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Realizzazione artistica di Luca Peruzzi |
Dopo le dimissioni di Berlusconi nel
novembre del 2011, nel pieno dell'esplosione del ricatto dello
spread, quello che ci fu detto – da Napolitano, dal PD, dalla
stragrande maggioranza di televisioni e giornali – era che non si
poteva andare a votare subito e nemmeno dopo qualche mese: perché
c'erano le scadenze dei rinnovi dei titoli di Stato, perché era
assolutamente indispensabile cambiare la legge elettorale, perché
bisognava fare le “riforme che l'Europa ci chiede”.
Bersani a chi lo invitava a chiedere le
elezioni anticipate che avrebbero definitivamente cancellato
Berlusconi, ai minimi storici di credibilità e consenso, rispondeva
di non poter costruire il suo successo sulle macerie del Paese.
La verità è che Napolitano e il PD
scelsero di affrontare la crisi “da destra”: con Monti e insieme
a Berlusconi. La cura imposta dal grande capitale e dalla Troika
(BCE, Commissione Europea, FMI), colpevolmente accettata dal PD di
Bersani e di cui si fece garante Napolitano, era quella
dell'austerità e delle riforme antisociali (articolo 18, pensioni)
affidata a Monti. Coerentemente a questa scelta, ossequiosa dei
desiderata del grande capitale e di Napolitano, il PD avrebbe escluso
dalla coalizione con cui si sarebbe candidato alle elezioni per
prendere la guida del Paese le voci scomode o di estrema sinistra (Di
Pietro, Ingroia, Rifondazione Comunista).
Attorno all'ex rettore della Bocconi,
nominato sorprendentemente ed immeritatamente Senatore a vita, e ai
membri del suo Governo fu costruita per qualche tempo dal mainstream
informativo l'immagine dei salvatori della patria, di chi ci
restituiva prestigio in Europa e nel mondo, della virtuosa sobrietà
da contrapporre ai comportamenti sciamannati dei berluscones. Ma dopo
la fase iniziale dell'esaltazione per il loden di Monti e per le
lacrime di coccodrillo della Fornero è bastato ben poco per rendersi
conto – attraverso le gaffes, le bestialità tecniche (si pensi al
problema degli esodati creato con la riforma delle pensioni) e
l'arroganza dei Martone, dei Polillo, della Cancellieri, degli stessi
Monti e Fornero - della mediocrità e della miseria intellettuale dei
supertecnici. La gestione, da parte del ministro degli Esteri Terzi,
della questione dei marò arrestati in India è l'inevitabile epilogo
di una vicenda in cui a dei peracottari era stata attribuita la
patente di esperti.