"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

mercoledì 5 dicembre 2012

Più Bersani più belli. Ritratto dell'elettore del PD



Bersani ha vinto le primarie e tutti gli elettori di sinistra (che si considerano tali o che dicono di considerarsi tali) del centrosinistra possono tirare un sospiro di sollievo. Non ha avuto successo per il democristiano Renzi, almeno in questa occasione, il tentativo di OPA su quello che viene ancora considerato il maggiore partito della sinistra italiana.
Si potrebbe ragionare sui numeri delle primarie, sul dato di 4 milioni di elettori pompato per tutta la giornata del primo turno dai media di regime, con Repubblica in testa, ad indicare la 'straordinaria partecipazione popolare' poi ridottosi, e sarebbe tutto da verificare che non si tratti di dati ancora gonfiati, a 3 milioni circa, un milione in meno delle primarie che videro la designazione di Romano Prodi e non poteva essere altrimenti senza più il baubau Berlusconi, senza il coinvolgimento dell'opposizione più irriducibile ed antisistema, con la credibilità dei partiti ai minimi storici come dimostrato dai crescenti consensi del Movimento 5 Stelle e dall'astensionismo arrembante. 3 milioni di votanti, certo un numero comunque importante ma corrispondente a quello della nomina a segretario di Bersani e dunque sostanzialmente coincidente, nonostante Vendola e gli elettori di destra di Renzi, alla sola area di mobilitazione del PD.

Si potrebbe discettare, riguardo all'avventura di Vendola nelle primarie, del suo errore tattico (essersi candidato alle primarie avendo troncato ogni legame con la sinistra alternativa che era stata fondamentale nei successi di Pisapia, Doria, Zedda e per l'indicazione della sua candidatura a Presidente della Regione Puglia) e strategico (aver accettato la subalternità alla visione piddina di continuità e di sostegno alle politiche del governo Monti).
Oppure trovarvi la conferma, come è il mio caso, di sensazioni avute in passato e cioè che SEL era nata a seguito di un accordo con la nomenklatura del PD: coprirgli il fianco sinistro e depotenziare le opposizioni alternative e non malleabili in cambio di visibilità, di poter portare al governo degli enti locali propri esponenti e riacquisire poltrone in Parlamento, al Governo e nel sottogoverno.
La partecipazione alle primarie di Vendola dunque non come scelta avventata e sopravvalutando le proprie forze ma come adempimento di un patto contratto in passato pure a costo di dividere le già deboli forze dell'opposizione al montismo e al liberismo e pur sapendo di andare incontro ad una sconfitta sicura e alla più totale ininfluenza politica.
Si potrebbe ancora discutere, nonostante Vendola con il suo misero 15 per cento – nulla di più dei potenziali elettori di SEL calati dentro l'intero recinto del centrosinistra – abbia l'ardire di parlare di una svolta a sinistra realizzata attraverso la scelta di Bersani a candidato Premier, di quanto il centrosinistra intenda operare in discontinuità con l'esperienza del Governo Monti. E cioè quali risposte di sinistra possa offrire alle questioni del precariato, della povertà, della disoccupazione, delle modalità attraverso le quali lo Stato possa affrontare il problema del debito pubblico e la necessità di finanziare (e non smantellare) Stato sociale e politica industriale senza mettere sul lastrico i cittadini, rispetto alle controriforme del diritto del lavoro e delle pensioni, alle grandi opere inutili come la TAV, all'impegno in azioni di guerra all'estero in violazione della Costituzione.
E su questo, al di là delle chiacchiere e di generiche affermazioni di principio, non si può non rilevare – se si ha onestà di giudizio – la sostanziale e tragica conferma dell'agenda Monti.
Ma a me la cosa che interesserebbe di più sarebbe riuscire a capire in quali valori e principi crede e di quali categorie sociali è oggi espressione l'elettorato del Partito Democratico.
I consensi ricevuti da Renzi – cioè quello che viene da tutti considerato un moderato, un para-democristiano, un emulo di Berlusconi che ha giocato tutte le sue carte sull'immagine di giovane rinnovatore a fronte di contenuti generici e superficiali ma palesemente rivolti all'efficientamento della società liberista e capitalista - alle primarie, circa il quaranta per cento dei votanti e dunque considerati i voti per Vendola grosso modo la metà di militanti e simpatizzanti del PD, offrono una prima risposta.
Poi esiste l'altra metà della base del partito (i cui leader di riferimento sono, ricordiamolo, D'Alema, Fassino, Veltroni, la Bindi, Franceschini), quella che si considera di sinistra perché compra Repubblica, guarda Fabio Fazio e il TG3, si indigna con la Gabanelli, ride con la Litizzetto e Benigni, pensa che Napolitano sia il garante della Costuzione, magari continua a pubblicare sul proprio profilo facebook le frasi di Berlinguer, le canzoni di De Andrè, la foto di Che Guevara.
Si tratta di persone che sul piano dei valori e dei principi sono conquistate e travolte da paura, opportunismo e conformismo.
La paura di perdere la propria posizione sociale ed il proprio benessere economico e non si tratta evidentemente della condizione economico-sociale di operai, disoccupati, precari, poveri ma di un ceto piccolo-medio borghese di impiegati, quadri, professionisti, commercianti, imprenditori, burocrati, dirigenti di partito e di sindacato.
Ed è questo che li spinge ad accettare il ricatto del voto utile e del male minore: Bersani meno peggio di Renzi che è meno peggio di Monti che è meno peggio di Berlusconi in una corsa senza fine verso la mediocrità purchè sia difeso lo status quo.
L'opportunismo di chi – dirigenti politici e sindacali, titolari di imprese e amministratori di cooperative beneficiarie di appalti e sovvenzioni pubbliche – attende di cogliere i frutti, per sé e la propria cerchia familiare e amicale, della conquista del potere da parte dei propri referenti politici con il corollario di grandi speculatori finanziari e immobiliari che sanno di trovare nel PD un interlocutore 'affidabile'.
Il conformismo di non guardare al di là del proprio naso, di far finta di non vedere la miseria e la disperazione che li circonda e che dovrebbe essere alla base di ogni scelta politica di sinistra, di accontentarsi di un'informazione prona al sistema e al potere – economico, sociale, politico – senza alcuna curiosità intellettuale verso interpretazioni eretiche, verso ricostruzioni dei fatti che possano smentire le proprie certezze rassicuranti.
Si potrebbe concludere che il peggio della tradizione del PCI – la ragion di partito, il conformismo intellettuale, la disponibilità al compromesso morale anche con i peggiori avversari quando ritenuto vantaggioso sul piano dell'accrescimento del potere – si sia trasferito nel PD perdendo però tutte le idealità di trasformazione e di giustizia sociale.

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