"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

sabato 23 gennaio 2010

Viola

Viola era anziana.
Lo era sempre stata. Pensate che, quando frequentava le elementari, se qualcuno dei suoi compagni doveva fare la pipì, non chiedeva il permesso di andare in bagno alla maestra, ma a lei.
Ordinata, pulita, diligente, riflessiva, molto saggia. Non faceva mai niente che non potesse eseguire alla perfezione.
Sin dalla nascita, sembrava che avesse già vissuto una vita intera. Sapeva già, si direbbe per scienza infusa, cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato. E non sbagliava mai infatti, quello che faceva lei era sempre ben fatto.
La mattina si svegliava prestissimo; la sua giornata, dall'asilo all'ufficio (lei non aveva mai notato nessuna differenza), scorreva rapida tra mille impegni; per tutto il giorno adempiva tutti i suoi doveri con estrema efficienza, senza saltarne neanche uno; la sera, prestissimo, si spegneva soddisfatta in un sonno ristoratore, una specie di letargo di otto ore, mai un minuto di più, mai un minuto di meno. Era precisissima.
Non che non facesse le cose che fanno tutti i bambini, gli adolescenti, i ragazzi, gli uomini e le donne adulti, solo che lei le faceva in modo diverso.
Se qualcuno le proponeva di andare al cinema, lei ci rifletteva su un momento, poi decideva il giorno della settimana più indicato, fissava l'appuntamento e lo segnava sulla sua agendina. E il giorno stabilito, all'ora stabilita, andava a vedere il film stabilito con le persone stabilite.
Che io sappia, non le è mai capitato di cambiare all'ultimo minuto giorno, ora, film o persone.
Come poteva succederle d'altronde?
A Viola le cose non capitavano mica, era lei che decideva cosa dovesse succederle.
E succedeva puntualmente.
Chi la conosceva l'amava proprio perché lei era così.
Era estremamente rassicurante ed era famosa per i consigli che sapeva dare, sempre molto saggi.
Chiunque avesse avuto bisogno di calore materno, che fosse stata la madre, il padre, il fratello, il fidanzato, la sua migliore amica, in lei trovava un porto sicuro.
Quando si trovava in compagnia di un'allegra brigata di amici, sembrava una dolce nonnina, paziente e gentile.
Era lei che apparecchiava e sparecchiava, provvedeva a tutto e a tutti.
Mentre tutti ridevano e scherzavano, lei aveva sempre un gran da fare, avanti e indietro con la cucina; e mentre se ne andava su e giù tra l'ilarità generale, sembrava quasi che dicesse 'state buoni bambini'.
Sennonché, un giorno, Viola impazzì. O almeno così credettero tutti.
Ufficialmente, una mattina, Viola uscì di casa prestissimo per andare al lavoro, come era suo solito, e non tornò più.
Qualche mese dopo, a ciascuno dei suoi parenti, amici e conoscenti arrivò per posta un identica missiva: "Io non torno".
La verità è che quella mattina Viola, mentre camminava spedita per raggiungere la macchina, inciampò e cadde.
Fu un bel capitombolo.
Era talmente presto che la strada era deserta e lei si ritrovò lì, sola, caduta per terra in mezzo alla strada e piena di ammaccature.
Improvvisamente le fece male tutto.
Viola, in tutta la sua vita, non era mai caduta.
Quella mattina, già da qualche giorno, aveva trent'anni.
Seduta lì per terra, con un'espressione stupita e imbronciata ad un tempo, sembrava proprio una bambina e come una bambina si rialzò e con un sorriso indecifrabile sulle labbra si diresse verso una direzione sconosciuta.

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