La giustizia è uguale per tutti, c'è
scritto in ogni tribunale, ma è evidente che non è così. Basta
osservare l'esito di tanti processi, la sproporzione, valutando
secondo razionalità ed in base al complesso dei valori
prevalentemente condivisi, tra come vengono sanzionati le fattispecie
riguardanti disordini occorsi durante manifestazioni di protesta
(pure laddove non è stato fatto del male ad alcuno) e reati di
gravità enormemente superiore perché causano la morte di una
persona o ne ledono l'integrità fisica e morale.
Per i manifestanti noglobal di Genova
2001 fino a 15
anni di reclusione, in attesa di successivi ricalcoli a favore
dei condannati, per devastazione e saccheggio, reato previsto dai
codici fascisti. Il movimento democratico e ambientalista dei NoTav,
pericolo pubblico numero uno, voce dal sen sfuggita alla Ministra
degli Interni Cancellieri, è oggetto della massima attenzione da
parte degli investigatori e della magistratura
a cominciare dall'ottimo Giancarlo Caselli. Nei CIE, vere prigioni a
cielo aperto, si può restare fino a 18 mesi non per scontare una
pena specifica ma per le procedure di identificazione ed espulsione.
Al contrario per la mattanza della Diaz
(quella che nei paesi civili dell'Europa, nominata ed invocata ad
ogni piè sospinto, verrebbe classificata come tortura) nessuno farà
un giorno di carcere (ed anzi il capo della Polizia dell'epoca,
Gianni De Gennaro, è stato premiato con un incarico di Governo). Lo
stesso per i responsabili della morte di Federico Aldrovandi. Per
Luigi Spaccarotella l'agente della polizia stradale condannato per
l'omicidio volontario di Gabriele Sandri una pena di 9 anni e 4 mesi
di reclusione. Quanto rischia l'autore di uno stupro o di violenze
pedofile, la forma più ignobile di perversione umana? Due, tre,
quattro anni? Mentre le vittime subiranno le conseguenze di quanto subito per tutto il
resto della vita. E chi provoca incidenti mortali o
vere e proprie stragi guidando in stato di ubriachezza o sotto
l'effetto di sostanze stupefacenti?
Vogliamo parlare di criminalità
economica (grande evasione fiscale, corruzione, concussione,
riciclaggio di denaro sporco, distrazione di fondi pubblici,
esportazione illegale di capitali all'estero, bancarotta
fraudolenta)? Probabilmente è più pericoloso riutilizzare un
biglietto dell'autobus dopo aver cancellato l'obliterazione ….
Analogo discorso può essere fatto per
l'effettiva espiazione delle pene comminate: Francesca Mambro e
Giusva Fioravanti condannati all'ergastolo per la Strage di Bologna e
quali autori di uno spaventoso numero di omicidi circolano liberi per
Roma (e la Mambro fu cooptata nel comitato elettorale della Bonino),
Giovanni Scattone, condannato a cinque anni e quattro mesi per
l'omicidio colposo di Marta Russo, ha vissuto la singolare esperienza
di insegnare proprio nella scuola frequentata dalla povera ragazza.
E ciò mentre carceri e CIE, le
discariche sociali del mondo capitalista occidentale volte ad
allentare tensioni e conflitti collettivi e che vengono addirittura
prefigurati come occasione di profitti privati, stipati di immigrati, tossicodipendenti, malati di AIDS, sono trasformati in
gironi infernali nei quali i detenuti sono costretti a vivere in condizioni inumane con l'inevitabile conseguenza di uno stillicidio intollerabile di suicidi.
Basterebbe depenalizzare reati minori o
prevedere per essi pene alternative alla detenzione (come lavori
socialmente utili), porre fine al protezionismo in materia di droghe
e prostituzione, cancellare il reato di immigrazione clandestina.
Ma si vuole che tutto resti così per
ottenere l'alibi per periodiche amnistie e indulti e per ingolfare i
tribunali a favore di chi si può ben immaginare.
Si giustificano pene e condanne in base
all'allarme sociale ma è chiaro che l'unica priorità è punire solo
ciò che minaccia realmente il potere.
Io ovviamente non
posso sapere se le sentenze che cito siano giuste e adeguatamente
motivate, rilevo soltanto che spaccare una vetrina è considerata cosa
più grave che causare la morte di un essere umano.
La giustizia italiana è lo specchio
del Paese: inefficiente e dominata, così come tutta la macchina
dello Stato, dall'arbitrio, dalle convenienze politiche e dalle
relazioni di interesse e di potere, non di rado orientata
dall'attenzione che i media danno a questo o quel caso, a volte casualmente per riempire, in assenza di meglio, prime pagine o palinsesti, a volte
per deliberata scelta.
Vi è la questione dell'ineguaglianza
di mezzi degli imputati, con i ricchi e i potenti che possono
accedere ai più abili avvocati e alle migliori strategie di difesa
ed i povericristi che non possono che restare stritolati nell'inferno
dei meccanismi giudiziari. Vi è la questione di una magistratura che
in tanti abbiamo idealizzato e abbiamo identificato tutta in Falcone
e Borsellino, difeso perché attaccata da Berlusconi, ed al contrario
è anch'essa partecipe, in alcuni suoi componenti, degli abituali e
riconosciuti vizi italiani: carrierismo e compromissioni con la
politica e le caste dominanti.
Il sistema della giustizia italiana è
stato trasformato in una giungla o in un labirinto inestricabile –
tra amnistie, indulti, depenalizzazioni, leggi ad personam,
patteggiamenti, riti abbreviati, sconti di pena, attenuanti per gli
incensurati, prescrizioni, tempi dei processi, farraginose procedure
di notifica che non di rado inducono ad errori 'provvidenziali',
affidamento ai servizi sociali - certo per responsabilità di
Berlusconi ma non solo, in cui unicamente alcuni – gli uomini di
potere e protetti dal potere – riescono ad ottenere le mappe per
uscirne indenni mentre per tutti gli altri, vittime o imputati,
difendere le proprie ragioni è spesso una mera illusione.
Irrinunciabili principi di civiltà
giuridica - la presunzione d'innocenza fino alla condanna
definitiva, il carattere rieducativo della pena – diventano, ma
solo per pochi, il cavallo di troia per garantirsi l'impunità.
Ciò contribuisce, negando alla radice
il principio di legalità, alla ulteriore devastazione della
coscienza etica e civile di un Paese dove già notoriamente vincono,
nel plauso generale, i furbi e dove inquisiti e condannati non
possono partecipare ad un concorso per bidello ma possono sedere in
Parlamento, Francesco Schettino imputato per un disastro che ha
causato 30 morti e due dispersi e vigliaccamente scappato alle sue
responsabilità viene lautamente pagato per un'insulsa intervista
televisiva, personaggi inquietanti come Sgarbi, Moggi, Corona –
sanzionati penalmente o dalle proprie categorie professionali -
possono permettersi di pontificare giornalmente.
Chi può non paga nulla e si arroga il
diritto, perché manca la sanzione morale dell'opinione pubblica, di
negare l'evidenza un po' come Andrea Agnelli, ultimo rampollo della
più grande famiglia del capitalismo italiano, che rivendica per la
sua Juventus la titolarità di scudetti che tutti sanno essere stati
conseguiti fraudolentemente.
La salvezza e la rinascita dell'Italia
passa anche da una radicale riforma del sistema giustizia che
assicuri, attraverso la revisione e la razionalizzazione delle
procedure processuali, certezza della pena e tempi ragionevoli – elemento irrinunciabile
quando si parla di giustizia - per la conclusione delle cause penali
e civili, e contemporaneamente il riesame di quali fatti vanno
considerati reati, in che misura e in che modo vanno sanzionati.
Una grande opera di revisione da
fondarsi sul primato dei principi e dei valori etici ma che avrebbe
effetti benefici in modo dirompente anche sulla nostra economia e
sulla qualità della spesa pubblica.
Un indispensabile punto e a capo per
rifondare la nostra società che non dovrebbe assolutamente
significare un colpo di spugna sul passato.
E da questo punto di vista mi sembra
che la Norimberga
auspicata da Grillo, l'individuazione attraverso un giudizio pubblico
dei membri delle classe dirigenti che ci hanno portato al disastro,
si sposi perfettamente con l'audit
del debito proposto da Viale, l'analisi dettagliata dell'origine
e della natura del nostro debito al fine di poterne ripudiare la
parte illegittima.
Nessun commento:
Posta un commento