"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

giovedì 21 maggio 2009

L'ordinamento feudale

Convenzionalmente, molti storici assumono la data del 476 d.c. come data della caduta dell'impero romano d'occidente.
Seguirono anni difficili, ma non meno di quelli che li precedettero e che segnarono la fine di una civiltà.
Nella storia, il tramonto e l'alba, silenti, si passano il testimone e fanno squadra.
E quello spicchio di umanità che vede spegnersi un giorno e sorgerne un altro, è troppo indaffarato dai suoi umani tormenti e troppo tentato dalla sua vanità, per fermarsi a capire cosa stia finendo e cosa stia iniziando.
476 d.c., la campagna ebbe il sopravvento sulla città.
Il sovrano regnava per grazia e volontà di Dio. Oggi diremmo, era unto dal Signore.
Ma né ora, né allora era così.
Il sovrano, in realtà, per esercitare il potere, non poteva prescindere dalla compiacenza e dalla collaborazione dei 'signori feudali'.
Quei signori erano legati a lui da rapporti personali e quei rapporti implicavano la cessione 'in uso' di parti di territorio.
I signori, vassalli del re, a loro volta, come cerchi concentrici, governavano un regno e nel loro regno erano sovrani e non vi era alcun altro potere sovrano, neppure quello del re. Non a caso i feudi divennero ereditari.
Il re, dunque, esercitava un pieno e diretto potere solo sui territori che gli appartenevano direttamente, ma lasciava libertà d'azione ai feudatari, nelle loro terre.
Non poteva fare diversamente, era un sistema.
Per questo, storicamente, con riferimento a quell'epoca, si parla di ordinamento feudale e non di Stato feudale.
Il concetto di Stato presupponeva e presuppone quello di bene pubblico e, dunque, di interesse della collettività.
La storia, invece, ci mostra che, all'epoca, il potere 'pubblico' era nelle mani di soggetti privati che lo esercitavano per loro fini particolari..
Nella storia, il tramonto e l'alba si passano il testimone e, spesso, fanno squadra.
E quello spicchio di umanità che vede spegnersi un giorno e sorgerne un altro, è troppo indaffarato dai suoi umani tormenti e troppo tentato dalla sua vanità, per fermarsi a capire cosa stia finendo e cosa stia iniziando.

Proprio ieri, un mio amico di Palermo, forte della nobile tradizione culturale che viene dal lontano Federico II, mi ricordava le parole di Jim Morrison:
'Non esiste notte tanto lunga che impedisca al sole di risorgere'
Se oggi Morrison fosse qui, forse, direbbe 'non c'è sole che non tramonti'.

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