no al maestro unico
I provvedimenti strategici adottati negli ultimi 15 anni dal ministero dell’Istruzione non sembrano avere il consenso degli insegnanti: da un’inchiesta realizzata dalla Casa editrice «La Tecnica della Scuola» risulta che la grande maggioranza dei docenti della scuola primaria contesta il ritorno del maestro unico, l’80% ritiene un errore il ritorno al maestro unico, mentre alle superiori c’è rammarico per il mancato avvio delle riforme annunciate da troppo anni e mai attuate.
In base a quanto emerso dall’indagine - svolta su 80 scuole di tutti i gradi distribuite in città capoluogo di regione o provincia autonoma che gestiscono più di 200 sedi scolastiche, frequentate da circa 63mila alunni, con oltre 7 mila docenti e 2 mila Ata - tra i docenti italiani vi sarebbe un’insoddisfazione di fondo i troppi “nodi” scolatici ancora irrisolti.
«La scuola - spiega Calogero Virzì, curatore dell’inchiesta - vive un grande disagio sia per le cose fatte, sia per le riforme mancate. Non c’è sintonia né sui provvedimenti ministeriali già adottati, né sui mancati interventi di riforma». È il caso, quest’ultimo, degli istituti superiori dove l’ennesimo tentativo di riforma è slittato ancora una volta al 2010: e per il “ramo” professionale, che attende gli esiti della riforma del titolo V della Costituzione, i tempi potrebbero allungarsi ulteriormente.
«Il risultato è che ad oggi gli istituti di scuola superiore - dice il redattore della casa editrice catanese - non sono stati riformati, mentre il nostro campione si è espresso a stragrande maggioranza per il cambiamento: l’86% vuole che venga riformata l’istruzione professionale, il 63% riformerebbe anche i tecnici e il 55% si aspetta un cambiamento anche dei licei».
Discorso analogo per la scuola materna ed elementare, dove le riforme entreranno in vigore dal prossimo settembre suscitando però non poche lamentele: «il nostro campione - continua Virzì - ha espresso un radicale dissenso sul merito dei provvedimenti adottati: l’80% è contrario all’abolizione del modulo e della compresenza e il 66% si è detto in disaccordo con l’anticipo nell’infanzia».
In base a quanto emerso dall’indagine la maggior parte dei docenti si ritengono anche in disaccordo con un’eventuale passaggio dallo Stato alle regioni per la gestione dei dipendenti del comparto istruzione.
Il 68% del campione è favorevole che l’autonomia scolastica prosegua all’interno del sistema di autonomie territoriali, ma una maggioranza identica (69%) vuole che la gestione di tutto il personale resti in mano allo Stato e non sia trasferita alle regioni. «Il concetto che emerge - commenta il curatore dell’indagine Calogero Virzì - è chiaro: Federalismo sì, ma con una gestione nazionale del personale».
Secondo i realizzatori dell’indagine il campione statistico viene ritenuto rappresentativo sul piano nazionale, su quello della distribuzione territoriale e su quello degli indirizzi scolastici: «le risposte sono state fornite dai dirigenti o da loro collaboratori - spiega Virzì - pertanto la valutazione fornita non ha impegnato gli istituti coinvolti, ma le singole persone che hanno fornito le risposte e la loro capacità di interpretare il dibattito i diversi umori, la ricchezza dei punti di vista presenti nel proprio istituto».
I dati dell’inchiesta saranno discussi nel corso del convegno nazionale «La Scuola al crocevia della riforme» che si terrà a Catania, presso il centro fieristico Le Ciminiere giovedì 8 maggio, alla presenza di tutti i segretari sindacali di comparto, di diversi pedagogisti, del presidente della commissione Cultura alla Camera, Valentina Aprea, e di diversi rappresentanti del Miur.
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