"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

domenica 30 dicembre 2012

Monti, l'Europa, le destre




Sbagliava chi, come Aldo Giannuli, affermava che la candidatura di Monti nascesse dalla scarsa fiducia dell'Europa nei confronti di Bersani (il suo partito è nato dalla fusione di quelle forze politiche – i DS e la Margherita – che hanno portato al Governo gli 'europeisti' e 'liberali' Prodi, Ciampi, Padoa Schioppa, Amato e non ha alcuna intenzione di mettere in discussione gli accordi europei in tema di finanza pubblica) o dalla paura del 'comunista' Vendola. La svolta di Monti è tutta interna alle ragioni della destra (e qui per destra e sinistra non intendo due diverse visioni di società e di mondo ma la rappresentazione partitica di due diversi blocchi di potere e di interessi interni allo stesso sistema).
La destra europea ed è il PPE nel quale è importante la presenza dei cristiano democratici tedeschi della Merkel che chiede a Monti di candidarsi.
E la destra italiana del grande capitale e del Vaticano.
Gli obiettivi: indebolire la probabile vittoria del PD, nei confronti del quale alcuni poteri forti italiani vogliono porsi in una posizione di forza per contrattare le scelte di governo a favore di questa o quella lobby e per fare ostruzionismo rispetto al riconoscimento di diritti civili (unioni di fatto e di persone dello stesso sesso), e soprattutto della conservazione di un ruolo politico importante per Berlusconi, con le sue pulsioni antieuropeiste e antitedesche.
A fronte di queste pressanti richieste (che hanno avuto almeno il merito di obbligarlo a confrontarsi con il consenso popolare e a non limitarsi a 'succhiare la ruota' dei partiti) a cui evidentemente non ha potuto dire di no, Monti sacrifica il ruolo di risorsa della Repubblica che gli avevano assegnato Napolitano e il PD (in soldoni prossimo Presidente della Repubblica o, male che fosse, prossimo Ministro dell'Economia). C'è da stare certi peraltro che abbia ricevuto in cambio del compito di riorganizzare la destra italiana ampie rassicurazioni (futura nomina a Presidente del Consiglio Europeo?) anche in caso di insuccesso elettorale.

Ha ragione, una volta tanto!, D'Alema a definire immorale la scelta di chi, smentendo tutte le dichiarazioni fatte nel corso dell'anno di governo e che ha voluto per lungo tempo atteggiarsi a tecnico super partes (super partes ovviamente rispetto ai partiti della sua maggioranza di governo non nei confronti dei soggetti sociali verso cui erano rivolti i provvedimenti di Governo che hanno perpetuato una lotta di classe al contrario contro i ceti deboli), si dimostra degno dei più bugiardi e inaffidabili dei politici.
Quello strano coagulo di forze che si costituisce sotto il suo nome – il Vaticano, sindacalisti gialli, settori del grande capitale (con il sostegno diretto o indiretto di Montezemolo, Della Valle, Caltagirone, Marchionne), pezzi di vecchi partitocrazia e di post fascisti che hanno governato con Berlusconi e che hanno goduto del favore elettorale di ambienti contigui alla mafia (Cuffaro) – appare dotato di una straordinaria potenza di fuoco e di illimitati mezzi finanziari a disposizione per la campagna elettorale, espressione di tanti dei poteri forti che hanno preso in ostaggio la democrazia italiana, rappresentazione eclatante di tutti i possibili conflitti di interesse, in grado di 'comprare' ogni cosa e chiunque (e la sorprendente ritrosia della Lega ad allearsi con Berlusconi desta a mio avviso qualche sospetto).
E se si dimostra ancora una volta la tragica inadeguatezza della legge elettorale che toglie voce alle minoranze e rischia di attribuire, in uno scenario in cui si confrontano almeno quattro proposte a cui è attribuito un rilevante consenso (PD-SEL, Monti, Berlusconi, Grillo), la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera a chi raggiungerà al massimo il 35-40 per cento dei voti validi (e dunque con una percentuale molto più bassa se rapportata al totale degli aventi diritti al voto), merita qualche ulteriore riflessione la natura della destra italiana.
Se, come diceva D'Alema, la destra rappresenta la maggioranza degli italiani è tutto da dimostrare che le pulsioni individualiste e anticomunitarie di ampi settori della società – le partite IVA, la piccola impresa, coloro che alimentano il proprio benessere attraverso l'economia in nero, l'evasione fiscale, gli abusi edilizi, la violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro – preferirà la proposta sobria ma evidentemente poco affascinante di Monti, responsabile con la sua austerità di aver impoverito gran parte degli italiani, rispetto a Berlusconi, sempre più screditato ma che non demorde dal produrre illusorie e miracolose promesse di tagli delle tasse.
Certo i poteri forti con in testa il Vaticano, dopo aver ignominiosamente sostenuto per un ventennio Berlusconi, hanno cambiato cavallo ma non è detto che saranno seguiti dalla destra profonda e populista.
Di fatto il centro montiano sembra dunque destinato a rivolgersi più all'elettorato del centrosinistra di Bersani che a quello della destra berlusconiana.
Se è vero che l'Italia è un Paese a maggioranza di destra, le destre però appaiono drammaticamente sovrarappresentate e sovradimensionate rispetto alla reale composizione sociale e alle sensibilità ideali e ai valori degli italiani. Il prossimo Parlamento sembra essere destinato – tra Berlusconi, Lega, Monti, l'ampia componente moderata e di provenienza democristiana del PD – ad avere un carattere esplicitamente moderato, classista e conservatore con il solo contraltare di una dirigenza del PD da sempre abituata a svendere al migliore offerente i diritti e gli interessi dei lavoratori e dei ceti popolari.
Tenendo conto che lo stesso Grillo, pur in opposizione al 'sistema', non rinuncia a cavalcare argomenti attraverso cui guadagnare il consenso degli elettori di destra, per chi sostiene le ragioni della sinistra, per chi intende dare una rappresentanza politica ai più deboli e ai senza voce, per chi vuole lottare per un nuovo modello di società e non dare per scontati e ineluttabili i diktat dell'Europa della finanza, sarà difficile non prendere in considerazione la lista di Rivoluzione Civile e la candidatura di Ingroia.

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