"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

venerdì 12 ottobre 2012

LE RAGIONI PER CUI SIAMO QUI

Di Giandiego Marigo
In me cova sempre la segreta speranza di non dover più scrivere queste cose, odio i moralismi ed i predicatori del nulla, mi infastidiscono le frasi fatte e le scoperte acquacaldifere, l'ho detto, scritto ripetuto in mille lingue, detesto la ripetizione pedissequa di slogan pre-confenzionati, ed i “disquisitori di morali correnti”.
Eppure mi trovo qui a scrivere di qualche cosa che potrebbe avere, vagamente, il suono d'una tirata moralista, almeno così credo la classificheranno molti, anche e forse per esorcizzare ed annullare il suo contenuto, spessissimo l'ho visto fare ed altrettanto spesso l'ho subito.
Mi infastidisce dover parlare di questo eppure continua ad essere importante il farlo, addirittura necessario.
Sto parlando del richiamo alle ragioni, ai motivi ed al senso, per i quali ci troviamo...qui dove siamo.
Mi riferisco al pragmatismo da marketing, che sta facendo breccia ormai dovunque e diviene via, via sempre più parossistico con l'avvicinarsi delle elezioni. Per carità, non metto in dubbio le qualità degli studiosi di “tendenze” e “pensieri correnti”, dei creatori di “mode e modi” loro hanno ragioni, anche scientifiche, o meglio matematiche per dire quello che dicono.

Quello che dico è che , forse, per “cambiare ed estripare” le malversazioni, i vizi e le brutture ricorrenti della politica in questo paese si devono cambiare anche la qualità, i metodi, le misure e financo i linguaggi di quella che noi definiamo in questo modo. Quindi l'accettarne le regole , generalizzandole e facendole divenire la forca caudina sotto la quale passare per accedere alla credibilità e, quantomeno, stupido.
Questa necessità viene definita in svariate maniere e nei posti più impensati.
Ha sicuramente intaccato profondamente le ragione della coalizione di centro-sinistra, sino a farle privilegiare la scelta dei linguaggi ai propri contenuti e adattare le proprie (poche) idee fondanti alle esigenze d'una utenza apparente “La gente vuole questo...”,“ l'italiano è di destra...di sinistra...di centro...” ,“ Dobbiamo dire quel che la gente vuole”, sono frasi ripetute all'interno dei circoli della politica, che sostituiscono ormai il senso delle cose che si dicono.
Le ragioni ed i motivi per cui si è giunti all'impegno in politica divengono ampiamente secondari rispetto al “successo” così la raccolta dei voti, costi quel che costi diviene maggiormente importante di qualsiasi cosa si possa dire.
Altri frasi fatte, molto in voga “Prima andiamo in parlamento e poi cambieremo...”, “Per cambiare qualche cosa si deve contare...”, “ modificheremo il malcostume dall'interno...”.
Nessuno appare realmente preoccupato di cambiare il mondo, anzi il successo, la credibilità, l'ascolto. le possibilità reali di incidere sembrano passare dall'acquisizione di una maggioranza, non basata però sulla affermazione di un'idea ma, piuttosto, sull'omissione dell'enunciazione della medesima.
Questo male non risparmia nessuno, nemmeno i presunti portatori del nuovo.
Mi sono trovato io stesso di fronte ad “Esperti di Marketing” che consigliavano e consigliano i movimenti ad omettere, almeno per il momento, le questioni spinose (NOTAV, NONUKE, Ecologia, NOTEM, trattamento dei rifiuti...discussioni sulla democrazia orizzontale e liquida, legalità) per privilegiare i discorsi che ci trovano tutti d'accordo, in chiave elettorale...poi del resto si parlerà una volta raggiunto il parlamento, quindi consigliano di concentrarsi sulla ripetizione parossistica della litania del “Sono tutti uguali e Sono tutti ladri” , molto remunerativa ed assolutamente condivisibile, ma che nulla racconta dei motivi reali per cui siamo qui. Che non crea rotture perché dice una ovvietà, tutto sommato inoffensiva.
Credo che sia la soluzione peggiore, la più sbagliata, la scelta che ha portato la politica ad essere esattamente quello che è, a perdere il senso della sua vocazione per divenire solo trattazione del potere. Significa fare l'errore che sino ad oggi hanno ripetuto tutti, cioè adattarsi al sistema, per divenire “accettabili” e “credibili” e quindi perdere il motivo portante che ci ha portati sino qui, per divenire anche noi “Uguali agli altri” . Chiunque pensi di agire per sostituzione dei componenti senza discutere il sistema e le leggi interne che lo sorreggono, chiunque pensi di cambiarlo, il sistema, senza discutere delle sue ragioni filosofiche e spirituali e senza modificare i rapporti fra gli uomini e d i postulati che li sottendono...bhè non sta cambiando nulla. Sta solamente rinnovando, potando i suoi rami alti per renderlo più forte e più frondoso. Accettandolo , di fatto, e rinnovando l'assioma che questo sia il Miglior Mondo Possibile. Si inizia così, rinviando le discussioni importanti, privilegiando gli effetti alle cause, questo è l'errore ricorrente di tutti i “sommovimenti” e le “rivoluzioni” del passato: Avere preso il potere senza discuterlo, essersi sostituiti alla classe dirigente senza modificare i rapporti, senza discutere davvero del perché si era lì e di cosa si stesse facendo. Avere mantenuto i medesi “rapporti spirituali” fondati sulla medesima filosofia e sul medesimo racconto del potere personale, fatto di Carisma, Competizione, Forza, Affermazione, Decisione, Fascino, ma sostanzialmente identico a quello che sia andava a sostituire. Ed allora è per questo che ancora mi trovo qui, nonostante tutto a rinnovare le ragioni dell'utopia, i motivi per cui..., a ricordare che se siamo arrivati sin qui c'erano delle ragioni a spingerci. Che era di un Mondo Migliore di Questo che stavamo parlando e non del suo emendamento con potatura, che è poi quello che tutti ci propongono e che pare essere l'unica strada praticabile. Se così fosse, se questa dell'emendamento fosse l'unica strada possibile, allora avrebbero ragione loro, con il bipolarismo ed il centrismo, con la conservazione e la difesa del modello. Con l'appiattimento culturale ed il pensiero unico e questo sarebbe davvero “il migliore mondo proponibile”. Tutti noi con le nostre proteste, i nostri racconti, le nostre proposte di cultura altra, i nostri nuovi percorsi saremmo davvero come loro ci definiscono inutili e dannosi. Io non ci sto, non credo questo e continuerò ad essere quello che sono ed a discutere del sistema e del potere...se questo non piacerà agli uomini del marketing ed agli esperti di successi elettorali...mi dispiace, ma io sono qui per cambiare e non per potare i rami di una pianta morta.

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