proporzionale allora consentirebbe
almeno di non avere maggioranze bulgare in grado di fare riforme
costituzionali senza passare per la consultazione popolare così come
successo con il pareggio di bilancio.
Ala fine, stante un orizzonte
programmatico e politico già predeterminato dalle scelte di Monti in
ossequio ai diktat europei, la legge elettorale sulla quale si
accaniscono i partiti ha solo la funzione di ripartire le poltrone da
occupare nella prossima legislatura (e ne stanno inventando
altre 90): quelle di parlamentari, di Presidente della Repubblica,
della Camera e del Senato e di tutti gli enti, organi e authorities
del sottobosco istituzionale. Ripartizione di poltrone che resterà
l'unica area soggetta alla reale determinazione dei partiti.
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