"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

sabato 16 gennaio 2010

Bettino Craxi: condannato dai giudici e dalla storia

“Craxi modernizzatore”, “Craxi statista”, “Craxi perseguitato politico costretto all'esilio” sono solo alcune delle affermazioni di chi vuole rivalutare la figura del defunto leader socialista, minimizzando il peso delle condanne penali che lo colpirono anche allo scopo di esaltare la figura di Berlusconi, suo erede politico ed anch'egli presunta 'vittima' di un accanimento giudiziario dei magistrati.
Ma cosa significa essere uno statista?
Trovo straordinaria al riguardo la definizione data da Alcide De Gasperi:
“Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione.” (http://it.wikiquote.org/wiki/Alcide_De_Gasperi)


Statista, aggiungerei, è l'uomo di governo che emerge per le qualità morali e l'originalità della proposta politica, che pone al di sopra di tutto il servizio alle istituzioni ed alla comunità di popolo che rappresenta, che riesce ad essere puntuale all'appuntamento con la storia guidando la propria nazione nei momenti drammatici di svolta e di crisi.
Limitandomi al campo delle democrazie occidentali istintivamente associo la parola statista a Capi di Governo o di Stato come Cavour, Lincoln, Roosvelt, Kennedy, Brandt, Kohl, De Gaulle, De Gasperi, Churchill, Pertini.
Non è mia intenzione dare un giudizio di valore su tali personaggi che inevitabilmente, come tutti, possono essere oggetto di controversie intellettuali e discussioni teoriche ma semplicemente riferirmi all'idea del politico che riesce ad imprimere la propria impronta nella storia.
Non riesco allora minimamente a comprendere in che modo Craxi sia anche lontanamente avvicinabile alla figura di uno statista e rilevo al contrario che della sua vicenda politica rimangono solo le macerie di un fallimento.
Quali sono le riforme, concrete e reali per la qualità della vita delle persone, che il riformista e modernizzatore Craxi ci ha lasciato?
Craxi non riuscì mai ad ottenere un vero sostegno popolare, con percentuali elettorali di poco superiori a quelle dei propri predecessori alla guida del PSI. Si alleò con la parte peggiore della Democrazia Cristiana, quella di Andreotti (assolto dall'accusa di mafia solo per l'intervenuta prescrizione) e di Forlani (che nascose nei propri cassetti la lista degli aderenti alla P2). Utilizzò la rendita di potere che gli derivava dall'essere indispensabile per la formazione dei governi solo per rastrellare per sé ed i propri sodali cariche istituzionali, presidenze e poltrone nei consigli di amministrazione di enti ed aziende pubbliche. Mi pare davvero ridicolo l'apprezzamento alla sua politica estera unicamente per l'episodio di Sigonella nel quale i carabinieri si rifiutarono di consegnare agli americani Abu Abbas, mi sembra non certo rispondente all'idea di 'senso dello Stato' il favore alla trattativa con i brigatisti rossi che avevano rapito Aldo Moro ed ucciso gli agenti della sua scorta.
Non credo sia un merito politico, per un leader della sinistra, aver diviso i sindacati con le norme che tagliarono la scala mobile ed essere stato il primo a mettere in discussione, con toni e accenti 'eversivi', l'organizzazione costituzionale della repubblica italiana per promuovere una riforma presidenzialista.
Sul piano della laicità dello Stato, c'è qualcuno che pensa che sia stata una vittoria la revisione dei Patti Lateranensi e la concessione alla Chiesa cattolica dell'otto per mille del gettito IRPEF ?
Di Craxi resta l'abnorme incremento del debito pubblico e del tasso di corruzione nei suoi anni di governo, resta aver favorito in modo decisivo il formarsi del monopolio televisivo di Silvio Berlusconi, fattore determinante per l'imbastardimento dei costumi morali della società italiana.
Ma al di là di tutto, una colpa, ad un tempo morale e politica, deve essere soprattutto attribuita a Bettino Craxi. Quella di aver definitivamente allontanato dalla sinistra il più antico partito italiano, il partito di Turati, Nenni e Pertini, contraddicendo i valori e le sensibilità del suo popolo (in primis il principio di eguaglianza e la giustizia sociale) e di averlo trasformato in un comitato di affari confondibile con qualsiasi destra, nella quale peraltro molti dei suoi collaboratori confluiranno dopo la sua uscita di scena. Con ciò condannando il PSI da un lato all'estinzione e dall'altro imponendogli di mancare l'appuntamento con la storia, l'occasione di poter riprendere la leadership della sinistra italiana di fronte alla caduta dei regimi comunisti e alla inevitabile crisi ed involuzione che da lì in poi avrebbe conosciuto il Partito Comunista Italiana.
Tenendo conto delle vicende italiane dell'ultimo ventennio, della vittoria del berlusconismo che è la diretta prosecuzione del craxismo, non mi sembra una colpa storica da poco.

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