In tanti si sono espressi sulla trasmissione 'Vieni via con me' e sulle performance televisive di Roberto Saviano (in calce al post ho riportato i link dei commenti che mi sono sembrati più interessanti e tra i quali trovo quello di un maestro della televisione come Freccero assolutamente esaustivo).
Non ci sono dubbi, Saviano ha diviso non solo, cosa scontata, i berluscones dai democratici. ma, cosa più interessante, anche quelli come noi che si sentono parte dello schieramento democratico, progressista, legalitario. Mostra ancora una volta le tante anime che lo compongono. Cosa che è da un lato all'origine delle tante divisioni di quest'area ma dall'altro espressione di ricchezza di visioni e di idee, di pluralismo culturale, di onestà intellettuale e capacità critica.
C'è dunque chi rimprovera a Saviano, nel programma 'Vieni via con me', la genericità delle sue denunce, il non fare nomi che non siano quelli già noti e che si possono fare in televisione, di sfiorare appena – ad esempio quando parla dei rifiuti – le responsabilità dei politici (anche di sinistra …) e degli imprenditori. E all'intera trasmissione di Fazio (ma a tutto il suo modo di fare televisione …) di aver realizzato un compitino senza sbavature (definito di volta in volta presepe, recita, cerimonia, messa, album delle figurine) con il quale ha messo in scena le icone della sinistra per rappresentare un ecumenico ed edulcorato mondo ideale, dove non trovano posto attacchi laceranti e conflitti, del progressismo che tende la mano ai moderati e sta bene attento a non spaventarli (quasi un appello, secondo alcuni, ad un governo di unità nazionale o, per i più maligni, la rappresentazione di una sinistra che vuole i voti dei progressisti denunciando le storture di questa società ma non vuole combattere chi in questa società detiene il potere e ne determina le condizioni).
E chi invece evidenzia la capacità - nella televisione di Vespa, di Minzolini, del Grande Fratello, dei quiz à gogo, delle sguaiate gazzarre di La Russa o della Santanché – di raggiungere un grande pubblico in prima serata per proporre temi che altrimenti, nella narrazione di questo paese, sono ignorati o misconosciuti: la criminalità organizzata, i rifiuti, il lavoro, la dignità delle donne, i migranti, il diritto di ciascun essere umano a decidere sulla fine della propria vita.
E' più grande la delusione nel vedere ridotti anche questi argomenti a degli stereotipi accettabili e sbrigativi oppure si deve maggiormente evidenziare il merito di un racconto dell'Italia diverso da quello berlusconiano e di averlo fatto con la seduttività necessaria per raggiungere uno straordinario successo di audience?
Tutto questo si intreccia, almeno in parte, con le divisioni politiche tra l'area PD che coltiva il progetto di un governo con UDC e FLI (e non a caso Fazio, Dandini, Floris, Gabanelli, i direttori del TG3 – non Michele Santoro, non Marco Travaglio – sono tutti personaggi in quota PD) e le componenti più radicali dell'opposizione ma anche con la discussione, marginale ma che merita sicuramente attenzione, di cosa sia realmente anti-sistema.
Se cioè si possa essere credibili nella critica a questa società quando si ricevono compensi milionari lavorando per l'establishment politico ed economico (la Rai dei partiti; la Mondadori, editrice di Saviano, e la Endemol - produttrice sia dei programmi di Fazio,'Vieni via con me' e 'Che tempo che fa', che del Grande Fratello – facenti capo a Berlusconi; De Benedetti; la Telecom) ed anzi contribuendo ai loro profitti.
E' in qualche modo un conflitto, fare opposizione utilizzando i mezzi messi a disposizione dal 'nemico', che vale anche per i tanti cittadini che utilizzano le piattaforme dell'industria mediatica capitalistica (facebook, google, i blog) per fare controinformazione e militanza attiva sul web.
E dunque l'accusa che alcuni, ispirati evidentemente anche da astio personale e invidia, fanno agli anti-sistema di essere in realtà funzionali al sistema.
Nella logica che c'è sempre qualcuno più radicale e puro di te. Nella convinzione che vi siano i promotori di una fabbrica del dissenso interessati solo al profitto e alla visibilità personale, un anti-sistema inoffensivo o utile al mantenimento dello status quo, addirittura finanziato ed agevolato dai poteri dominanti perché in grado di fornire una illusoria valvola di sfogo capace di attenuare le tensioni sociali, di 'dimostrare' che esiste una democrazia ed una opposizione.
Anche per queste posizioni ho riportato in calce i link dei contributi di alcuni 'classici' sostenitori di questa visione (Paolo Barnard, De Benoist, siti come donchisciotte.com o megachipdue.info).
Argomentazioni che hanno un loro fondamento e che pure aprono ulteriori questioni (tanto più nel quadro confuso e frammentario derivato dall'americanizzazione della politica italiana e nell'epoca dei partiti personali e del maggioritario dove spostare anche solo l'uno o il due per cento dei voti può alla fine risultare decisivo): perché dovremmo credere a certi personaggi anti-sistema piuttosto che ad altri, come definire i criteri per attribuire la patente di 'vero' oppositore, il sospetto che la critica distruttrice dell'opposizione alla fine serva (volontariamente o meno) a rafforzare il potere dominante e ad allontanare l'eventualità di un'alternativa realistica.
Per chi vede nella politica l'arte del possibile e considera la democrazia, la verità, la giustizia come valori che devono orientare la nostra azione ma irraggiungibili e indefinibili in una pretesa e totalizzante autentica essenza, forse la risposta a tutti questi interrogativi è nel rifiutare miti ed oracoli, sta nel non accodarsi ciecamente a mode e uomini di successo, a non iscriversi – almeno in politica – ai club di fan e tifosi e a non aspettarsi che siano Fazio e Saviano, Travaglio o Santoro, Grillo o Sabina Guzzanti a guidare la rivoluzione dalle tv o dal web e a darci tutte le risposte di cui abbiamo bisogno.
Ed invece valutarli laicamente e razionalmente (alla luce anche di quelle che Chomsky indica come le strategie di manipolazione mediatica), nella consapevolezza dei limiti e delle contraddizioni di ciascun essere umano, per l'utilità (e qui il giudizio non può che essere positivo per tutti i personaggi citati) che essi possono avere per evidenziare problemi, per fornire strumenti di conoscenza, per stimolare la coscienza critica di ciascuno.
Allora a Saviano, costretto a vivere sotto protezione per le cose che ha scritto contro la camorra, si potrà riconoscere il ruolo che gli è proprio: non del tuttologo infallibile ma quello di un onesto ed efficace testimone che dà il proprio coraggioso contributo, parziale ma indispensabile, per comprendere la realtà del nostro Paese.
Le valutazioni su 'Vieni via con me'
Su sistema e anti-sistema
Nessun commento:
Posta un commento