E' possibile che il dissolvimento
dell'euro, o almeno l'abbandono della moneta comune da parte della
Grecia per poi proseguire, con quello che è stato definito effetto
domino, con gli altri PIIGS (Portogallo, Irlanda, Spagna, Italia) per
arrivare forse fino alla Francia sia ormai un fatto ineluttabile. Ma
evitiamo per carità di considerarlo uno scenario auspicabile,
l'unica possibilità di salvezza per tutti i paesi coinvolti.
Anche chi, come ad esempio Loretta Napoleoni, da sempre è convinta che l'unica risposta alla crisi sia
il ritorno alle monete nazionali non ne nega le conseguenze
disastrose pur nella convinzione che ciò costituirebbe la fine di
una lunga agonia, poter toccare finalmente il fondo per poi poter
ricominciare a risalire.
L'uscita dell'Italia (e ciò vale anche
per gli altri Paesi) dall'euro significherebbe la conversione del
debito pubblico in una valuta estremamente più debole e dunque le
sue dimensioni si ingigantirebbero ulteriormente. Farvi fronte
ricorrendo ai mercati finanziari comporterebbe costi insostenibili,
farlo attraverso l'emissione di moneta determinerebbe un'inflazione
disastrosa. Quello che avviene in questi casi, si prenda l'esempio
dell'Argentina, è il panico, l'assalto alle Banche e il loro
fallimento, l'azzeramento dei risparmi privati, la paralisi per un
periodo più o meno lungo dell'economia e dunque la chiusura di gran
parte delle aziende, disoccupazione, fame, l'impossibilità di
acquistare dall'estero i beni e le materie prime indispensabili
(derrate alimentari, farmaci, combustibili) o l'aumento esponenziale
dei relativi costi, insufficiente liquidità dello Stato per
garantire la continuità nel pagamento di pensioni e stipendi.
Qualcuno pensa che lo Stato possa rifiutarsi di onorare il proprio
debito senza che questo comporti una conflittualità pericolosissima
con i creditori esteri? Qualcuno pensa che la svalutazione renda
nuovamente concorrenziale l'economia italiana senza tener conto delle
sanzioni cui sarebbe sottoposta dalla comunità internazionale e
comunque della difficoltà di poter collocare i propri prodotti in un
periodo di recessione mondiale causato proprio dal crollo dell'euro?
Davvero si è convinti che in un mondo saturo di prodotti e dove la
minaccia incombente è l'esaurimento delle risorse naturali sia
possibile ricominciare a produrre e vendere a go-go lavatrici,
automobili, frigoriferi?
E' più facile che la reazione politica
al caos sia la nascita di una democrazia popolare e solidale o
piuttosto l'affermazione di un regime autoritario e para-fascista?
Solo chi ha poca memoria o è in
malafede può indicare quella della lira come l'età dell'oro e della
sovranità nazionale. Come se l'Italia negli anni settanta, ottanta,
novanta non fosse stato il campo di battaglia dei servizi segreti di
tutto il mondo, non avessimo dovuto subire stragi terribili, non
avessimo dovuto assistere alla determinazione del nostro quadro
politico da parte degli USA attraverso la CIA, al terrorismo, all'assassinio da parte di una mafia sempre più potente e arrogante di
eroici magistrati come Falcone e Borsellino, ad un aereo civile
abbattuto dai nostri 'alleati', a tangentopoli, ad un Andreotti
colluso con la mafia che si alternava alla guida del governo con il
corrotto Craxi, alla finanziaria lacrime e sangue di Amato per
evitare il fallimento dello Stato.
Non esistono scorciatoie, per salvare
questo Paese, euro o lira, dobbiamo fare i conti con i nostri mali
storici: le mafie, la corruzione, l'economia in nero (il 30 per cento
del pil secondo Banca d'Italia), gli sprechi e le inefficienze della
pubblica amministrazione, i privilegi parassitari della politica e
delle caste.
Allora perché dover passare per il
bagno di sangue del default e del cambio di moneta quando il problema
del debito e dell'attacco all'euro potrebbe essere risolto attraverso
altre vie: una Banca centrale europea con le stesse funzioni delle
altre Banche centrali del mondo cioè in grado di finanziare la spesa
pubblica stampando moneta, il debito dei paesi euro garantito non più
dai singoli Stati ma dalla UE nel suo complesso, la riforma della
finanza per tornare a separare Banche d'affari da quelle che svolgono
attività di credito ordinario, la tassazione delle speculazioni
finanziarie, il divieto dei prodotti tossici e l'annientamento dei
paradisi fiscali, l'audit del nostro debito per capire come si è
formato, chi ne sono i responsabili e quale parte sia illegittima (ad
esempio se la Fiat ha fatto profitti anche grazie ai contributi
pubblici ed ora decide di chiudere le fabbriche italiane e spostarle
all'estero dovrà restituire qualcosa o no?), misure per limitare e
mettere sotto controllo la libera e deleteria circolazione dei
capitali, un'imposta patrimoniale sulle grandi ricchezze che consenta
di rafforzare il welfare e ridurre le tasse sui redditi medio-bassi
da lavoro e di impresa, la ri-nazionalizzazione del debito cioè fare
in modo che lo stesso sia detenuto all'interno della nazione (o
dell'Europa) per evitare gli attacchi speculativi provenienti
dall'estero (la soluzione giapponese che a fronte di un debito pari
al 200 per cento del pil non conosce le fibrillazioni europee).
Così, non con il sadismo sociale
dell'austerità, si salva la Grecia e si salva l'Europa. L'Europa dei
popoli, della democrazia, del welfare, dei diritti civili e del
rifiuto della pena di morte, l'Europa fondata sull'idea di una
cittadinanza e di radici culturali comuni, l'Europa che ha conosciuto
il più grande (o forse unico) periodo di pace della sua storia,
l'Europa che non vuole condannarsi ad essere un fantoccio in balia
delle potenze mondiali vecchie e nuove.
Per quest'idea di Europa dovrebbero
battersi tutte le forze democratiche e progressiste europee, per non
abbandonare i nostri fratelli greci e nessun altro Paese al destino
peggiore.
Questa idea di Europa ha oggi due
nemici.
La finanza anglo-americana che ha
pianificato e messo in pratica l'attacco all'euro con l'obiettivo di
eliminare un pericoloso e forte concorrente al dollaro e alla
sterlina (e così si spiegano le valutazioni al ribasso delle società
di rating americane, le stesse che avevano fatto da 'palo' per le
speculazioni dei titoli tossici all'origine della crisi delle Banche
Usa, poi estesa al resto del mondo, dal 2007 in poi).
Le mire di grande potenza della
Germania che ha determinato la costruzione dell'euro in funzione dei
suoi interessi e che nel dissolvimento dell'Unione Comune, sopra le
sue ceneri – pur consapevole dei costi che ciò comporterebbe –
si ergerebbe quale unico dominatore del Continente. Una Germania
abbastanza forte, solida e competitiva per poter convivere con la
recessione dei partner europei indotta dall'austerità ed in grado,
in caso di implosione dell'euro, di assorbirne i costi e sfruttarne i
vantaggi in termini di espansione della propria supremazia economica
e politica per doversi sentire obbligata a farsi carico delle
difficoltà finanziarie degli altri Paesi Euro.
Il compito che l'Italia dovrebbe porsi
in ogni caso e prima che sia troppo tardi, per mezzo di una politica
alta rivolta al bene comune e non con la resa e la subalternità al
capitalismo finanziario e alle caste dominanti concretizzata dal
governo Monti e dai suoi sostenitori politici (Napolitano, PD, PDL,
UDC), è quello di liberarsi dalla schiavitù dei mercati e dello
spread.
E fare fronte comune con i Paesi, con i
popoli, con i cittadini, con le forze politiche di tutta Europa che
non si rassegnano al destino a cui sembra essere stato condannato il
nostro Continente.
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