"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

venerdì 20 luglio 2012

Gli aerei italiani uccidono in Afghanistan



Le notizie importanti (tra quelle pubblicate dai grandi media).

La liberazione di Rossella Urru.
Il conflitto tra Napolitano e la magistratura di Palermo (con il dito, l'ipotetica lesione delle prerogative del Presidente della Repubblica, con cui si vorrebbe nascondere la luna, l'attenzione e l'aiuto chiesto ed ottenuto da Mancino a Napolitano in merito al proprio coinvolgimento nell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia che portò all'assassinio di Falcone e Borsellino);
La tempesta perfetta che i mercati si prevede scateneranno sui nostri titoli del debito pubblico nel prossimo mese di Agosto (alla faccia del millantato successo di Monti al vertice europeo di fine giugno ed alle garanzie risolutive che sarebbero state ottenute in quella sede).

E i diversivi (quelli che Giulietto Chiesa definisce il rumore di fondo, cioè il 'casino organizzato' che serve a confondere e a non far sapere e capire).
La nuova discesa in campo di Berlusconi (come se possa considerarsi una sorpresa). L'epurazione di Nicole Minetti, simbolo del bunga bunga, necessaria a restituire verginità e credibilità politica (sic) a Berlusconi in Italia ed in Europa (doppio sic). La difesa che simpatizzanti di sinistra e antiberlusconiani stanno facendo della bella consigliera regionale lombarda fa loro onore ma credo che al riguardo si possa stare tranquilli: con il processo Ruby in corso figuriamoci se, trattandosi di un personaggio che potrebbe raccontare cose pericolose, siamo di fronte a qualcosa di diverso da una trattativa nella quale si deve definire solo il prezzo del suo silenzio e della sua uscita di scena.
La querelle nella Democrazia Cristiana (pardon nel Partito Democratico) sulle unioni di fatto e il matrimonio degli omosessuali e la polemica Beppe Grillo – Rosy Bindi.

E tra le une e le altre passano inosservate e scivolano nel silenzio due eventi fondamentali quali l'approvazione del Fiscal Compact e il salto di qualità della partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan.

Con il trattato sul Fiscal Compact, congiuntamente all'obbligo inserito in Costituzione del pareggio di bilancio, e cioè l'impegno per i Paesi che vi aderiscono a ridurre entro vent'anni il debito pubblico al 60 per cento del PIL (per l'Italia attualmente al 123 per cento!) si stringe – a meno di improbabili e miracolose impennate della crescita economica negli anni futuri - una corda al collo della società e dei cittadini italiani condannati per i prossimi decenni all'austerità e allo smantellamento dello stato sociale, si bandiscono per legge le teorie keynesiane, si cancella la possibilità di usare la spesa pubblica quale strumento di incremento del benessere e della qualità della vita nel nostro Paese, si ratifica il totale asservimento della politica, l'annientamento della sua autonomia, alle ragioni della finanza e dei mercati.
Sull'impegno militare italiano in Afghanistan è caduto ogni velo di ipocrisia: come rivelato da E-Il Mensile (un'altra fonte di informazione indipendente e libera che è costretta a chiudere, per mancanza di fondi, le pubblicazioni) anche gli aerei italiani sono impegnati in azioni di bombardamento per uccidere i 'nemici'.
Chissà se c'è ancora chi ha la spudoratezza di chiamarle missioni di pace. Lo fu forse solo l'intervento in Libano tra il 1982 e il 1984 guidato dal Generale Angioni, sotto la Presidenza Pertini, nel quale il compito dei soldati italiani era effettivamente quello di forza di interdizione tra le fazioni in lotta e che fu ispirato dall'idea di dover instaurare un rapporto di collaborazione e di solidarietà con le popolazioni locali. Ma quella fu anche l'occasione per rompere il tabù della spedizione dei soldati italiani al di fuori dal territorio nazionale.
Seguirono le missioni militari con carattere offensivo: la prima e la seconda guerra del Golfo in Iraq, contro la Serbia, contro l'Afghanistan e contro la Libia.
In spregio, e ciò non può essere giustificato da nessuna pretesa ragione umanitaria e da nessun motivo di convenienza politica, dell'articolo 11 della Costituzione che impone all'Italia di ripudiare la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Della nostra Costituzione Napolitano dovrebbe essere il supremo difensore e garante anziché ridursi a svolgere il ruolo di supremo difensore e garante per l'Italia degli interessi e delle decisioni degli Stati Uniti, come avvenuto nel caso della Libia forzando le reticenze del Governo Berlusconi affinché  i soldati italiani partecipassero anch'essi alla guerra.

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