"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)
domenica 9 maggio 2010
No al nucleare! Il futuro è nelle rinnovabili.
Nel dicembre 2010 in tv è stato trasmesso lo spot sul nucleare, promosso dal Forum Nucleare Italiano, della partita a scacchi (truccata). L’idea di mandare in onda degli spot televisivi di “informazione” fu esternata proprio da Berlusconi. Informazione tra virgolette perché si trattava della diffusione del pensiero unico, come da propaganda di regime, una sola campana da far ascoltare in tv. Di quello spot ne è stata vietata la diffusione perché ingannevole come stabilito dall’Istituto per l’autodisciplina della pubblicità.
Il messaggio che si voleva far passare era: il nucleare è sicuro, conveniente e l’Italia non ne può fare a meno. Tutto ciò è falso!
Innanzitutto non esiste un nucleare sicuro e pulito, nemmeno le centrali di quarta generazione lo sono.
Le centrali di terza generazione, secondo il programma sospeso del governo Berlusconi, dovrebbero durare più di quelle di seconda generazione, senza aver risolto il problema delle scorie né della sicurezza intrinseca - spegnimento automatico se c'è un incidente grave.
La tecnologia di terza generazione dovrebbe fare da ponte verso una quarta generazione che si promette sarà con poche scorie e meno pericolosa. Ma i reattori di quarta generazione non esistono! Sono previsti dopo il 2030.
Comunemente si afferma che non possiamo fare a meno del nucleare, tuttavia, secondo una notizia di qualche mese fa e riportata da numerose testate, nel nostro pianeta l’energia prodotta con le tecnologie eoliche ha superato quella prodotta con il nucleare. Come si può notare le cose possono cambiare, in qualche caso stanno cambiando.
Dunque, sono molte le verità scientifiche che vengono deliberatamente nascoste. Per esempio non è vero che l’Italia ha bisogno dell’energia nucleare, non è vero che il nucleare di nuova generazione è sicuro e non inquina, non è vero che il nucleare è conveniente economicamente, non è vero che il nucleare può risolvere il problema dell’emissione di CO2.
Invece è dimostrato che le nuove centrali sono comunque pericolose, in caso di incidente recano gravi danni all’ambiente e alla salute degli essere viventi, è vero che le centrali costano molto, è vero che l’unico modo per rispettare il cosiddetto “accordo 20-20-20” è l’impiego delle fonti di energia rinnovabili.
Entro il 2020 tutti i paesi europei si sono impegnati nel cosiddetto accordo 20 - 20 – 20, pattuito nel 2007 in sede di Consiglio Europeo, che consiste nel ridurre del 20% le emissioni di CO2 del 1990, aumentare al 20% il contributo delle rinnovabili al fabbisogno energetico, ridurre del 20% i consumi energetici.
Le recenti decisioni di costruire centrali nucleari in Italia, sembrano essere dettate da scelte economiche sbagliate, più che da reali esigenze di risparmio, facendoci allontanare dai traguardi fissati dall'accordo 20-20-20.
La scelta del ritorno al nucleare è anche incostituzionale, in quanto non tiene conto delle contrarietà al nucleare votata dai cittadini, espressione della sovranità popolare, nel referendum del 1987.
Di seguito riporto un lavoro di ricerca personale suddiviso nei paragrafi evidenziati dal titolo in grassetto.
Altre falsità dette per far credere che l’utilizzo del nucleare porti benefici.
C’è chi sostiene che, “dopo le notevoli speranze destate in passato, le fonti di energia rinnovabile hanno mostrato in realtà, soprattutto la fonte solare, limiti abbastanza evidenti a causa dei grandi spazi necessari per la captazione, della pendolarità diurna-notturna e stagionale, e delle condizioni ambientali e meteorologiche (caratteristiche climatiche del territorio, tempo nuvoloso o sereno, intensità del vento, ecc.). Pertanto tali fonti possono dare contributi di carattere essenzialmente integrativo, ed in particolare nelle nazioni o territori con condizioni favorevoli alla loro utilizzazione. Non sembra comunque prevedibile, almeno per il prossimo futuro, che esse siano in grado di fornire sostanziali apporti ai crescenti fabbisogni di energia delle nazioni ad elevato sviluppo industriale”.
Invece, gli ultimi studi hanno dimostrato che per la sopravvivenza del nostro pianeta è necessario effettuare tutti gli sforzi possibili nella ricerca di fonti alternative rinnovabili, mentre il nucleare risulta essere una forma di energia costosa che non ci permetterà di ridurre i consumi e costi (vedi paragrafo “Non è vero che non si può fare a meno del nucleare”).
C’è chi sostiene che “una centrale nucleare non emette CO2: le centrali nucleari non producono anidride carbonica ed ossidi di azoto e di zolfo, principali cause del buco nell'ozono e dell'effetto serra”. Ma è falso come più avanti sarà esposto dettagliatamente.
C’è chi sostiene che “una saggia politica energetica, e cioè la massima differenziazione delle fonti e la riduzione della dipendenza dall’estero, molto difficilmente sarà possibile per l’Italia se si insisterà sulla rinuncia al nucleare, che ha consentito invece a numerosi Paesi di ridurre al minimo o addirittura a zero la loro dipendenza”. Anche questo è falso perché l’uranio grezzo è una risorsa scarsa in natura come il petrolio (vedi paragrafo “La tecnologia nucleare è costosa”).
Si dice che “la rinuncia al nucleare da parte di una nazione vale poco, nella remotissima ipotesi di un incidente, quando le nazioni confinanti contano numerosi impianti nucleari”. Falso!
Avere il nucleare vicino casa non è assolutamente lo stesso che a centinaia di chilometri, infatti risulta che la radioattività misurata nei pressi di una centrale nucleare è almeno 4 volte superiore al valore normalmente registrato.
Non è vero che il nucleare non produce emissioni di CO2.
Dicono che il nucleare ci risolverà il problema delle emissioni di CO2, fa niente se ancora non sappiamo dove mettere le scorie e se l’uranio è una risorsa limitata come il petrolio, troveremo una soluzione. Ma si può dimostrare che non è così.
In effetti il funzionamento della centrale in sé non produce emissioni, ma per funzionare la centrale ha bisogno di combustibile nucleare, ed è lì il problema. Le fasi di estrazione, frantumazione, macinazione, fabbricazione del combustibile, arricchimento e gestione delle scorie, necessitano di parecchio combustibile fossile e quindi emettono CO2.
Il tutto dipende dalla concentrazione di ossido di uranio contenuto nel materiale grezzo da lavorare per ottenere il combustibile nucleare da usare in centrale. Il materiale grezzo è di due tipi, ad alta concentrazione di ossido di uranio e a bassa concentrazione. Per ottenere un chilo di prodotto finale (chiamato “yellow-cake”), nel primo caso ci vuole una tonnellata di minerale grezzo, nel secondo caso ce ne vogliono dieci. Ovviamente in natura è più disponibile quello a bassa concentrazione, e quindi la lavorazione è più lunga, e in ultima analisi emette più CO2. Alcuni ricercatori hanno calcolato che “il consumo di energia fossile per questi processi di fabbricazione è così grande che la CO2 emessa è paragonabile a quella emessa da un equivalente ciclo combinato alimentato a gas naturale”.
Il ciclo completo - estrazione ed arricchimento dell’uranio, smaltimento scorie, costruzione e smantellamento centrale - emette gas serra quanto il ciclo a combustibile fossile.
Per avere una riduzione di gas serra bisognerebbe costruire una centrale nucleare ogni 10 giorni - 35 all'anno - per i prossimi 60 anni! Così, con 2.000 nuove centrali nucleari, si fornirebbe il 20% dell'energia totale. C'è qualcuno, sano di mente, che pensa si potrebbe procedere a questo ritmo?
Nessuno dei top manager dell'energia crede che le centrali esaurite nei prossimi anni saranno rimpiazzate per più della metà. Il trend mondiale del nucleare è verso il basso: solo per mantenere il numero e la potenza delle 435 centrali attuali - ne sono già state chiuse 117 - ce ne vorrebbero 70 nuove entro il 2015. Una ogni mese e mezzo! E altre 192 entro il 2025: una ogni 18 giorni! Tutto per continuare a produrre non il 20%, solo il 6,5% dell'energia totale.
2.000 scienziati dell'IPCC - ONU - lo hanno certificato nel 2007: Il nucleare non potrà fermare la febbre del pianeta.
Non è vero che non si può fare a meno del nucleare.
Ad esempio, secondo il Department for Energy and Climate Change dalle 5000 alle 7000 turbine eoliche a largo delle coste UK potrebbero, entro il prossimo decennio, fornire l’energia elettrica necessaria a tutte le famiglie britanniche.
Al 2020 ogni casa britannica potrebbe essere alimentata con l’energia proveniente dall’eolico off-shore. L’incredibile affermazione non è altro che la conclusione di un lungo studio condotto dal Dipartimento dell’Energia e dei Cambiamenti Climatici UK e basata sulle attuali potenzialità di installazione della tecnologia in questione, considerando gli aspetti geologici e legati alla fauna ed avio fauna marina. Secondo il rapporto, infatti, la realizzazione di 5000 – 7000 nuove turbine al largo della costa britannica, entro una decina d’anni, dovrebbe generare 25 GW di potenza, l’equivalente, spiega il Dipartimento, di 25 grandi impianti a carbone. Una quota notevole soprattutto se presi in considerazione anche gli 8 GW già in progettazione o realizzazione per un totale di 33 GW di capacità.
Anche il governo francese ha annunciato il via libera all’istallazione degli impianti off-shore, capaci di produrre oltre 3.000 MWh di energia. Il ministro dell’Ambiente francese Jean-Louis Borloo ha annunciato che a breve verranno istallati nel suo paese dieci nuovi impianti eolici off-shore. Nonostante il forte impegno del governo transalpino sul fronte della produzione di energia nucleare, alcuni passi decisivi sulla strada delle rinnovabili sono stati finalmente compiuti, come, del resto testimonia questo annuncio.
La Francia, infatti, entro i prossimi dieci anni, ha intenzione di produrre 6.000 MWh grazie agli impianti eolici off-shore incrementando la generazione di energia da tutte le fonti rinnovabili visto che, solo nello scorso anno, sul territorio francese sono stati ottenuti circa 4.492 megawatt di potenza grazie agli impianti eolici.
Inoltre, il governo francese ha confermato di voler "dare priorità" al solare. È quanto ha affermato Chantal Jouanno, segretario di Stato all'ecologia, aggiungendo che "l'impegno della ricerca nel campo delle energie rinnovabili è sul punto di eguagliare quello in favore del nucleare". Nei giorni scorsi il segretario ha visitato dei siti ritenuti preziosi per lo sviluppo dell'energia solare come la torre di Odeillo, costruita nel 1960 e la centrale solare Themis de Targassonne nei pressi di Font-Romeu, entrambe vicine al confine spagnolo.
Un ulteriore esempio dello sforzo profuso a favore delle rinnovabili viene dalla Germania, che ha in programma impianti solari che entro i prossimi dieci anni produrranno almeno il 15% del fabbisogno energetico europeo, trasformando il deserto in una ricca e inesauribile fonte energetica senza emissioni di gas serra e senza scorie di produzione da smaltire.
Infatti, è stato siglato a Monaco di Baviera l'accordo che dà ufficialmente il via al progetto 'Desertec' per lo sfruttamento dell'energia solare in Medio Oriente e Nord Africa. L’impianto solare (dal costo stimato di 400 miliardi di euro) che dovrebbe sorgere in una vasta area di deserto marocchino è appoggiato dal governo tedesco e da alcune importanti aziende del paese come la Siemens, la Deutsche Bank e altre.
Secondo gli esperti Desertec potrebbe essere operativo dal 2019. Le stime mostrano anche che entro il 2050 il contributo energetico potrebbe aggirarsi fra il 20 e il 25% del fabbisogno dell’intera Europa. La tecnologia usata da Desertec sarà quella del solare termico: l’acqua riscaldata dai pannelli metterà in moto delle turbine che produrranno a loro volta energia elettrica. Il processo attualmente è più efficiente di quello fotovoltaico – che invece produce energia elettrica direttamente dal pannello. Il progetto prevede anche la costruzione di una rete elettrica che trasporti l’energia dal deserto magrebino fino all’Europa.
L’Europa dipende per il suo fabbisogno energetico per circa il 50% dalle forniture di energia da paesi terzi, con un costo di circa 240 miliardi di euro all’anno. Il risparmio energetico è il primo passo per alleviare in modo rapido ed efficace la dipendenza europea dalle importazioni.
Ad acuire di più la situazione europea c’è il dato allarmante che, se non si agisce subito, nel 2030 il 70% della domanda energetica sarà coperta dall’importazione, facendo aumentare in modo insopportabile la dipendenza dall’estero ed i costi energetici che gravano sul vecchio continente.
Per questo c’è bisogno di intervenire tempestivamente, mettendo in campo una politica energetica a livello europeo che, per poter funzionare, deve agire in modo rapido ed efficace sulla domanda, ovvero cercando di limitare i consumi e di aumentarne l’efficienza.
La tecnologia nucleare è costosa.
Sulla terra sono 440 le centrali nucleari che producono solo il 6% dell’energia totale ed i suoi costi di manutenzione e smaltimento sono altissimi. I recenti casi francesi di incidenti nucleari sono i campanelli di allarme di una tecnologia che può sfuggire di mano.
Con le bollette elettriche, a distanza di 20 anni dalla fine del nucleare in Italia, ancora paghiamo i costi di smantellamento, c’è una voce nel conto, controllate pure. Il nostro governo ci porta sempre come esempio la Francia, ma non la racconta giusta. Il paese d’oltralpe ha 58 centrali nucleari con cui produce il 78% dell’energia elettrica che in totale corrisponde al 16% del fabbisogno energetico totale di quel paese.
Il nucleare è una tecnologia complessa e costosa, ereditata dalla guerra fredda, che risponde molto limitatamente alla fame di energia che è alla base dei forti aumenti del petrolio e del gas. Ci dicono che non è costosa, ma viene occultato che la maggior parte della spesa per il nucleare in Francia non è messa nel bilancio energetico ma in quello militare. I costi di bilancio della politica nucleare francese sono occultati nei costi di bilancio militari! In pratica la Francia ha fatto nei decenni scorsi, e sta facendo, ciò che l’UE ha condannato in Iran.
Il Governo Berlusconi punta sul nucleare per soddisfare gli interessi delle grandi lobby industriali - e dirottare in quella direzione ingenti finanziamenti pubblici - e non certo quelli dei cittadini che avrebbero molto da guadagnare da politiche volte a incentivare il risparmio energetico e la diffusione delle energie rinnovabili: tecnologie moderne e prive di rischi per l’ambiente e per le persone.
I reattori delle centrali nucleari per funzionare hanno bisogno di uranio arricchito, una sostanza estremamente rara il cui prezzo è aumentato ben sette volte negli ultimi anni, le riserve stanno per finire. Per soddisfare la richiesta di energia totale, si dovrebbero costruire in Italia 60 centrali nucleari di quarta generazione le cui opere non potrebbero terminare prima del 2030, e per quella data nessuno sa se ci sarà ancora uranio impoverito ne quanto costerà.
L'Italia non ha uranio, dovrebbe importarlo da Russia, Niger, Namibia, Kazakistan, Australia, Canada. L’uranio grezzo è una risorsa scarsa in natura come il petrolio, ed è molto limitata la percentuale di materiale ad alta concentrazione. Non se ne parla molto, ma per questi motivi anche il prezzo del “yellowcake” (l’uranio lavorato che poi finisce nei reattori) sta aumentando notevolmente. Nel 2000 costava 20 dollari a libbra, nel 2007 ne costa 120.
Secondo l’Agenzia per l'energia Atomica, l'uranio dovrebbe scarseggiare dal 2030, invece già dal 1991 ha raggiunto il picco: se ne consuma più di quanto si estrae. Sono le scorte militari che forniscono metà del combustibile. La produzione di uranio è già insufficiente, perciò il suo prezzo si è moltiplicato per 10: dal 2001 al 2007 è salito da 7 a 75 dollari la libbra.
Le stime Usa per i nuovi impianti danno il nucleare a 6,3 cent/ kWh contro 5,5 del gas e 5,6 del carbone. Per questo negli Usa, nonostante gli enormi incentivi stanziati da Bush - 1,8 cent/kWh, oltre il doppio del differenziale di 0,8 cent -, nessuno ci investe più dal 1976.
La Finlandia sta costruendo una centrale di quarta generazione e, per quanto riguarda l’Europa, c’è solo un altro reattore (di tipo EPR) in costruzione in Francia. L’azienda privata ci sta perchè lo Stato finlandese paga - fa pagare ai contribuenti - lo smaltimento delle scorie e smantellamento finale della centrale, che costa quasi come la costruzione. I responsabili della centrale hanno avvertito che il valore dell’energia che riusciranno a produrre con quella loro centrale non riuscirà a coprire neanche la metà dei costi di fabbricazione e smantellamento dell’impianto. Lo stato garantisce inoltre l'acquisto di tutta l'energia prodotta per 60 anni: un affare senza rischi per il privato! Ma l’entrata in funzione della centrale, ordinata nel 1996, è slittata dal 2009 al 2011: 15 anni. L’autorità di sicurezza nucleare finlandese ha riscontrato 2100 non conformità nel corso della costruzione. Così il suo costo finale, da 2,5 miliardi di euro è aumentato a 4 miliardi: più di 4 volte di una centrale a metano della stessa potenza, 1600 MW.
Per inseguire il miraggio delle centrali nucleari il governo si è dimenticato di rispettare gli impegni presi con l'Europa per il contenimento delle emissioni di gas serra e lo sviluppo delle energie rinnovabili. Le centrali, infatti, se pure si faranno (il pure riguarda il fatto che le centrali tipo EPR attualmente in costruzione stanno subendo gravissimi ritardi per inattese difficoltà realizzative, inerenti anche la sicurezza), se pure si faranno, dunque, non entreranno in funzione prima del 2020, mentre il contenimento delle emissioni deve essere effettuato entro il 2012. Per questa data l'Italia non sarà pronta e non raggiungeremo gli obiettivi europei.
Da qui le sanzioni monetarie, cioè vere e proprie multe. Questo costerà agli italiani la bella cifra di un miliardo di euro l'anno, mentre se avessimo avviato subito il programma per le energie rinnovabili e per il risparmio energetico saremmo rientrati nei vincoli della direttiva 20-20-20 che vuole appunto, entro il 2020, il risparmio del 20% di emissioni e l'aumento del 20% dell'energia elettrica da fonti rinnovabili e quindi avremmo avuto più energia verde e meno multe da pagare. Negli anni che vanno dal 2012 al 2020 l'Italia potrebbe pagare per l'infrazione comunitaria più di 9 miliardi di euro di sanzioni.
Il nucleare è un affare solo per le grandi lobby.
La costruzione di centrali nucleari fa aumentare il PIL e crea sviluppo, a vantaggio di pochi, ma non progresso, che è collettivo.
Non vale la pena aumentare il PIL ora e buttare il pianeta dopo, mentre con la ricetta europea che punta su efficienza energetica e fonti rinnovabili, si potrebbe dimezzare la bolletta energetica entro il 2020.
Secondo Greenpeace l’accordo firmato tra Italia e Francia sul nucleare è a tutto vantaggio di Sarkozy, che sta cercando di tenere in piedi l’industria nucleare francese, ma non offre all’Italia nessuna garanzia di maggiore indipendenza energetica – tecnologia e combustibile arrivano dall’estero – ed è anzi contro gli obiettivi europei di breve termine.
Il Governo italiano continua infatti a parlare di nucleare, mentre ha appena firmato accordi europei vincolanti per giungere a una quota del 35 per cento di energia elettrica da fonti rinnovabili al 2020. Il nucleare sottrarrà risorse allo sviluppo delle rinnovabili, oggi ferme al 16%, e il risultato potrebbe essere una nuova procedura d’infrazione davanti alla corte Europea.
Il Presidente Sarkozy, in assenza di nuovi ordinativi, ha annunciato che la Francia, cioè lo stato, chiederà a AREVA – società quasi interamente pubblica – di costruire un secondo reattore EPR in Francia. Una implicita dimostrazione che nucleare e mercato non sono compatibili: a ordinare reattori dovrebbe essere un’azienda non lo stato.
Il nucleare è pericoloso.
Il nucleare non ha risolto nessuno dei problemi, da quello delle scorie alla sicurezza intrinseca alla proliferazione nucleare.
Di seguito vi è un breve resoconto degli incidenti più gravi avvenuti nelle centrali nucleari.
Nel 1979 ad Harrisburg (Usa) si è sfiorata la “fusione del nocciolo”, che c’è stata a Chernobyl (Ucraina) il 26 aprile 1986, con decine di migliaia di tumori e leucemie nei 20 anni successivi e più di 1000 morti per tumore tra i soldati intervenuti; ha contaminato l'acqua di 30 milioni di ucraini; irradiato 9 milioni di persone. Oggi, nelle regioni confinanti, 2/3 degli adulti e metà dei bambini sono ammalati alla tiroide, c’è il raddoppio delle malformazioni.
Nel 2002 nell’Ohio (Usa) si è sfiorato lo stesso disastro; nel 2004 a Sellafield (GB) c’è stata una fuga di 160 kg di velenosissimo plutonio rivelata solo dopo 8 mesi.
Dal 1995 al 2005 c’è stata una serie di incidenti gravi (con 7 morti e centinaia di contaminati gravi) nelle centrali del Giappone: tra cui uno gravissimo a TokaiMura nel 1999 (2 lavoratori morti, 3 gravemente contaminati e 119 esposti a forti dosi di radiazioni) e il più grande impianto nucleare al mondo chiuso il 16 luglio 2007 per i danni da terremoto.
Elenco incidenti in centrali nucleari nel 2009: http://www.italia.attac.org/spip/spip.php?article3003
Ci sono milioni di tonnellate di scorie (di cui ben 250.000 altamente radioattive) senza smaltimento definitivo. Gli Usa hanno speso 8 miliardi di dollari in 20 anni senza trovare una soluzione.
In Italia, nel 2005, il governo ha dato 674 milioni di euro alla Sogin che, dopo il ridicolo tentativo di Scanzano Jonico (sismico, come gran parte d’Italia), non sa dove mettere le “ecoballe” radioattive: il plutonio resta altamente radioattivo per 200.000 anni! L'uranio 238 per milioni di anni.
Desta fortissima preoccupazione l’esistenza in rete di documenti riservati attribuiti a fonti interne ad EDF dai quali, se fossero veri, risulterebbe che le centrali di tipo EPR di futura costruzione in Italia presentano un rischio di esplosione intrinseco alla loro progettazione in grado di determinare la fusione del nocciolo del reattore.
Ciò sarebbe determinato, secondo le documentazioni tecniche riservate presenti in rete, dal fatto che per realizzare gli obiettivi di produzione di energia elettrica a costi economicamente competitivi sarebbe necessario pilotare la centrale in modalità vicinissime al punto critico di equilibrio.
Una fonte interna ad EDF avrebbe divulgato documenti confidenziali secondo i quali si potrebbe dimostrare che la concezione dei reattori tipo EPR, in costruzione in Francia e previsti in Italia, implicherebbe un rischio molto serio di “un incidente nucleare maggiore” con conseguenze incontrollabili e disastrose.
Secondo questa fonte, la centrale EPR sarebbe estremamente pericolosa in quanto, a detta degli esperti estensori dei documenti, alcuni modi di pilotaggio del reattore EPR (il cosiddetto RIP cioè ritorno istantaneo in potenza) potrebbero provocare l’esplosione del reattore a causa di un evento di espulsione delle barre usate per moderare o spengere la reazione nucleare. Questi modi di pilotaggio non sarebbero previsioni astratte ma modi correnti di funzionamento della centrale necessari per realizzare l’obiettivo di redditività economica della centrale stessa , redditività che è strettamente legata al fatto che la potenza del reattore possa essere adattata alla domanda elettrica.
Conclusioni.
Il nucleare
-viola il mandato del referendum del 1987;
-è un rischio enorme in un paese ad alto rischio sismico e idrogeologico come l'Italia;
-non è economico se si considerano i costi di smaltimento e smantellamento delle centrali;
-genera scorie che rimangono radioattive per millenni;
-come il petrolio, anche l'uranio è sempre più scarso e costoso.
Solo le energie da fonti rinnovabili possono reggere l'aumento di richieste da parte di una popolazione in aumento e di paesi che si stanno sviluppando.
In un epoca in cui i paesi più avanzati puntano sullo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, la decisione di investire ingenti risorse sul nucleare è pericolosa, inquinante, ma soprattutto costosa e contrario agli interessi degli imprenditori italiani. I benefici economici della costruzione di una centrale nucleare vanno a tutto vantaggio di pochissime grandi imprese, soprattutto straniere. Le tecnologie e le risorse per la costruzione di generatori eolici, solari, fotovoltaici e termo-solari sono invece molto più accessibili a un vasto gruppo di piccole e medie aziende italiane.
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