Sbagliava chi, come Aldo
Giannuli, affermava che la candidatura di Monti nascesse dalla
scarsa fiducia dell'Europa nei confronti di Bersani (il suo partito è
nato dalla fusione di quelle forze politiche – i DS e la Margherita
– che hanno portato al Governo gli 'europeisti' e 'liberali' Prodi,
Ciampi, Padoa Schioppa, Amato e non ha alcuna intenzione di mettere
in discussione gli accordi europei in tema di finanza pubblica) o
dalla paura del 'comunista' Vendola. La svolta di Monti è tutta
interna alle ragioni della destra (e qui per destra e sinistra non
intendo due diverse visioni di società e di mondo ma la
rappresentazione partitica di due diversi blocchi di potere e di
interessi interni allo stesso sistema).
La destra europea ed è il PPE nel quale è importante la presenza
dei cristiano democratici tedeschi della Merkel che chiede a Monti di
candidarsi.
E la destra italiana del grande capitale e del Vaticano.
Gli obiettivi: indebolire la probabile vittoria del PD, nei confronti del
quale alcuni poteri forti italiani vogliono porsi in una posizione di
forza per contrattare le scelte di governo a favore di questa o
quella lobby e per fare ostruzionismo rispetto al riconoscimento di
diritti civili (unioni di fatto e di persone dello stesso sesso), e
soprattutto della conservazione di un ruolo politico importante per
Berlusconi, con le sue pulsioni antieuropeiste e antitedesche.
A fronte di queste pressanti richieste (che hanno avuto almeno il
merito di obbligarlo a confrontarsi con il consenso popolare e a non
limitarsi a 'succhiare la ruota' dei partiti) a cui evidentemente non
ha potuto dire di no, Monti sacrifica il ruolo di risorsa della
Repubblica che gli avevano assegnato Napolitano e il PD (in soldoni
prossimo Presidente della Repubblica o, male che fosse, prossimo
Ministro dell'Economia). C'è da stare certi peraltro che abbia
ricevuto in cambio del compito di riorganizzare la destra italiana
ampie rassicurazioni (futura nomina a Presidente del Consiglio
Europeo?) anche in caso di insuccesso elettorale.
Ha ragione, una volta tanto!, D'Alema a definire immorale la
scelta di chi, smentendo tutte
le dichiarazioni fatte nel corso dell'anno di governo e che ha
voluto per lungo tempo atteggiarsi a tecnico super partes (super
partes ovviamente rispetto ai partiti della sua maggioranza di
governo non nei confronti dei soggetti sociali verso cui erano
rivolti i provvedimenti di Governo che hanno perpetuato una lotta di
classe al contrario contro i ceti deboli), si dimostra degno dei più
bugiardi e inaffidabili dei politici.
Quello strano coagulo di forze che si costituisce sotto il suo
nome – il Vaticano, sindacalisti gialli, settori del grande
capitale (con il sostegno diretto o indiretto di Montezemolo, Della
Valle, Caltagirone, Marchionne), pezzi di vecchi partitocrazia e di
post fascisti che hanno governato con Berlusconi e che hanno goduto
del favore elettorale di ambienti contigui alla mafia (Cuffaro) –
appare dotato di una straordinaria potenza di fuoco e di illimitati mezzi
finanziari a disposizione per la campagna elettorale, espressione di
tanti dei poteri forti che hanno preso in ostaggio la democrazia
italiana, rappresentazione eclatante di tutti i possibili conflitti
di interesse, in grado di 'comprare' ogni cosa e chiunque (e la
sorprendente ritrosia della Lega ad allearsi con Berlusconi desta
a mio avviso qualche sospetto).
E se si dimostra ancora una volta la tragica inadeguatezza della
legge elettorale che toglie voce alle minoranze e rischia di
attribuire, in uno scenario in cui si confrontano almeno quattro proposte
a cui è attribuito un rilevante consenso (PD-SEL, Monti,
Berlusconi, Grillo), la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera a
chi raggiungerà al massimo il 35-40 per cento dei voti validi (e
dunque con una percentuale molto più bassa se rapportata al totale
degli aventi diritti al voto), merita qualche ulteriore riflessione
la natura della destra italiana.
Se, come diceva D'Alema, la destra rappresenta la maggioranza
degli italiani è tutto da dimostrare che le pulsioni individualiste
e anticomunitarie di ampi settori della società – le partite IVA,
la piccola impresa, coloro che alimentano il proprio benessere
attraverso l'economia in nero, l'evasione fiscale, gli abusi edilizi,
la violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro –
preferirà la proposta sobria ma evidentemente poco affascinante di
Monti, responsabile con la sua austerità di aver impoverito gran
parte degli italiani, rispetto a Berlusconi, sempre più screditato
ma che non demorde dal produrre illusorie e miracolose promesse di
tagli delle tasse.
Certo i poteri forti con in testa il Vaticano, dopo aver
ignominiosamente sostenuto per un ventennio Berlusconi, hanno
cambiato cavallo ma non è detto che saranno seguiti dalla destra
profonda e populista.
Di fatto il centro montiano sembra dunque destinato a rivolgersi
più all'elettorato del centrosinistra di Bersani che a quello della
destra berlusconiana.
Se è vero che l'Italia è un Paese a maggioranza di destra, le
destre però appaiono drammaticamente sovrarappresentate e
sovradimensionate rispetto alla reale composizione sociale e alle
sensibilità ideali e ai valori degli italiani. Il prossimo
Parlamento sembra essere destinato – tra Berlusconi, Lega, Monti,
l'ampia componente moderata e di provenienza democristiana del PD –
ad avere un carattere esplicitamente moderato, classista e
conservatore con il solo contraltare di una dirigenza del PD da
sempre abituata a svendere al migliore offerente i diritti e gli
interessi dei lavoratori e dei ceti popolari.
Tenendo conto che lo stesso Grillo, pur in opposizione al
'sistema', non rinuncia a cavalcare argomenti attraverso cui
guadagnare il consenso degli elettori di destra, per chi sostiene le
ragioni della sinistra, per chi intende dare una rappresentanza
politica ai più deboli e ai senza voce, per chi vuole lottare per un
nuovo modello di società e non dare per scontati e ineluttabili i
diktat dell'Europa della finanza, sarà difficile non prendere in
considerazione la lista di Rivoluzione
Civile e la candidatura di Ingroia.
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