Premetto che non nutro alcuna
pregiudiziale ostilità nei confronti dello sport. Non mi riferisco
solo allo sport praticato, elogiato dai latini quale mezzo per ottenere una mens sana in corpore sano, forma di
gioco e di esercizio fisico che si esplica in una sana competizione
fondata su lealtà e correttezza. Ma anche allo sport business,
quello che si vede in televisione o sugli spalti di uno stadio o di
qualche altro tipo di impianto, con un'offerta che si estende per 365
giorni all'anno tra coppe e campionati nazionali, europei, mondiali,
olimpiadi, tornei, gran premi, corse in linea o a tappe. Perché è
sicuramente un'importante espressione della cultura popolare, che
risponde a imprescindibili bisogni individuali e collettivi e che non
di rado ha affascinato fior fior di intellettuali e pensatori. Ho la
mia brava e incrollabile fede calcistica, trepido e tifo per i colori
nazionali ogni qualvolta c'è qualche italiano in gara, anche nelle
discipline più improbabili e misconosciute, si tratti persino di
badminton, di curling, di slittino.
Ovviamente, imitando Fantozzi,
spaparanzato in poltrona con insalatiera ricolma di pasta,
birra ghiacciata e rutto libero.
Però, mi si perdoni la contraddizione,
proporre una visione razionale e demistificatoria dello sport, indicarne gli elementi costituenti che ne determinano la centralità sociale ed il peso economico nella nostra epoca, porsi qualche domanda (o meglio coltivare qualche dubbio) e provare a darsi qualche risposta, per citare
uno dei grandi Maitre à penser italiani del momento quale
Gigi Marzullo, mi sembra assolutamente necessario.
Ed al riguardo ho trovato particolarmente
stimolante ed istruttivo un articolo pubblicato qualche tempo fa su Contropiano
sull'ideologia dello sport.
Afferma Ivan Ergić nell'intervista
diffusa sul sito: “Lo sport è l’ideologia allo stato puro e
dicendo questo penso allo sport professionale di qualsiasi specie. Lo
sport è quella pedagogia sociale che induce alla competizione, alla
determinazione, alla vittoria, alla sconfitta, al sacrificio, alla
perseveranza, alla lotta, quindi a tutto ciò che rappresenta il
mercato, che è la più grande ideologia mai esistita. Lo sport è
l’agitprop del mercato."
Non si tratta dunque semplicemente del
banale panem et circenses a cui si associa lo sport, del diversivo da offrire in pasto
al volgo ottuso e ignorante per distrarlo dai propri veri problemi,
ma di qualcosa di molto più raffinato, insidioso e invasivo che
definisce il ruolo sociale e formativo dello sport.
Anzitutto l'educazione alla
competizione. Nel mondo in cui viviamo si deve perseguire il
successo individuale, tentare di essere il numero uno piuttosto che
ricercare attraverso azioni collettive e solidali le soluzioni ai
problemi di tutti.
E' casuale il ruolo centrale dello
sport nel sistema scolastico degli Stati Uniti, il paese capitalista
per eccellenza?
Poi l'educazione ad una società
organizzata gerarchicamente:
per gli sconfitti, per chi resta nella massa, viene interiorizzata
come giusta l'idea di dover accettare sportivamente
i propri insuccessi e che i migliori
siano premiati dal punto di vista economico e del prestigio
sociale.
Ancora
lo sport fornisce l'opportunità rassicurante e protettiva
di sentirsi membro di un gruppo o di un branco,
che sia locale o nazionale, di poter indossare insieme a molti altri
la stessa maglietta. E'
dentro questo meccanismo che trovano nuova linfa idee, sentimenti,
valori altrimenti ormai dismessi nell'epoca della globalizzazione
quali il patriottismo
e il nazionalismo.
Da qui l'attenzione e la deferenza che i campioni dello sport
ricevono dalle autorità politiche di ogni Paese e di ogni tendenza
politica, siano esse democratiche o autocratiche, in funzione del
prestigio che i successi sportivi arrecano ad una Nazione.
Lo
sport alimenta inoltre quel fenomeno
del divismo attraverso
cui gli individui possono trovare una via di fuga dalla propria
alienazione e dalla propria frustrazione identificandosi nei successi
dei propri beniamini e dei propri miti. E lo sport diventa così mezzo per affievolire i conflitti collettivi e nel contempo viene percepito come una delle poche occasioni a disposizione, insieme allo spettacolo ed alla moda, per l'elevazione sociale (basta pensare al
comportamento spesso imbarazzante sugli spalti dei genitori di ragazze e ragazzi
impegnati nelle gare giovanili).
Il controllo sociale ed il contenimento dei conflitti si ottiene anche consentendo che la partecipazione agli spettacoli sportivi si trasformi nello sfogatoio delle pulsioni anche violente individuali e collettive, mettendo a disposizione una terra di nessuno alle scorrerie delle bande, più o meno politicizzate, dei tifosi ultras che altrimenti rivolgerebbero la propria giovanile aggressività distruttiva verso obiettivi più pericolosi per il potere.
Infine
su tutto, come è normale sia in un mondo capitalista fondato sul
profitto privato, il nodo del business
sportivo,
la massa enorme di denaro che questa attività sociale riesce a
muovere, fino a renderla un'industria gigantesca, tra appannaggi di
atleti, dirigenti e tecnici, diritti televisivi, incassi pubblicitari
e derivanti dalla vendita dei biglietti per la visione dal vivo delle
gare, investimenti per la realizzazione degli impianti,
organizzazione di manifestazioni nazionali e internazionali, proventi
che provengono dal cosiddetto merchandising (commercializzazione di
gadget e articoli tenici griffati con i simboli del mito sportivo o della squadra
del cuore), gli introiti delle scommesse sull'esito degli eventi,
l'indotto dell'informazione – attraverso carta, televisione, radio, web -
specializzata. A questo si aggiunga il carattere di porto franco,
libero da controlli proprio in virtù del suo ruolo politico e
sociale, che è riconosciuto spesso al mondo dello sport, in
particolare in Italia e soprattutto nel calcio, che non pochi
faccendieri ed arrivisti politici possono utilizzare per i propri
loschi affari e per le proprie ambizioni.
Sotto
questa montagna di denaro l'etica e la lealtà sportiva vengono
seppellite dalla ricerca della vittoria ad ogni costo, attraverso il
doping, le combine, la corruzione di arbitri ed avversari, l'utilizzo
e l'occultamento di fondi neri.
Buona visione e forza azzurri!
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