"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)
mercoledì 26 maggio 2010
Berlusconi, Tremonti e la politica economica del 'ndo cojo cojo
In attesa che qualcuno ci spieghi in modo convincente cause e responsabilità di questa crisi economico finanziaria che stringe in una morsa soffocante il mondo occidentale e l'Italia e come sia possibile che interi Stati e popoli siano ormai ostaggio delle scelte e degli interessi di speculatori, giochi d'azzardo delle borse, flussi incontrollati di capitali spesso di dubbia provenienza, la casta politica italiana affronta, come sempre, il problema del debito pubblico nel peggior modo possibile.
Sulla scena, grande finanza internazionale, informazione, ceti politici e sindacali che recitano, seguendo un unico copione, le rispettive parti in commedia di un'ingannevole sceneggiata.
I primi creano, per dolo o colpa, le condizioni della crisi, la seconda la racconta senza mai mettere in discussione le logiche del capitalismo, il suo evidente fallimento nel perseguire il bene comune e legittimano preventivamente i provvedimenti impopolari, i terzi eseguono gli ordini superiori, con risibili distinguo tra destra e sinistra, per offrire su di un piatto d'argento ai colpevoli dello sfascio la predestinata vittima sacrificale: lo stato sociale o meglio quel poco che ancora resta del dovere collettivo di garantire a tutti condizioni minime di esistenza.
Nella realtà italiana tali provvedimenti assumono, di fronte ad intollerabili livelli di corruzione pubblica, di sprechi da parte della pubblica amministrazione e della classe politica, di evasione fiscale, un carattere ancora più odioso.
Le ragioni dell'equità e del mantenimento della coesione sociale suggerirebbero di rivolgersi, per la sopravvivenza finanziaria del Paese, anzitutto verso coloro che per condizione economica e per il ruolo parassitario svolto meriterebbero di pagare la quota maggiore del prezzo della crisi e non di colpire chi è già stremato da disoccupazione, cassa integrazione, degrado dei servizi sociali, costo insostenibile dei beni primari.
Ma invece di predisporre provvedimenti realmente in grado di ridurre le corruzione pubblica, i costi esorbitanti della politica e di combattere l'evasione fiscale, eliminare le inefficienze della spesa pubblica, mettere in discussione le regalie al Vaticano, attraverso l'otto per mille e le esenzioni fiscali, ripristinare l'ICI per gli immobili di lusso e la tassa di successione per le grandi fortune, approvare un'imposizione fiscale per le transazioni finanziarie di carattere speculativo ed i grandi patrimoni, implementare l'aliquota fiscale applicata a coloro che hanno usufruito del condono fiscale per far rientrare i capitali illecitamente portati all'estero, colpire i consumi di lusso antisociali (in primis la follia degli enormi fuoristrada che si muovono nelle strade cittadine), ridurre le spese militari (per acquisto di armi e per le missioni di guerra all'estero), rinunciare ai progetti di devastanti ed inutili grandi opere, il governo Berlusconi programma risparmi di spesa – alla 'ndo cojo cojo - penalizzando soprattutto le categorie più deboli, gli invalidi e i soggetti non autosufficienti, i lavoratori, i servizi sociali.
E mentre il Presidente Napolitano sostenendo, con i suoi ridicoli appelli alla concordia delle forze politiche, un regime ormai alla canna del gas, dimostra sempre più di essere il più alto e degno rappresentante delle parassitarie oligarchie al potere e non certo la guida morale del popolo italiano, incombe sullo sfondo la 'legge bavaglio', il progetto – ormai quasi giunto a compimento – di togliere alla magistratura la più efficace arma, le intercettazioni, per combattere il malaffare e la corruzione e di proibire alla stampa ed ai blog di informare i cittadini su indagini e processi.
Di fronte a tutto questo qual'è e cosa propone l'opposizione? Bersani, Padoa Schioppa e Prodi avrebbero fatto e farebbero oggi qualcosa di realmente diverso?
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