La mia domanda non si riferisce
all'attentato terroristico di Brindisi. Dopo la prima ubriacatura di
analisi, di ipotesi, di congetture alla quale i politici di
professione hanno dato il loro immancabile contributo lasciamoci
tempo per saperne di più e riflettere senza farci travolgere dalle
emozioni nella consapevolezza che, come ci insegna la storia del
nostro Paese, faranno ogni cosa per nasconderci la verità e dovremo
tutti tenere le antenne dritte per non abboccare a ricostruzioni e
conclusioni di comodo.
Mentre si tenta, o si è tentato, di
accreditare la tesi del pazzo che ha agito da solo (come se un
esecutore solitario non possa essere il terminale di un progetto più
vasto e architettato da forze oscure) è però inevitabile rievocare
la strategia della tensione dei decenni passati e le stragi di mafia
del 92-93. Perché questo sistema politico e di potere non regge più
(e lo dimostrano le proteste sociali, i risultati delle ultime
elezioni ed il rifiuto di una quota sempre più vasta di cittadini di
andare a votare) ed ha bisogno di eventi 'esterni' che, attraverso la
paura, gli restituiscano un minimo di ruolo guida della nazione.
Perché, in un momento di passaggio e di trasformazioni politiche
quali quelle che stiamo vivendo, la mafia non può mancare di far
sentire il proprio peso e di lanciare segnali inquietanti ed intrisi
di sangue ai propri interlocutori e complici. E da questo punto di
vista appaiono del tutto insoddisfacenti e inattendibili le
motivazioni con le quali si vorrebbe escludere essersi trattato di un
crimine mafioso: ad esempio perché la mafia non userebbe certi
strumenti (le bombole di gpl) o perché non metterebbe a rischio i
propri affari in un territorio che controlla come se le mafie non
fossero capaci di ogni tipo delitto e di colpire, come fatto
innumerevoli volte, ovunque e senza alcun riguardo per le vittime da
colpire.
La mia domanda riguarda invece l'idea di Stato che vogliamo perseguire,
cosa e chi deve rappresentare, quale debba essere il suo ruolo. E si
riconnette al terremoto di domenica scorsa in Emilia, all'assenza di
prevenzione nella costruzione degli edifici civili e di protezione
del nostro patrimonio artistico e archeologico (cioè l'incolumità
dei cittadini e la conservazione della nostra storia e della nostra
vera ricchezza), al decreto che ha immediatamente preceduto questo
evento con il quale si è sancito che i danni derivanti da calamità
naturali non verranno più risarciti dalle istituzioni pubbliche e che obbliga i cittadini a cautelarsi attraverso assicurazioni private (e
non ho capito se si tratta di norme già in vigore e che varranno da
subito per l'Emilia).
Lo Stato 'leggero', lo Stato arbitro
(una sorta di vigile ad un incrocio stradale) della concezione
liberale il cui compito è quello di garantire il regolare
svolgimento delle dinamiche economiche e sociali ma senza alterarle o
stravolgerle e così di fatto operando per il mantenimento dello
status quo o per far prevalere la legge del più forte, in cui
ciascuno deve badare, salvo eccezioni sempre più rare, a sé stesso
e contare solo sulle proprie forze. Lo Stato di Mario Monti che 'non
ha più soldi', cioè in cui la ricchezza collettiva prodotta non è
più sufficiente per tutto, per mantenere i privilegi e gli sprechi
di cricche, caste e parassiti, per le spese militari e le grandi
opere inutili e per continuare a sostenere un welfare sia pure
raffazzonato e deficitario come quello italiano e dunque, non
'potendo' colpire i ceti parassitari e i veri sprechi, deve lasciare
al proprio destino i più deboli: gli invalidi, i malati, i
disoccupati, gli 'esodati', porta l'età per la pensione a 70 anni,
non si prende più carico delle vittime di alluvioni e terremoti.
Oppure lo Stato espressione di una
comunità e forma attraverso cui questa si organizza, governato in
base agli stessi principi etici a cui si attiene una famiglia:
salvaguardare anzitutto la salute e la vita dei propri componenti e
dando a tutti loro le stesse possibilità, ricercare lavoro e
benessere senza abbandonare i più deboli tra i suoi membri, progettare il futuro
dando la priorità allo studio dei figli e preservando il patrimonio
tramandato dai propri avi, cose a cui mai si potrebbe rinunciare se non
avendo prima eliminato tutte le spese inutili e voluttuarie.
Anche per gli anni a venire la lotta e
il confronto politico continueranno a svolgersi intorno a queste due
idee contrapposte.
ps ringrazio Debora Billi per avermi fatto conoscere il magnifico monologo di Ascanio Celestini http://crisis.blogosfere.it/2012/04/manovra-lavoro-in-due-parole-cazzi-vostri.html
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