La democrazia si realizza nella
partecipazione consapevole ed informata dei cittadini alla formazione
della volontà generale e alla determinazione del bene comune.
Partecipazione che non significa semplicemente prendere parte, ogni
cinque anni, al rito elettorale ma che presuppone una costante
attenzione alle questioni che riguardano la collettività, ai
processi attraverso cui si formano le decisioni, alle degenerazioni
inevitabili ma da combattere e contrastare che colpiscono gli organi
rappresentativi e gli esseri umani che li compongono, alla necessità
di poter influenzare il dibattito pubblico e le conseguenti
deliberazioni delle istituzioni parlamentari e di governo dando vita
a gruppi di pressione e a movimenti di opinione ed attraverso i corpi
intermedi di cui i cittadini fanno parte: sindacati, organizzazioni
politiche, associazioni, comitati locali, gruppi espressione di
categorie professionali e di specifiche realtà territoriali. La
partecipazione democratica dei cittadini dunque presuppone
un'informazione libera e pluralista, la possibilità attraverso il
libero confronto di avvicinare quella Verità che è il fondamento
della democrazia. Richiede che le varie opzioni politiche in campo si
svestano per quanto possibile di tutti gli orpelli propagandistici,
menzogneri, ipocriti per disvelare gli interessi specifici di cui
sono espressione.
Da questo punto di vista, pur con tutte
le critiche che ad esso si possono rivolgere e con tutte le
perplessità ideologiche e programmatiche che esso può suscitare, si
deve riconoscere che il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo nel
momento in cui promuove la partecipazione attiva dei cittadini alla
gestione della cosa pubblica ed il stringente controllo sulle
decisioni collettive si muove nel solco della democrazia più
autentica.
In Italia uno dei macigni che invece impedisce
il libero dispiegarsi del gioco democratico è rappresentato dal
Partito Democratico.
In un contesto che ha visto nel mondo
occidentale negli ultimi decenni la resa al potere economico e
finanziario della Politica, in quanto espressione della volontà
popolare, ivi compresa la Sinistra, il Partito Democratico costituisce
l'epilogo inglorioso dell'involuzione che ha subito dal 1992 ad oggi
il Partito Comunista.
Se la sinistra incarna un progetto di
trasformazione della società per realizzare giustizia, eguaglianza,
libertà il Partito Democratico al contrario rappresenta oggi il
partito della salvaguardia dello status quo capitalista anzi del
financapitalismo, al più con qualche intervento di manutenzione e
razionalizzazione. Una variante del partito liberale come Luciano Gallino definisce
l'attuale coalizione di centrosinistra.
Ciò che Bersani si limita a chiedere è
un po' più di equità, un po' più di risorse per gli esodati, un
po' più di lavoro. Richiamando le celebri e geniali vignette di
Altan, quelle dell'operaio e dell'ombrello, il PD fa e si propone di
fare le stesse politiche dei neoliberisti ma usando un po' di
vaselina.
Eppure un'aliquota non irrilevante di
elettori di sinistra continua a riconoscersi nel Partito Democratico
e a stracciarsi le vesti per l'ipotesi che Renzi vinca le primarie.
Facendo finta che Monti non sia
destinato a succedere a sé stesso e che la sua agenda non continui a
rappresentare il programma di governo anche del centrosinistra non so
quanti danni ulteriori Renzi potrebbe realizzare a danno dei ceti
popolari rispetto a quanto farebbero Bersani o Vendola. Di certo se
c'è la possibilità di contenerli e contrastarli questo non
dipenderà dalle poltrone occupate da personaggi nominalmente di
sinistra ma dall'opposizione sociale che i ceti popolari saranno in
grado di realizzare.
Questo ci insegna la storia. Da un lato
quella dei governi dell'Ulivo e dell'Unione, quelli che aprirono la
strada agli interventi militari all'estero e al precariato, pur in
presenza di ministri comunisti. Dall'altro quella del PCI che
condizionava le scelte della maggioranza e imponeva politiche di
progresso sociale, grazie alla coerenza con cui impiegava il consenso
politico di cui godeva, stando all'opposizione o, solo per citare un
evento più recente, la manifestazione al Circo Massimo della CGIL di
Cofferati che sventò l'attentato all'articolo 18 del governo
Berlusconi e del Ministro del Lavoro Maroni.
La vittoria di Renzi, che certamente è
antropologicamente e ideologicamente quanto di più distante dalla
sinistra, avrebbe l'effetto positivo di mettere una volta per tutte
fine all'inganno del PD e del centrosinistra. Verrebbero recisi –
anche per chi ancora si ostina a non voler vedere la realtà - quei
legami ormai solo propagandistici che uniscono il partito democratico
alla tradizione della sinistra socialista e comunista.
D'altro canto, qualunque sia l'esito
delle primarie e la lotta, con Vendola semplice comparsa, riguarda
ormai solo Bersani e il sindaco di Firenze, Renzi ha già posto
un'ipoteca sul Partito Democratico: sia in termini politici che in
termini di futura leadership stante la giovane età rispetto ai
dinosauri della nomenclatura bersaniana e dalemiana (anche se in una politica che vive alla giornata è estremamente difficile, soprattuto per quanto riguarda le carriere personali, fare
previsioni a lungo termine).
Ed è per questo che è ferocemente contrastata dalla vecchia dirigenza del Partito che vedrebbe con essa andare in frantumi tutto quel progetto di alleanze e di assegnazioni di poltrone di potere per il quale sta lavorando da anni.
Meglio dunque scoprire subito che il Re
è nudo e squarciare il velo di menzogna e di ipocrisia che copre
questa falsa sinistra. Per obbligare tutti i soggetti interessati, senza alibi e scuse, a dare inizio finalmente alla
riorganizzazione di una vera sinistra. Quanti elettori che votano il
PD convinti di votare a sinistra sarebbero costretti almeno a porsi
qualche domanda? Potrebbe Vendola continuare a far parte di questa
alleanza? Potrebbero Landini e la Fiom continuare a restare paralizzati dai veti
piddini della pavida Camusso?
Si può ben affermare dunque, come
fanno d'altro canto anche gli autorevoli Paolo
Flores D'Arcais e Matteo
Pucciarelli su Micromega, che il tanto peggio della vittoria di
Renzi sarebbe il tanto meglio per la sinistra e per ciò che essa
dovrebbe rappresentare per l'Italia.
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