"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

venerdì 13 luglio 2012

Con quale legge elettorale si voterà nel 2013?


Per i cultori della materia una buona legge elettorale dovrebbe contemperare due diverse e tra loro sostanzialmente contrapposte esigenze: la governabilità, cioè far scegliere esplicitamente ai cittadini il partito o la coalizione da cui vogliono essere governati purché con un sufficiente livello di coesione ed in grado di realizzare il proprio programma politico, e un'adeguata rappresentatività delle varie correnti ideologiche e politiche nelle quali si articola una determinata collettività nazionale.
Al riguardo però bisognerebbe anzitutto riconoscere che è un'illusione pensare che una legge elettorale qualsivoglia possa svolgere di per sé un ruolo virtuoso per il funzionamento delle istituzioni democratiche quando manca una classe politica onesta, capace, rispettosa delle regole costituzionali e nel contempo un corpo elettorale composto di cittadini consapevoli, informati, educati alla coscienza civica.
La storia parlamentare italiana successiva all'adozione del maggioritario ne è la dimostrazione: coalizioni dotate dei numeri per governare ma lacerate al proprio interno da insanabili divisioni politiche, trasformismi, ribaltoni, cambi di casacca di deputati e senatori motivati da evidenti ragioni di convenienza personale fino a giungere al commissariamento del governo Berlusconi che pure poteva contare su di una vastissima maggioranza parlamentare.
Certo è altrettanto vero che una cattiva legge elettorale ha l'effetto di potenziare gli elementi perversi presenti in un determinato quadro politico e di cristallizzarne e stabilizzarne le caratteristiche negative.
Ciò è avvenuto con il 'mattarellum' che ha imprigionato in una camicia di forza, nell'obbligo di una scelta innaturale senza alternative, visioni e posizioni politiche che non avevano possibilità di convivere, e tanto più con il 'porcellum' che, con il potere di nomina dei parlamentari da parte delle segreterie dei partiti e l'esclusione di ogni possibilità di scelta per gli elettori, ha portato ad un punto mai prima conosciuto la degenerazione partitocratica ed il livello di impresentabilità di deputati e senatori.

Da una legge elettorale ci si può attendere al massimo che faccia meno danni possibili e da questo punto di vista è, a mio avviso, auspicabile il ritorno ad un sistema proporzionale che garantisca la presenza in Parlamento anche delle minoranze, con un unico voto di preferenza sui candidati (onde evitare le vecchie abitudini della Prima Repubblica con le cordate di candidati trainati dal capo corrente) ed una ragionevole soglia di sbarramento che eviti l'inutile proliferare di partiti e partitini.
Il proporzionale assicurerebbe almeno di rendere più difficili colpi di mano sulla Costituzione (così come avvenuto con l'inserimento nella nostra Carta fondamentale, senza dover passare per un referendum popolare confermativo, dell'obbligo del pareggio di bilancio da parte di una maggioranza estesissima in Parlamento ma espressione a malapena della metà dei cittadini aventi diritto al voto) e probabilmente una migliore selezione delle cariche istituzionali, di controllo e di garanzia.
La governabilità è un altro discorso: con PD, PDL e UDC che appaiono unanimemente convinti della necessità di operare in continuità con le politiche del governo Monti o addirittura, anche se non possono dirlo esplicitamente, di ripetere nella futura legislatura l'esperienza del governo di salvezza nazionale, pensare che la contrapposizione tra questo centrodestra e questo centrosinistra possa avere altro scopo se non quello di ingannare ancora una volta i cittadini è appunto pura illusione.
E andrebbe altresì chiarito che l'indicazione del premier sulla scheda elettorale è qualcosa di contrario alla Costituzione vigente che affida al Presidente della Repubblica, sentiti i partiti in Parlamento, il potere di scelta del capo del governo.
Poi se PD, PDL e UDC vorranno continuare a governare insieme anche dopo il 2013 e se avranno ricevuto voti sufficienti lo faranno comunque, a prescindere di qualunque legge elettorale, ma almeno senza poter contare – come ora – su di una maggioranza bulgara in Parlamento.
Queste sono le mie convinzioni, evidentemente opinabilissime.
Ciò che ci aspetta in realtà è completamente diverso. Ed è la realtà di una partitocrazia, che sente ormai venire a mancare la terra sotto i piedi, a cui resta, tra le ultime carte da giocare, la riforma (immancabilmente e pour cause intimata da Napolitano) della legge elettorale da cucirsi addosso, come scrive Beppe Grillo e come scrivevo anch'io su questo blog, per poter continuare a barattare il mantenimento dei propri privilegi di casta con la conferma del governo dei poteri forti, sia esso guidato da Monti o da altri.
Se uno degli espedienti politici per realizzare questa ennesima truffa elettorale è senz'altro la nuova discesa in campo di Berlusconi e la conseguente (falsa) radicalizzazione del confronto tra le diverse coalizioni non so quale possa essere lo strumento tecnico in grado di supportarlo.
Mi sembra che quello che Flores D'Arcais ha denunciato come il progetto del SuperPorcellum, metà dei seggi assegnati attraverso collegi uninominali (e dunque ancora una volta con il ricatto del voto utile e l'impossibilità per le minoranze di essere rappresentate) e l'altra metà con voto su liste bloccate (dunque ancora una volta senza preferenze) con soglia di sbarramento e premio di maggioranza alla lista o alla coalizione vincente, avrebbe davvero un carattere diabolicamente antidemocratico.
A leggere le anticipazioni dei giornali si tratterebbe proprio della proposta del PD al cui confronto appaiono francamente meno pericolose le proposte di UDC e PDL, anche se ovviamente ritagliate in funzione delle proprie potenzialità di consenso, che quantomeno ripristinerebbero le preferenze e darebbero maggiore spazio alla quota proporzionale o, in estrema ipotesi, addirittura la conferma del Porcellum.
C'è da aggiungere che se in questo momento è Grillo, accreditato nei sondaggi elettorali del 20 per cento e passa dei voti, l'incubo che incombe sul vecchio establishment partitocratico, il collegio uninominale favorisce proprio i partiti strutturati ed in grado di mobilitare clientele e voto di scambio, nella logica che il vincente anche se di un solo voto guadagna tutta la posta in palio, al contrario della scelta fondata sulle liste dove prevale maggiormente il voto di opinione.
In ogni caso, qualunque decisione venga presa, ciò che si deve sperare è che si tratti di conti fatti senza l'oste e cioè una cittadinanza che si risolva finalmente, almeno nella cabina elettorale, a dar vita ad una rivoluzione.

Post Scriptum. Con le Agenzie di rating che declassano l'Italia di due gradini, da A3 a Baa2, sulla base delle incertezze del quadro politico e le incognite che gravano sull'esito delle prossime elezioni, i 'mercati' hanno già deciso per chi e come deve votare il nostro Paese e ci intimano di farlo senza esitazioni. Quando si dice la dittatura della finanza e l'esproprio della democrazia.

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