"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

martedì 26 luglio 2011

La strage e gli attentati in Norvegia: perché?


Di fronte ad eventi come quelli norvegesi, la strage di oltre novanta innocenti, ragazzi inseguiti e uccisi con ferocia da uno o forse più folli killer nazisti, oltre a provare orrore e dolore indicibili sentiamo il bisogno di capire ad ogni costo il perché.
La vita di un essere umano ha sempre lo stesso valore ad ogni latitudine. Si tratti dell'ultimo povero della terra o dei cittadini di uno dei Paesi più civili e socialmente avanzati al mondo come quella norvegese, ma essendo portati a ragionare e giudicare attraverso consolidate categorie sociologiche e storiche (a cui si aggiunge, come scrive Il Manifesto, la scarsa conoscenza comune a tanti di noi della effettiva realtà della maggioranza degli Stati del nostro continente e della sempre mitizzata società del nord Europa) è inevitabile restare interdetti e basiti per un fatto che, con quelle dimensioni e quelle modalità di esecuzione, nessuno poteva immaginarsi potesse accadere proprio lì.
Bene dunque non fermarsi alle interpretazioni e alle ricostruzioni che ci offrono i principali organi di informazione. Bene che vi sia qualcuno che apra squarci di conoscenza parlandoci del ruolo politico della Norvegia e delle sue posizioni nell'ambito della NATO, del suo petrolio e del suo gas naturale e degli accordi in questo settore conclusi con la Russia, delle mire internazionali per lo sfruttamento dell'Artide, dell'influenza sull'opinione pubblica mondiale che deriva dall'assegnazione dei premi Nobel, del progetto di riconoscimento dello Stato Palestinese. Sappiamo bene, guardando ad esempio alla storia del terrorismo e delle stragi in Italia, dei misfatti che possono compiere (in termini di regia occulta e depistaggio) società segrete e servizi di intelligence interni ed esteri. Certo tutto è possibile, anche che esista chi sia in grado di utilizzare ed orientare la follia omicida di singoli individui e di cellule politiche criminali.
Ma onestamente appare del tutto fuori luogo o quantomeno prematuro che vi sia chi, come qui e qui, voglia insinuare il dubbio del complotto (anzi darlo per certo) ordito dall'estero (USA e Israele immancabilmente) solo fondandoli su 'ragionamenti' politici e non sulla base di sostanziali indizi ed elementi di fatto. Questo non è giornalismo e così facendo non si rende un servizio alla verità ma ci si dimostra schiavi dei propri pregiudizi ideologici e delle proprie immutabili certezze (o, peggio, si fa nascere il sospetto che si dipenda da qualcosa o qualcuno). 

Davvero le esercitazioni anti-terrorismo, che anche in questo caso si asserisce siano state svolte qualche giorno prima degli attentati, vanno considerate la 'cartina di tornasole' di eventi progettati a tavolino? Si vuole affermare   cioè che la polizia norvegese sarebbe dietro la strage?
Si può pensare che sia possibile ordire complotti di tal genere senza lasciare tracce, senza che il controspionaggio delle potenze contro le quali si rivolgono questi atti (in questo caso la 'vittima' sarebbe la Russia) sia in grado di prendere contromisure o smascherare i colpevoli di fronte all'opinione pubblica mondiale? Non sarebbe allora meglio tacere in attesa di dati reali e concreti?
Se persino in Italia coraggiosi magistrati ed organi inquirenti, rompendo il muro dell'omertà, hanno potuto almeno parzialmente svelare trame e menzogne sottostanti alla strage di Ustica, al rapimento Moro, alla trattativa tra Stato e mafia che ha condotto all'assassinio di Paolo Borsellino, al ruolo inquietante svolto da servizi segreti, P2, Gladio negli anni del terrorismo non è inevitabile che ciò accadrebbe anche in Norvegia?
Se è indiscutibile il fatto che il Potere non esita ad utilizzare per mantenere ed estendere il proprio dominio guerra e violenza, non dovremmo forse ammettere il peso che nella Storia svolgono anche il destino, il caso, le coincidenze?
E non dobbiamo fare i conti con quell'impulso di odio, di violenza e di morte che alberga, insieme all'istinto alla socialità e all'empatia, nell'animo di ciascuno di noi? Un impulso che normalmente gli individui riescono a controllare ed a confinare in un angolino della propria mente ma che talvolta sopraffà l'essere umano fornendogli la folle illusione che infliggendo violenza e morte possa vincere il proprio ineluttabile destino di morte.
Senza tener conto di questa componente della natura umana non credo che potremmo comprendere la grande tragedia di un'umanità che nella sua storia non ha mai conosciuto un giorno di pace ed i casi più eclatanti di ferocia individuale e collettiva che abbiamo conosciuto nel corso dei millenni.
Ma non potremmo nemmeno comprendere l'assassinio di un figlio, per un'eredità, per un parcheggio, per uno sguardo in discoteca, per una lite condominiale, per una squadra di calcio.
Assassini per i quali, appunto come scrive Ilvo Diamanti a proposito della Norvegia, non si riesce mai a trovare una giustificazione razionale e logica (e proprio per questo ci sconvolgono e ci lasciano interdetti) e per i quali non è di alcun aiuto identificare la fede religiosa, politica, ideologica, la condizione sociale di chi li commette.
Ecco allora che la terribile strage di giovani in Norvegia appare materia, allo stato attuale dei fatti, essenzialmente per psichiatri piuttosto che per politologi.

Nessun commento:

Posta un commento