"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

lunedì 30 luglio 2012

L'ILVA di Taranto e l'eredità da lasciare alle prossime generazioni


E' stata rievocata qualche giorno fa dall'emerito professor Monti la bella frase attribuita a De Gasperi “un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni”.
Il messaggio che il vanitoso Monti ha voluto trasmettere è evidente: non giudicatemi per gli insuccessi di oggi, la recessione e lo spread, ma per come potrà essere in futuro l'Italia a seguito dei miei provvedimenti.
E d'altra parte quella frase suggerirebbe una serie di riflessioni sulla democrazia – la volontà popolare, la partecipazione, il consenso, la scelta delle classi dirigenti – che in questa occasione mi risparmio di svolgere.
Mi preme invece ragionare, proprio ispirato da quella frase, su di una cosa di cui da tempo si blatera tanto: di futuro delle prossime generazioni e dell'eredità da lasciare loro.
Anzitutto non si può non evidenziare il carattere mistificatorio e truffaldino della contrapposizione tra giovani e vecchi, tra presente e futuro, tra i sacrifici da fare ora per assicurarsi un domani radioso. Come se la politica non avesse il compito di operare per i bisogni attuali di tutti i cittadini, anche se certo con una visione strategica e con l'idea di costruire, senza dogmatismi, un determinato progetto di società, e come se ci si potesse illudere che quei diritti e la soddisfazione di quei bisogni che oggi vengono negati si potrà poi garantirli in futuro.
E poi di quale eredità stiamo parlando?

Se ci riferissimo a singoli individui o a gruppi familiari, penseremmo a quel patrimonio di affetti, di valori, di strumenti culturali ed educativi che consentono di interpretare e fronteggiare il mondo che ci circonda, a cui unire se possibile beni propriamente economici quali la proprietà di cose o aziende.
Se parliamo di un popolo, quale eredità più importante dell'integrità dell'ambiente e del paesaggio da lasciare alle generazioni future unitamente al complesso, da salvaguardare gelosamente, di beni artistici ed archeologici retaggio della propria storia, ad un sistema scolastico e universitario includente ed in grado di incoraggiare e non disperdere i talenti individuali, alla capacità di sviluppare ricerca scientifica e tecnologica di alto livello e rivolta al miglioramento della qualità della vita di tutti, ad una burocrazia efficiente ed imparziale, ad un sistema politico che consenta di selezionare classi dirigenti oneste e capaci che riescano ad esprimere effettivamente la volontà popolare, ad una coesione sociale fondata su differenze di censo tollerabili e che fornisca a ciascuno quanto necessario per il pieno sviluppo della propria personalità e l'effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese?
Sono questi i principi fondanti della nostra Costituzione. Sono queste le cose che rendono ricca una Nazione e ne assicurano il futuro e non certo elementi evanescenti e contingenti – al più secondari o mere conseguenze del suo stato di salute - quali spread, competitività, crescita, compatibilità finanziarie.
Questi temi sono tragicamente riproposti dalla vicenda dell'ILVA di Taranto nella quale emergono i ritardi culturali e la visione distorta se non disonesta della maggioranza degli operatori economici, dei sindacati, dei tecnici di governo, dei partiti.
E' questa l'economia da lasciare alle generazioni future in cui si baratta il lavoro con la vita e la salute delle persone?
Non dovrebbe essere, anziché lo spread, l'espressione 'riconversione ecologica dell'economia' al centro della riflessione di tutte le forze politiche e dei commentatori?
Ma questo richiederebbe di riconoscere che non è il mercato che da solo può creare lavoro, ricchezza, qualità della vita e che si dovrebbe ripensare nel suo complesso il sistema dei rapporti economici e sociali così come sono definiti nella nostra epoca.
Forse non è ancora il tempo perché ciò avvenga ma forse non è nemmeno così lontano.

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