Autorevoli analisti e studiosi ci hanno spiegato che non è facile dar vita ad un regime illiberale e antidemocratico.
Ci sono alcune premesse indispensabili che vanno coltivate con cura e costruite con pazienza.
Due in particolare.
1) Contrastare fino ad impedire l’esistenza stessa di un popolo sovrano.
La sovranità è potere di scelta e per scegliere bisogna conoscere.
Fondamentale è dunque, innanzitutto, colpire al cuore il sistema di istruzione.
Fare in modo che i bambini, gli adulti di domani, siano da subito avviati in un fittizio e solo formale percorso scolastico, studiato ad arte per generare una società che sia un deserto culturale.
Impedire che le persone imparino, che maturino capacità di analisi e di sintesi, che sviluppino la loro personalità. Fino a disporre di una massa di gente ignara e acritica, facilmente manovrabile e indirizzabile.
2) Acquisire un saldo controllo dei mezzi di comunicazione di massa e quindi dell’informazione.
Anch’essa è conoscenza e fonte di stimoli intellettuali, nonché condizione necessaria per l’esercizio del potere di scelta.
Ma controllare i media non significa solo impedire che la gente sappia e capisca, significa anche disporre del potere di plasmare le menti inermi di un’intera società, condannata così ad un’eterna e patetica infanzia.
Una volta realizzate queste due condizioni, è scongiurato ogni ‘pericolo’ democratico e il regime, qualunque regime, ha gioco facile.
Isolate, ma autorevoli voci contemporanee ci hanno spiegato che, in Italia, dopo innumerevoli tentativi di ‘colpi di Stato democratici’ (da Piersanti Mattarella a Paolo Borsellino, tutti repressi nel sangue) è accaduto esattamente questo.
Le due premesse, sinteticamente enunciate in apertura, sono oggi drammatiche, amare e incontrovertibili realtà.
I pochi fortunati che, senza attingere la statura di Mattarella o Borsellino, sono comunque riusciti a sfuggire alla prigione della strumentale ignoranza, scientificamente e cinicamente coltivata dall’alto, sono oggi soli e isolati nella resistenza.
La nuova dittatura italiana è anche più forte e più subdola dell’ultima che l’ha preceduta (il ventennio fascista).
L’evoluzione tecnologica le ha fornito mezzi molto più sofisticati ed efficaci e la natura oligarchica del nuovo regime, alimentata e sostenuta da una diffusa ed ormai incontrollata corruzione, si presta beffardamente e quasi involontariamente all’ingannevole simulazione di una dialettica ‘politica’, in realtà priva di qualunque progettualità e autentico contenuto, ed animata solo da malcelate ed oscure lotte intestine di potere tra oligarchi.
Ingannevole al punto che una colonna del Comitato d’affari può spacciarsi, agli occhi di una ormai disarmata opinione pubblica, come paladina di quella libertà d’informazione che essa stessa, per prima, ha prudentemente inghiottito.
Osservo in questi giorni che moltissimi italiani si stanno mobilitando per scendere in piazza.
Sembrerebbe prospettarsi un autunno bollente.
In rete, si parla di ‘autunno rosso’ e addirittura rosso fuoco.
Devo allora concludere che, nonostante tutto, in Italia, c’è ancora un popolo sovrano?
No, secondo me, sarebbe una conclusione affrettata.
Forse, val la pena considerare un altro fattore.
Alludo alla sfortunata contingenza che ha turbato la tranquilla e provinciale dittatura italiana.
La recessione economica.
Gli italiani, ormai da anni, subiscono, tra l’ignaro e il distratto, la consueta spartizione di soldi e potere tra i padroni, cui hanno anche finito, loro malgrado e senza rendersene conto, con l’affezionarsi.
Ma la recessione ha segnato un’improvvisa e traumatica battuta di arresto.
Se fino a ieri gli italiani, privati di diritti, libertà e dignità, potevano mangiare tutti i giorni (almeno la maggior parte di loro) ed ingenuamente sognare di poter diventare anche loro, un giorno, ladri di prestigio o (i più puri) di vincere al superenalotto, ora, spartita la torta tra i padroni, per i sudditi non sono rimaste neanche le briciole.
La fame è una brutta bestia.
Ed è per questo, secondo me, che gli italiani stanno scendendo in piazza: per fame.
Non vogliono cambiare nulla, al contrario, vogliono solo riavere le briciole cui sono abituati.
Non rivendicano la sovranità rubata, né diritti, né libertà.
Non chiedono uno Stato di diritto.
Non pretendono democrazia, non sanno neppure cosa sia la democrazia.
Con buona pace dei nostri partigiani, morti per la 'nostra' libertà.
Oggi, scendono in piazza, disordinati, gli stessi soldatini di piombo che, obbedienti, da anni, si presentano alle urne nell’ormai consueto rituale del voto di scambio e del televoto.
Affamare il popolo, anche il più addomesticato, non è mai una buona idea.
E certamente vederlo scendere in piazza un pò inquieta.
Frangenti come questo permettono di misurare la statura e la professionalità di un regime.
Staremo a vedere se questa generazione di oligarchi, che da ultima ha preso in ostaggio questo sfortunato Paese, riuscirà a sedare le masse e a preservare l’ormai antica, e fino ad ora consolidata, tradizione italiana del potere fine a se stesso.
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