"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

domenica 28 giugno 2009

I numeri per capire l'Italia

Per chi pensa che siano dei marziani coloro che parlano di un Paese ormai ostaggio di mafie-massonerie e fascismi.
Per chi giudica un buffone sguaiato e cialtrone Beppe Grillo quando denuncia il potere delle caste.
Per chi ritiene Marco Travaglio un moralista interessato. Per chi non riesce a capire Antonio Di Pietro e la sua 'ossessione' per la legalità invitiamo a leggere e a ragionare su alcune cifre.

La Corte dei Conti valuta in 50-60 miliardi di euro il danno per lo Stato derivante dalla corruzione e in almeno 100 miliardi di euro le entrate sottratte all'Erario con l'evasione fiscale.

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2009/06/corte-conti-corruzione-rendiconto-generale-stato.shtml?uuid=c28cce06-616d-11de-9575-32a4fea0782f&DocRulesView=Libero

Il fatturato delle mafie viene invece valutato dall'Eurispes in 130 miliardi di euro.

http://www.antimafiaduemila.com/content/view/12664/84/

Si tratta di cifre imponenti. Certo in parte sovrapponibili (parte della corruzione è anche parte del fatturato delle mafie e parte dell'evasione fiscale) e in ogni caso rappresentano delle stime. Ma l'autorevolezza delle fonti da cui provengono dà un'idea realistica della dimensione dell' “illegale in Italy”.
Tali fenomeni si affiancano e si completano con altre forme di degenerazione della vita nazionale, tessere che vanno a comporre il mosaico dell'emergenza italiana.
I cosiddetti costi della politica. Non la legittima contribuzione dello Stato ai costi della democrazia, premessa indispensabile perché la politica non sia esclusivo appannaggio dei ricchi, ma pensiamo a quella pletora di rappresentanti (nazionali e locali) e ai loro ingiusti privilegi, al personale politico ad essi legato, all'occupazione partitica dei ruoli di sottogoverno (enti e aziende pubbliche nazionali e locali) e delle istituzioni culturali quali Università, Rai e giornali, ad un'inutile stampa di partito.
Il costo per lo Stato Italiano del Vaticano, tra contribuzioni derivanti dall'otto per mille, finanziamento alle scuole cattoliche, esenzione ici e altro (valutato in circa 4 miliardi e mezzo di euro l'anno).
Le inefficienze della pubblica amministrazione e i tempi biblici della giustizia.
Le situazioni di distorsione 'legale' del mercato, cioè quelle situazioni e quei provvedimenti formalmente legittimi ma che vanno a vantaggio non della collettività ma di particolari lobbies (si pensi al ruolo che rivestono nella politica economica italiana l'industria petrolifera e quella automobilistica).
La tradizione italiana di familismo e di umiliazione del merito, l'abitudine a favorire nella gestione della cosa pubblica i propri amici e parenti e gli amici e i parenti dei potenti.
Ultima ma non meno importante l'assenza di un libero sistema informativo.
L'insieme di quanto elencato, la somma, non solo monetaria, di quanto viene sottratto alla comunità e al legittimo uso delle risorse pubbliche, al libero dispiegarsi dei talenti è tale da impedire qualunque seria politica sociale, di sviluppo economico e di progresso culturale.
E contemporaneamente, non meno grave, tutto questo rappresenta una forma di gravissimo deterioramento della vita pubblica, di distorsione del libero mercato, di imposizione di valori distorti e immorali, di mortificazione delle singole capacità individuali, di condizionamento dei comportamenti quotidiani di tutti. E' alla radice di un Paese bloccato, agonizzante e senza speranze.
Come non pensare che la massa di persone che gravita intorno a questo mostruoso intreccio di parassitismi influisca in modo decisivo anche sui destini politici di questo paese?
Come non pensare che il consenso di Berlusconi nasca in una parte non trascurabile da questo mondo?
Come non pensare che la vera debolezza del PD (e prima del PDS-DS) nasca dal non aver combattuto in modo veramente deciso questi fenomeni?
E allora come non pensare che la salvezza dell'Italia passa anzitutto dal combattere e sconfiggere questo sistema?

Dal Mondo per l'Iran

di Gianluigi Di Blasi

venerdì 26 giugno 2009

Stamane
mi trovavo a fare il solito giro sul web a caccia di notizie, di informazioni utili, di fatti e voci,
sinchè,
tra le morti di Michael Jackson e Farrah Fawcett, il PIL italiano diretto verso il -5% (nonostante Tremonti non voglia se ne parli), la versione di Cicerone al classico con gli assi cartesiani a fargli compagni dallo scientifico, l'incendio con parvenza intimidatoria dell'auto della Montereale (http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/daassociare/visualizza_new.html_992421004.html), le vacue schermaglie all'interno del PD e la tensione Mondo vs. Ahmadinejad&Khamenei...
proprio in un blog iraniano (http://shooresh1917.blogspot.com/), tra i terribili aggiornamenti del bollettino di guerra, ho trovato anche la voce che cercavo...
una lettera per la democrazia datata 25 Giugno,
a mio avviso, da diffondere il più possibile e che dice pressapoco così:

"Questa mattina, l'ayatollah Ali Khamenei ha chiesto la fine delle massicce dimostrazioni di forte protesta contro il risultato delle elezioni della scorsa settimana. Egli ha sostenuto che fare delle concessioni per esigenze popolari e 'illegale'. la pressione è pari a una forma di 'dittatura', e ha ammonito il manifestanti che, piuttosto che le forze di polizia, sarebbero stati ritenuti responsabili per qualsiasi ulteriore violenza.

le argomentazioni di Khamenei suonanoi familiari a chiunque sia interessato di politica di azione collettiva, in quanto sembra basarsi sulla logica utilizzata da parte delle autorità statali di opporsi alla maggior parte delle grandi mobilitazioni popolari dei tempi moderni, in Francia dal 1789 al 1979 in Iran stessa. Queste mobilitazioni hanno preso forma attraverso una lotta per affermare il principio che la sovranità spetta al popolo, piuttosto che con lo Stato o dai suoi rappresentanti. 'Nessun governo può giustamente rivendicare autorità', così i militanti del Sudafrica ANC hanno scritto nella loro Carta delle liberazione del 1955, 'a meno che non si basi sulla volontà di tutto il popolo.'

Inutile dire che spetta al popolo iraniano di determinare il proprio corso politico.
Gli osservatori stranieri, ispirati al coraggio dei dimostranti iraniani di questa settimana, tuttavia, hanno il diritto di ricordare che un governo che pretende di rappresentare la volontà del suo popolo può farlo solo se rispetta le più elementari condizioni per la determinazione di una tale volontà : la libertà delle persone di riunirsi, senza ostacoli, come una forza collettiva. e la capacità delle persone, senza limitazioni sulla discussione o l'accesso alle informazioni, di deliberare, decidere e attuare un piano d'azione.

Anni di sponsorizzazioni straniere di 'promozione della democrazia' in varie parti del mondo hanno contribuito a diffondere un ben fondato scetticismo circa i movimenti civili che sostengono una sorta di legittimazione democratica. Ma il principio stesso rimane chiaro come sempre: solo il popolo è in grado di determinare il valore di tali crediti. Noi, i sottoscritti invitano il governo iraniano a non compiere alcuna azione che potrebbe scoraggiare tale determinazione. (qui la lettera in inglese: http://shooresh1917.blogspot.com/2009/06/open-letter-of-support-to-demonstrators.html ...perdonate la mia traduzione pedestre, ma ho ritenuto importante fare passare il messaggio)

questa lettera
è già stata firmata in tutto il mondo da docenti, medici, politici, studenti, operai, cittadini!!!
è indubbio
che il Governo Iraniano non leggerà nè ascolterà l'appello qui esposto, ma altrettanto
è indubbio
che il popolo iraniano ha bisogno di tutto il nostro sostegno. se è vero che non possiamo mollare tutto e tutti per partire alla volta di Teheran, è vero anche che abbiamo la possibilità di fargli sentire il nostro conforto, il nostro sostegno, la nostra solidarietà.
è un popolo che si batte per la libertà!

riflessioni:
un partigiano spiega cosa significhi combattere per la libertà: http://www.youtube.com/watch?v=UGiFA_EsQu4
e Camilleri si supera ancora una volta: http://video.unita.it/?video=1152

"per quanto lunga possa essere una notte,
non potrà mai impedire al Sole di tornare a risplendere"
(J. Morrison)

p.s.
dallo stesso blog, una nota dai medici dell'ospedale: http://shooresh1917.blogspot.com/2009/06/letter-from-tehran-hospital.html ...in cui denunciano la sottrazione dei cadaveri da parte delle forze di Polizia, con ciò la crescente incertezza sul numero reale delle vittime, così come sulla la loro identità, oltre al dolorosissimo dato che tra le vittime ci son molti ragazzi tra i 15 e 16 anni!

sabato 27 giugno 2009

Incontro con Gioacchino Genchi il 3 luglio a Roma


Conferenza:
Viaggio storico nel paese,
da culla del diritto a covo dell'illegalità

Quando: 3 luglio 2009 17.00

Dove:
Sala Consiliare Municipio XI
V. Benedetto Croce 50







Gli Amici di Beppe Grillo di Roma organizzano una conferenza sulla legalità e sullo stato della giustizia nel nostro paese (argomento oggi più che mai di stretta attualità).

Interverranno come relatori:

Gioacchino Genchi - funzionario della Polizia di Stato, consulente per le inchieste Why Not, omicidio Borsellino
Gianni Lannes - giornalista freelance, collaboratore de L'Espresso e La Stampa
Christian Abbondanza - presidente Casa della Legalità di Genova

Saranno in collegamento via skype Luigi De Magistris e Salvatore Borsellino.

L'incontro ed il successivo dibattito pubblico vogliono sottolineare l'evidente retromarcia compiuta dal nostro paese nella lotta all'illegalità, nella tutela reale del cittadino, nella sicurezza.

Ti aspettiamo il giorno 03/07/2009 alle ore 17.00 presso la a Sala Consiliare dell'XI Municipio in Via Benedetto Croce a Roma.

Ulteriori informazioni:
http://www.meetup.com/Grilli/it/calendar/10732845/

Dopo la conferenza seguirà una cena con i relatori e gli organizzatori, se vuoi partecipare anche tu, chiama entro il giorno 2/7/09 il numero 349.3941630 - Solidea

http://www.facebook.com/event.php?eid=101592260193&ref=mf

mercoledì 24 giugno 2009

Per riflettere

di Gianluigi Di Blasi

Io vorrei non vorrei ma se vuoi...
su queste notizie bisogna riflettere...
iniziamo dal Gossip, come lo chiamano impropriamente i suoi Bravi e poi passiamo a qualcosa di più serio!

1. Berlusconi
attacca l'inchiesta di Bari: "La D'Addario pagata contro di me": http://www.repubblica.it/2009/06/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-10/berlusconi-divorzio-10/berlusconi-divorzio-10.html ...come stupirsi? c'è sempre un complotto dietro le vicende che negli anni han coinvolto Don Silvio: http://www.unita.it/rubriche/Travaglio/2009/06/23 ...intanto, mentre accade tutto questo, Don Silvio ci mostra il manifesto del suo liberismo: http://ilmiopaesealtrove.blogspot.com/2009/06/la-piazza-e-di-tutti-non-lha-comprata.html


forse forse, però, al di là di ciò che dice il neo-fido Minzolini, non è gossip: http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=2280935 ... e lo spiega benissimo un Ordinario di Diritto Costituzionale: http://ilmiopaesealtrove.blogspot.com/2009/06/spagna-el-pais-risponde-silvio.html ...se non bastasse, chiedere direttamente a Bill Clinton se questo è gossip!

2. Immigrati,
il deliro va avanti sereno: http://www.unita.it/news/interni/85840/giudici_spia_antiimmigrati ...intanto, però, uno di loro: http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo453154.shtml ...e noi? noi nel 2009 facciamo cose del genere: http://napoli.repubblica.it/dettaglio/difende-lamico-gay-pestata/1658656 ...complimenti!

3. Cronaca,
Orrore davanti a un asilo milanese, accoltellata con il bimbo in braccio: http://www.repubblica.it/2009/06/sezioni/cronaca/donna-accoltellata/donna-accoltellata/donna-accoltellata.html ...non ci resta che sperare che il Vespino non la trasformi nella nuova Cogne!

4. dopo la bicamerale,
un nuovo tentativo di decidere tutto inter amicos: http://temi.repubblica.it/micromega-online/230609-italiadecide-cosa/ ...intanto al Copasir riemerge l'uso improprio di telefonini a tariffe super agevolate da parte di amici o collaboratori degli eletti: http://www.repubblica.it/2009/06/sezioni/politica/richieste-senatori/richieste-senatori/richieste-senatori.html ...poche settimana fa, Ministri inglesi di son dimessi per molto meno!

5. Iran,
la censura è di marca occidentale: http://www.corriere.it/esteri/09_giugno_22/iran_censura_internet_olimpio_abf15450-5f38-11de-bd53-00144f02aabc.shtml ...Obama alza la voce: "Violati i diritti umani": http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=43&ID_articolo=1327&ID_sezione=58&sezione= ...ed a questo link notizie utili su come e dove poter seguire in diretta gli eventi: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/200906articoli/44873girata.asp

sui brogli, Il regista Makhmalbaf: non sono stati brogli ma un vero colpo di Stato
http://www.ilmessaggero.it/articolo_app.php?id=19201&sez=HOME_NELMONDO&npl=&desc_sez= ...e dal sito di Mussavi qualche dettaglio più preciso: http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/mondo/news/2009-06-24_124349822.html


"Son morto ch'ero bambino
son morto con altri cento
passato per un camino
e adesso sono nel vento.
Ad Auschwitz c'era la neve
il fumo saliva lento
nei campi tante persone
che ora sono nel vento.
Nei campi tante persone
ma un solo grande silenzio
Che strano non ho imparato
a sorridere qui nel vento.
Io chiedo come può un uomo
uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni
in polvere qui nel vento.
Ancora tuona il cannone
ancora non è contenta
di sangue la bestia umana
e ancora ci porta il vento.
Io chiedo quando sarà
che un uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare
e il vento si poserà
e il vento si poserà"
(contano i Nomadi, testo di Guccini: http://www.youtube.com/watch?v=ftmhnUgrBwg)

mi chiedo e vi chiedo:
ma dobbiamo necessariamente arrivare a questo livello?
quante volte ci siamo sentiti dire: prevenire è meglio che curare!
è indubbio che il regime iraniano non è paragonabile a quanto, seppur di gravissimo, avviene in Italia,
ma è necessario arrivare a quei livelli per alzare la testa?
ci devono togliere proprio tutte le libertà e garanzie costituzionali prima di trovare la forza di dire a gran voce le cose che come stanno?
prima di dire a gran voce che la mafia ci governa impunemente (1), prima di dire a gran voce che il modello P2 continua a trovare applicazione (2), prima di dire a gran voce che il Presidente della Repubblica non è adeguato al suo difficile mandato in questo difficile momento storico (3), prima di dire a gran voce che una vera opposizone politica è praticamente inesistente, prima di dire a gran voce che il Paese, come il Presidente Papi, sta andando letteralmente a put...?

"c'è stato un periodo in cui le manifestazionei di piazza sono state tante, dopo le stragi soprattutto ma anche in difesa della giustizia, ci son state manifestazioni di piazza affollatissime, i cittadini e le cittadine si assumevano la propria responsabilità e la manifestavano apertamente mettendoci la faccia, mettendoci tutto se sstessi. poi c'è sttao un periodo ni cui tutto questo sembrava fosse passato come se non fosse più necessario. come se quasi si fosse raggiunta una maturità che rendesse superfluo scendere in piazza oppure peggio che lo rendesse inutile, vano, che non ci si credesse fino in fondo. è come se a poco a poco si fossero spenti gli entusiasmi il senso della partecipazione vera! ... anch'io avevo pensato che le manifestazioni fossero inutili, che ormai fosse tempo di operare ed agire in maniera diversa ma non è così! io in questi giorni l'ho detto e l'ho ripeturo più di una volta, oggi è tornato il tempo, purtroppo è tornato il tempo che bisogna esserci di persona. che bisogna esserci con la propria faccia che non si può più delegare a nessuno il proporio impegno personale, che bisogna confrontare che quell'impegno che noi abbbiamo anche delegato a qualcuno, venga portato avanti così come noi vogliamo, così cme abbiamo chiesto, così come abbiamo scelto. invece oggi è più che mai necessari esserci di persona, esserci in prima persona, perchè quello che sta accadendo io credo che sia altrettanto grave di quello che accadde negli anni '90, nel '92 nel '93, quando c'era una parte cospicua del Paese che subiva le scelte di fatti traumatici e traumatizzanti. oggi tutto questo accade ed è un governo a compiere certe scelte è un governo a compiere certi atti, è un goveno che rischia di vanificare tante conquiste che, noi, noi cittadine e cittadini abbiamno guadagnato col nostro impegno con la nostra pressenza costante con la nostra attenzione, quando si parlava di calo di tensione era calo di attenzione e se si è matenuto e si è riuscito a manternere è perchè noi c'eravamo. perchè c'eravamo uno a uno e tutti insieme, al di là degli steccati al di là anche delle differenze, perchè ci son delle cose che son al di sopra di tutto e di tutti, perchè ci son dei valori assoluti che non pessono non possone cedere davanti a nulla, il valore della giustizia il valore della solidarietà, tutto questo oggi viene calpestato, viene considerato fuorni moda viene considerato quasi nocivo (8 luglio 2008, Rita Borsellino...video completo su: http://tv.repubblica.it/copertina/no-cav-day-rita-borsellino/21991?video)

"Siate voi il cambiamento che volete nel mondo" (Gandhi)

(1) M. Travaglio: http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/post/2262988.html
(2) L. Chiavetta: http://www.articolo21.info/4943/editoriale/piano-di-rinascita-democratica-manca-solo-il.html
(3) B. Tinti: http://toghe.blogspot.com/2009/06/limparzialita-del-presidente.html
G. Di Blasi: http://chiarelettere.gruppi.ilcannocchiale.it/?t=post&pid=2281775

martedì 23 giugno 2009

Domenica 28 giugno h 10,00

Organizzatore: RIUNIAMO TUTTI ''I GRUPPI DI SINISTRA SU FACEBOOK''

http://www.facebook.com/event.php?eid=85634237861

Un fiore per la libertà

Data: domenica 28 giugno 2009 Ora: 10.00 - 11.00

Luogo: presso il municipio della tua città.

Il 28 giugno alle 10 ci troveremo nelle piazze, davanti ai municipi, a portare un fiore. Ma chi saremo? Saremo semplicemente dei cittadini che testimonieranno una volontà, un desiderio, che nel nostro paese vi sia una democrazia compiuta. Dei cittadini che ritengono che il patto sancito tra i cittadini e i propri rappresentati, la Carta costituzionale, sia da difendere e da attuare..
Cittadini appartenenti, alcuni, alle formazioni della sinistra, altri semplicemente “cittadini”. La singolarità e l'importanza di questa azione sta nella sua “autoconvocazione”. Non l'ennesimo momento di conteggio delle presenze da parte delle varie forze politiche per dimostrare la propria forza, più ai potenziali alleati che agli avversari. Nemmeno una azione di anti-politica. Anzi. E' in realtà un gesto per dimostrare che le sinistre di questo paese possono/devono dialogare. Che c'è un popolo che forse alla sinistra ha tante critiche da fare ma ne condivide i principi, l'etica. Una popolazione laica, composta da cattolici, islamici, atei, buddisti ecc.. che ritiene il proprio agire come un atto dovuto alla democrazia del nostro paese. Un appuntamento “libero” senza distinguo identitari, per testimoniare che se siamo una nazione nata dai valori della resistenza partigiana ad una dittatura, ne abbiamo ancora gli anticorpi, siamo ancora capaci di muoverci, senza capibastone, non siamo inebetiti dagli spot televisivi che ci dicono “va tutto bene, esci e compra”. Siamo vivi. E pensiamo, e ci preoccupiamo e siamo capaci anche di unirci per qualcosa di importante come la libertà di informazione, e ancora di più la libertà di pensiero.Movimenti, partiti e altro forse temono queste cose, o ancor peggio attendono perché queste cose non riescano, perché queste cose obbligano le strutture, i partiti, a tener conto delle persone, ad uscire dagli apparati, a dialogare veramente con il “territorio”. Chiedo dunque a tutti di dare massima pubblicità a questo evento. Passando parola, stampando 10 fogli e mettendoli dove possibile, spedendo e mail...ogni atto, ogni azione che permetta a questa manifestazione di riuscire, sarà un'azione che potrà riunire le forze progressiste ed ambientaliste di questo paese...perché difendere la democrazia e la costituzione sono i primi passi per riprenderci la Politica del nostro paese ….
Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

domenica 21 giugno 2009

I cattolici e Berlusconi

Mi sono sempre chiesto, da credente, cattolico per tradizione familiare (l'ideale di un cattolicesimo generoso, solidale, tollerante, umano, per intenderci quello di San Francesco, di Giovanni XXIII, di Don Milani), come possano le destre e Berlusconi ottenere consenso nel mondo cattolico, sia tra i fedeli che nelle gerarchie ecclesiastiche.

Alcune risposte le ho trovate nel dialogo su Il Foglio di qualche giorno fa tra Luigi Manconi e Giuliano Ferrara

http://www.ilfoglio.it/soloqui/2657


Scrive Manconi “esiste, deve esistere, una qualche apprezzabile affinità (se non coerenza) tra stile di vita personale e messaggio pubblico?
Contrariamente a quanto si crede, la risposta della Chiesa cattolica è sempre stata negativa: no, non è lo stile di vita, i comportamenti privati, le relazioni domestiche che qualificano il “buon cristiano” impegnato in politica. Sono solo ed esclusivamente le sue “opere”: in altre parole, e in estrema sintesi, le leggi che produce. Sotto questo profilo, resta decisiva una intervista di Camillo Ruini risalente ormai a un decennio fa: in quella circostanza, fu nettissima la distinzione tra attività politica e legislativa e opzioni private, tracciata dall’allora presidente della Cei: e fu altrettanto chiara l’indicazione di come fosse la prima a qualificare l’identità cristiana dell’uomo pubblico. Non stupisce: per la Chiesa l’uomo è naturaliter peccatore e, dunque, la sua fallibilità (la “debolezza della carne”) è un dato storico e teologico che si mette nel conto e che va affrontato e risolto con una adeguata vita sacramentale: in questo caso, col ricorso a quel sacramento della confessione che è parte integrante dell’esperienza del cristiano.”
E' dunque, secondo Manconi, la scissione tra i principi e i valori che vengono proclamati pubblicamente e gli effettivi comportamenti personali per i quali, nel caso, il fedele o il politico si rivolgerà a Dio e al confessore, ciò che contraddistingue la Chiesa cattolica. Vizi privati e pubbliche virtù, l'istituzionalizzazione dell'ipocrisia che peraltro può essere mantenuta solo fino a quando i vizi privati rimangano nascosti e occultati.
Condivido.
Così si spiega la finanza vaticana dei Marcinkus, Calvi e Sindona, l'appoggio ad un Giulio Andreotti assolto dal reato di mafia solo per l'intervenuta prescrizione, la sepoltura come fosse un santo di un boss della banda della magliana in una basilica, i silenzi e la tolleranza all'interno della chiesa sulla pedofilia. Le opere prevalgono sullo stile di vita. Le opere che evidentemente recano giovamento alla gerarchia ecclesiastica.
Nella stessa logica si pone anche l'editoriale di Gianfranco Marcelli sull'Avvenire, il quotidiano dei Vescovi,
http://www.avvenire.it/Commenti/Veleni+e+sospetti+La+catena+delle+non+chiarezze_200906190815329300000.htm

Tralasciando l'ilarità che suscita la scoperta da parte dell'Avvenire dei comportamenti di Berlusconi, e senza che si tenga in alcun conto la valenza anti-cristiana delle sue tv (pubbliche e private) e della sua azione di governo, l'editoriale viene citato a sproposito come segno del distinguo e della critica nei confronti di Berlusconi. Rappresenta in realtà un'ulteriore conferma della scissione tra valori cristiani e politica che opera la Chiesa.

“E se anche non fosse possibile eliminare ogni ombra, perché ad esempio su alcune questioni il bandolo della matassa è in mano alla magistratura, si pongano almeno i presupposti per evitare ulteriori stillicidi di chiacchiere e di tempeste mediatiche. Senza illudersi che l’efficienza dell’azione di governo possa far premio, sempre e comunque, sui comportamenti privati.”

Traduco: Berlusconi va benissimo in termini politici (nonostante la social card, l'assenza di interventi sulla crisi economica, i respingimenti, ecc.ecc.), dovrebbe essere solo più efficace nel tutelare la propria immagine pubblica.

La stessa contraddittorietà vale ancor di più per il singolo fedele. Non è necessaria la testimonianza in politica e nella vita privata dei valori cristiani, è sufficiente l'adesione ai dettami della Chiesa per salvare la propria anima e dunque, in politica, a quei partiti che ad essa fanno riferimento. Gli stessi partiti che magari contemporaneamente accarezzano gli istinti profondi di quell'elettore, come l'odio per lo straniero e l'idea di un'economia senza regole.
E per quanto riguarda la logica delle opere in termini legislativi ciò che le gerarchie ecclesiastiche richiedono veramente (essendo anche loro dei peccatori che potranno ricorrere al sacramento della confessione ...) non è la testimonianza del messaggio cristiano di stare dalla parte dei più deboli, dei poveri, dei malati, dei disabili, della giustizia, di consentire ai giovani di formare una famiglia e alle famiglie di poter vivere decorosamente ma leggi che tutelino i propri interessi ed il proprio potere.
Leggi che tutelino i propri interessi economici ed il proprio potere nei settori della scuola privata, della sanità, dell'edilizia e la propria vocazione sessuofobica che 'obbligando' i cattolici a peccare determini in loro il senso di colpa e li ponga in stato di dipendenza psicologica nei confronti della gerarchia ecclesiastica.

sabato 20 giugno 2009

Un referendum inutile, pericoloso, dannoso e velleitario

Dico anch'io la mia sul referendum dopo gli ottimi interventi che mi hanno preceduto su questo blog:

http://veritaedemocrazia.blogspot.com/2009/06/referendum-il-cetriolo-siamo-noi.html

http://veritaedemocrazia.blogspot.com/2009/05/la-mia-opinione-sul-referendum.html

http://veritaedemocrazia.blogspot.com/2009/05/referendum-dubbi-e-preoccupazioni.html

A mio avviso si tratta di un referendum inutile, pericoloso, dannoso e velleitario.

Inutile perché non riguarda nessuno dei tre elementi che rendono porcata la legge elettorale Calderoli:

l'attribuzione del premio di maggioranza in assenza di una percentuale minima di voti da raggiungere (e in questo senso peggiore della fascista legge Acerbo del 1923);
l'esistenza di due diversi criteri di attribuzione del premio di maggioranza tra Camera (su base nazionale) e Senato (su base regionale) che rende non improbabile l'eventualità di diverse maggioranze nelle due Camere e dunque di una situazione di ingovernabilità;
l'impossibilità per gli elettori di poter scegliere i propri rappresentanti in Parlamento che vengono nominati sulla base dell'ordine di presentazione deciso dalle segreterie dei partiti.

Pericoloso perché se passassero i quesiti 1 e 2 (scheda viola e scheda beige) sarebbe possibile l'attribuzione del premio di maggioranza (e cioè il 55 per cento dei seggi) ad un unico partito che avesse ottenuto la maggioranza relativa anche solo, ad esempio, con il 25 per cento dei voti. Il successo dei due quesiti probabilmente obbligherebbe i partiti ad un bipartitismo forzoso e indistinto, due liste contrapposte con dentro tutto e il contrario di tutto, in ogni caso restringendo ulteriormente gli spazi di rappresentanza democratica esistenti.

Dannoso perché il probabile mancato raggiungimento del quorum toglierà ulteriore credibilità ad un importante istituto di democrazia diretta quale il referendum popolare.

Velleitario perché si prefigge l'obiettivo, nel caso di successo dei quesiti referendari, di costringere la maggioranza di destra ad una nuova e migliore legge elettorale senza tener conto della totale assenza di senso dello Stato e di rispetto delle Istituzioni e della Costituzione che la contraddistingue.

Giustamente è stato detto che l'unico quesito per il quale avrebbe senso votare SI è il terzo, quello che riguarda l'abolizione delle candidature multiple (cioè la possibilità per un candidato di presentarsi in più di una circoscrizione elettorale) e pertanto si suggerisce di ritirare solo la scheda verde facendo verbalizzare l'astensione per gli altri due quesiti. Ma onestamente mi sembra un po' troppo poco per rinunciare ad una bella gita al mare o in montagna.

venerdì 19 giugno 2009

Referendum: il cetriolo siamo noi

Io, personalmente, farò così.

Scheda viola (premio di maggioranza alla Camera): ASTENSIONE

Scheda beige (premio di maggioranza al Senato): ASTENSIONE

Scheda verde (abolizione delle candidature multiple): CHIEDERO' SOLO QUESTA SCHEDA E VOTERO' SI'

L'8 maggio scorso, ho affrontato il tema Referendum, cercando di spiegare i quesiti ed esprimendo i miei dubbi e le mie preoccupazioni.
http://veritaedemocrazia.blogspot.com/2009/05/referendum-dubbi-e-preoccupazioni.html
Da allora, mi sono annoiata e innervosita, leggendo, vedendo, sentendo la patetica italietta dei padroncini.
Sarò breve.
La casta ha deciso di fare fuori Berlusconi.
E' una guerra intestina, dove, anche volendo, non ci permetterebbero di entrare.
Per dirla con Scarpinato, è l'ob-sceno del potere.
Da anni, non ci è dato scegliere i nostri rappresentanti politici.
Non ci è proprio concesso di avere dei rappresentanti politici e di esercitare la sovranità.
Da anni ci dicono che 'loro' sono i padroni e noi i servi, volenti o nolenti.
Graziosamente, però, dall'alto, sulla scontata premessa della nostra sudditanza, ci concedono di scegliere il padrone (Pdl, Lega, Udc, Pd).
In realtà, anche questa assurda e grottesca prepotente concessione è a sua volta una finzione.
Loro, i padroni, hanno già deciso o stanno decidendo, senza consultarci, chi saranno i nostri padroni.
Stanno valutando e soppesando la reciproca forza contrattuale.
Hanno deciso di fare fuori Berlusconi e la Lega.
Da come si esprimono e comportano, il dado sembra già tratto.

Questo Referendum è nato da un'istanza democratica di denuncia dello scempio elettorale e da un'istanza democratica di restituzione al popolo delle prerogative sovrane.
Se l'Italia fosse stata una Repubblica democratica, questo Referendum avrebbe avuto luogo prima delle ultime politiche e l'attuale sedicente parlamento non esisterebbe.
In realtà, se l'Italia fosse stata una Repubblioca democratica, questo Referendum non sarebbe mai esistito, poiché, in una Repubblica democratica, il cosiddetto Porcellum, legge porcata 270/2005, non avrebbe mai potuto avere cittadinanza.
Gli extracomunitari capiranno il senso delle mie parole e a loro chiedo "unitevi a noi".
Siamo governati da extra comunitari, che sfacciatamente violano la Costituzione e tutte le convenzioni sovranazionali ed internazionali, a cominciare dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo.
Il Paese è stato preso in ostaggio da gente senza arte, nè parte, clandestini e latitanti; senza un lavoro onesto e senza permesso di soggiorno.
Vanno in giro con documenti falsi, rifiutano di fornire la loro identità. Pretendono di delinquere impunemente e chiunque si ribelli, lo seppelliscono, vivo o morto.

BASTA!

I primi due quesiti, si sono rivelati due inquietanti cetrioli.
No, grazie.

Il terzo quesito, scheda verde, abolizione delle candidature multiple.
SI'
Un piccolo ritocco legislativo, un grande possibile cambiamento..
Il cetriolo siamo noi.
Soprattutto se scendiamo in piazza e, metaforicamente, li gonfiamo di botte e li prendiamo a calci sulle gengive.

Il prestigio internazionale del nostro Presidente del Consiglio


http://www.lexpress.fr/actualite/politique/chirac-et-le-cavaleur-berlusconi_768124.html

martedì 16 giugno 2009

La mia opinione sul referendum

Questo blog ha parlato dei quesiti referendari su cui siamo chiamati ad esprimerci il 20-21 giugno .

Vorrei dire che l'intera vicenda del referendum è molto grave. Da che esistono i referendum ho sempre avuto una sola risposta per chi invitava all'astensione: no grazie. Per due ragioni. Economicamente, significa mandare a farsi benedire i soldi spesi dallo stato per la loro organizzazione. Civicamente, significa invitare gli elettori a mandare a farsi benedire il loro diritto di esprimersi, una volta tanto che possono farlo. Mi si risponderà che i risultati dei referendum sono, se necessario, tranquilamente aggirati dalla nostra illuminata classe dirigente. Ma non mi pare una buona scusa, in base a questa dovrei bruciare il mio certificato elettorale o in andare in parlamento con le "buone intenzioni" di Guy Fawkes.

Detto ciò, sono per l'astensione al prossimo referendum del 26/27 giugno. La prima ragione viene
dall'ottimo editoriale di domenica 17 maggio 2009 di Giovanni Sartori sul Corriere della Sera: non dare legittimità democratica col voto o alla legge attuale (col no) o alla legge derivata dal referendum (col sì), che riuscirebbe nell'impresa di peggiorare le cose.

Ma c'è di più: in momenti in cui il premier si lascia andare nella più allegra scioltezza a dichiarazioni golpiste, con una maggioranza che è riottosa solo per modo di dire, e che ha peraltro dichiarato che NON cambierà la legge elettorale uscita dalle urne, se vincerà il sì, l'esatto contrario di quanto auspicato dal comitato referendario, rinunciare a un principio per salvaguardare la democrazia è assolutamente obbligatorio. Anche perchè è da stabilire ancora quanto granitica resti l'opposizione dopo le elezioni europee.

Aggiungo però una cosa. Va detto che questo referendum segnerà in ogni caso l'ennesima vittoria, salvo clamorosi imprevisti, della peggio partitocrazia italiana sulla nostra povera democrazia. Ricordo che nella scorsa campagna elettorale (politiche 2008) si parlava della necessità di cambiare legge elettorale un giorno sì e uno pure. Anche solo per dire che i fannulloni della sinistra dopo essersesene tanto lagnati non erano riusciti a rinunciarci (sacrosanta osservazione). Peccato che da allora le posizioni di fondamentalmente TUTTI i partiti o sono sparite in materia di riforma dell'orrido porcellum, o hanno finito per divergere tragicamente quando si è arrivati al dunque. Emblematico (e tragico) ad esempio, il caso Di pietro/De magistris. Il primo ha capito il trucco, ma propone il no anzichè l'astensione (favorendo quasi sicuramente il fronte del sì, che necessita del quorum). Il secondo dalla Annunziata ha dichiarato che è per il sì "per il superamento dell'attuale legge elettorale".

Che purtroppo a quanto pare non sarà mai, col sì o col no: su queste cose il PDL (e il "gran capo" in particolare) è stato chiaro.

Servirebbe dirlo e denunciarlo anzichè cianciare, purtroppo, sul nulla.

lunedì 15 giugno 2009

La vocazione illiberale del Popolo della Libertà

La frase nomina sunt consequentia rerum evidentemente non vale in politica.
Il termine nazista deriva dalla contrazione dei termini nazionale e socialista.
La democrazia cristiana si ispirò, nel cinquantennio del suo potere sull'Italia, a principi ben diversi da quelli cristiani dell'onestà, della solidarietà, della giustizia.
Così il Popolo della Libertà ed in precedenza il Polo delle Libertà hanno dato vita alla più grande stagione di divieti e di proposte e provvedimenti illiberali che abbia mai conosciuto la storia repubblicana.
Nulla di sorprendente pensando alla formazione politica dei propri dirigenti, tra P2, Movimento Sociale e disciplina aziendale di Fininvest e Publitalia o quando va bene, tra PSI Craxiano e la destra democristiana,
Ma è ugualmente impressionante elencare gli attacchi (di peso e impatto diverso ma tutti aventi la stessa logica) progettati e realizzati alle libertà individuali e collettive, da chi pubblicamente ha sempre affermato di voler combattere e limitare al minimo l'ingerenza dello stato nella vita individuale.
La lista è infinita.
Acquistare Kebab e cornetti di notte, mangiare un panino sui gradini di una chiesa, girare in una città turistica senza maglietta, i negozi etnici, i writers, diventati le priorità da combattere per i nostri sindaci e i nostri governanti.
La libertà di culto per i fedeli di religioni diverse da quella cattolica, in particolare di quella musulmana, contrastata in nome di asserite necessità di ordine pubblico.
Il proibizionismo su droga e prostituzione intramontabili cavalli di battaglia delle destre (ci dovrebbero spiegare perchè con la stessa logica 'etica' e di tutela della salute pubblica siano invece liberi il consumo di alcool, il gioco d'azzardo, il fumo).
La legge 40 e i cervellotici vincoli posti in materia di procreazione assistita e ricerca scientifica, il boicottaggio della pillola del giorno dopo.
La possibilità di scegliere liberamente quali cure accettare o rifiutare, nel momento in cui si approssima il termine della propria vita, negata.
Il diritto al riconoscimento delle unioni di fatto, tra conviventi dello stesso sesso o di sesso diverso, nemmeno preso in considerazione.
Lo svolgimento di pubbliche manifestazioni reso quasi impossibile da infinite restrizioni.
Il diritto di sciopero nei pubblici servizi da abolire e sostituire con lo sciopero virtuale.
La libertà di chiedere asilo da parte dei profughi in fuga da guerre e dittature negata attraverso i disumani respingimenti verso la Libia, frutto di una visione razzista e xenofoba. La permanenza stessa in Italia degli immigrati regolari subordinata al rispetto di regole vessatorie.
L'unica risposta alla legittima protesta delle comunità locali alla realizzazione di discariche, inceneritori, impianti inquinanti e pericolosi, centrali nucleari è la militarizzazione dei siti interessati.
Non contenti della situazione di monopolio informativo esistente in Italia, vengono duramente attaccati quei piccoli spazi di dissenso esistenti in tv (Annozero, Report, ecc.) e la la Rete nel suo complesso (obbligo di rettifica persino per i blog).
L'informazione sui procedimenti penali in corso viene vietata nel disegno di legge sulle intercettazioni.
Una delle conseguenze deleterie di questa legislazione compulsiva sarà che i tribunali, già oberati di lavoro, saranno presto sommersi da un'infinità di procedimenti penali con il rischio della completa paralisi (a vantaggio della criminalità organizzata e comune).

La filosofia illiberale del Popolo della Libertà (gli unici a non essersene accorti sono i commentatori liberali come Battista, Ostellino, Galli della Loggia, Panebianco …) si traspone anche nel campo delle istituzioni e dell'economia.
La legge elettorale vigente, la famosa 'porcata' Calderoli votata dalle destre, è espressione di questa concezione illiberale: la scelta dei rappresentanti eletti non è demandata alla preferenza espressa dagli elettori ma dall'ordine di presentazione in lista deciso dalle segreterie dei partiti, partiti peraltro che nel caso di Forza Italia e PDL non hanno mai conosciuto dei veri e liberi congressi.
Il potere indipendente della magistratura, fondamento delle teorie costituzionali liberali, viene limitato con il lodo Alfano e sottoposto ai voleri del governo con il progetto di porre, di fatto, l'iniziativa dell'azione penale nelle mani delle forze dell'ordine.
Non si ha memoria di una vera privatizzazione o liberalizzazione da parte della destra né di una riforma che abbia colpito le corporazioni (dai tassisti ai notai agli avvocati) così forti in Italia.
Le regole fondamentali del libero mercato, concorrenza e trasparenza, contrasto delle posizioni oligopolistiche e monopolistiche, vengono disattese nella mancata adozione di adeguate leggi antitrust e di regolazione dei conflitti di interessi, in particolare in materia di informazione e televisione.
La tutela dei consumatori, tipica delle democrazie liberali anglosassoni, umiliata dal continuo rinvio della entrata in vigore della possibilità della class action.
Certo a volte la destra si ricorda della politica del laissez-faire connaturata al proprio nome. Ma solo quando questo fa comodo ai propri amici e alle proprie clientele: in materia edilizia, nel diritto societario (con l'attenuazione del reato di falso in bilancio), in tema di sicurezza sul lavoro, nella caccia, nella registrazione delle transazioni economiche a fini anti-evasione.
E' casuale che i più autorevoli interlocutori internazionali di questo governo siano Putin, Gheddafi e Papa Ratzinger?

domenica 14 giugno 2009

Forse, non tutti sanno che..

L'8 aprile del 1993 il vicepresidente della Fininvest Comunicazioni, Gianni Letta, interrogato dal magistrato Antonio Di Pietro, ammette che nel 1988 l'allora segretario del PSDI Antonio Cariglia lo contattò alla vigilia delle elezioni europee per avere più spazio sulle reti della Fininvest e per avere dei contributi per il partito; Letta conferma di avere versato al PSDI una somma, forse di una settantina di milioni (ma il reato di violazione della legge sul finanziamento ai partiti era stato amnistiato fino al 1989).
[Wikipedia]

13 giugno, Ostia

Senza parole. Grazie a tutti i Cittadini Democratici e alle bellissime foto di A.Luzzi Franzoni.

Pubblicato da NO A GELLI a 16.29

sabato 13 giugno 2009

Emendamento ammazzablog

da http://punto-informatico.it/2641517/PI/Commenti/chiuso-rettifica.aspx

Chiuso per rettifica

Roma - Il Governo pone la fiducia sul discusso disegno di legge in materia di intercettazioni e la blogosfera ne fa le spese rischiando di essere "chiusa per rettifica". È questo il senso di quanto è accaduto nelle scorse ore in Parlamento, dove per effetto dell'approvazione del maxi-emendamento presentato dal Governo sta per diventare legge l'idea - di cui si è già discusso sulle colonne di questa testata - di obbligare tutti "i gestori di siti informatici" a procedere, entro 48 ore dalla richiesta, alla rettifica di post, commenti, informazioni ed ogni altro genere di contenuto pubblicato.

Non dar corso tempestivamente all'eventuale richiesta di rettifica potrà costare molto caro a blogger, gestori di newsgroup, piattaforme di condivisione di contenuti e a chiunque possa rientrare nella vaga, generica e assai poco significativa definizione di "gestore di sito informatico": la disposizione di legge, infatti, prevede, in tal caso, una sanzione da 15 a 25 milioni di vecchie lire.
Tanto per esser chiari e sicuri di evitare fraintendimenti quello che accadrà all'indomani dell'entrata in vigore della nuova legge è che chiunque potrà inviare una mail a un blogger, a Google in relazione ai video pubblicati su YouTube, a Facebook o MySpace o, piuttosto al gestore di qualsiasi newsgroup o bacheca elettronica amatoriale o professionale che sia, chiedendo di pubblicare una rettifica in testo, video o podcast a seconda della modalità di diffusione della notizia da rettificare. È una brutta legge sotto ogni profilo la si guardi ed è probabilmente frutto, in pari misura, dell'analfabetismo informatico, della tecnofobia e della ferma volontà di controllare la Rete degli uomini del Palazzo.

Provo a riassumere le ragioni di un giudizio tanto severo.

L'intervento normativo in commento mira, nella sostanza, a rendere applicabile a qualsiasi forma di comunicazione o diffusione di informazioni online - avvenga essa in un contesto amatoriale o professionale e per scopo personale, informativo o piuttosto commerciale - la vecchia disciplina sulla stampa dettata con la Legge n. 47 dell'8 febbraio 1948 e, in particolare, il suo art. 8 relativo ad uno degli istituti più controversi introdotti nel nostro ordinamento con tale legge: l'obbligo di rettifica.

La legge sulla stampa, tuttavia - come probabilmente è noto ai più - costituisce una delle poche leggi vigenti scritte e discusse direttamente in seno all'assemblea costituente ormai oltre sessant'anni fa ed ha, pertanto, già mostrato in diverse occasioni un'evidente inadeguatezza a trovare applicazione nel moderno mondo dei media che poco o nulla ha a che vedere con quello avuto presente dai padri costituenti. Si tratta, per questo, di una legge che avrebbe richiesto un intervento di "aggiornamento" urgente, competente ed approfondito o, piuttosto, meritato di essere mandata in pensione dopo oltre mezzo secolo di onorato servizio. Contro ogni legittima aspettativa, invece, Governo e Parlamento hanno deciso di affidarle addirittura la disciplina della Rete ovvero della protagonista indiscussa di una delle più grandi rivoluzioni del mondo dell'informazione nella storia dell'uomo. Difficile, in tale contesto, condividere la scelta del Palazzo.

Ma c'è di più.
Sono anni che si discute ad ogni livello - nelle università, nelle aule di giustizia e, persino, in Parlamento ed a Palazzo Chigi - della possibilità e opportunità di estendere in tutto o in parte la disciplina sulla stampa e, in particolare, le disposizioni dettate in materia di obbligo di registrazione delle testate, a talune forme di comunicazione e diffusione delle informazioni online senza che, sin qui, si sia arrivati ad alcuna conclusione sicura e condivisa.

La brutta ed ambigua riforma dell'editoria introdotta con la legge n. 62 del 2001, il famoso DDL Levi ribattezzato l'ammazza blog presentato e poi ritirato, il DDL Cassinelli ovvero il "salvablog" tuttora in attesa di essere discusso alla Camera dei Deputati e la "storica" condanna dello storico Carlo Ruta per stampa clandestina pronunciata dal Tribunale di Modica in relazione alla pubblicazione del blog dello studioso siciliano sono solo alcuni dei provvedimenti e delle iniziative che hanno, negli ultimi anni, alimentato - in Rete e fuori dalla Rete - un dibattito complesso ed articolato senza vincitori né vinti. L'entrata in vigore della nuova disciplina sulle intercettazioni vanificherà e polverizzerà il senso di questo dibattito stabilendo, una volta per tutte, che la disciplina sulla stampa - o almeno una parte importante di essa - si applica a qualsiasi forma di comunicazione e diffusione di informazioni nel cyberspazio.

Difficile resistere alla tentazione di definire dilettantistica, approssimativa ed irresponsabile la scelta del legislatore che è entrato "a gamba tesa" in questo dibattito ultradecennale ignorandone premesse, contenuti e questioni e che ora rischia di infliggere - non so dire se volontariamente o inconsapevolmente - un duro colpo alla libertà di manifestazione del pensiero nel cyberspazio modificandone, per sempre, protagonisti e dinamiche.

Nel Palazzo, domani, qualcuno - nel tentativo di giustificare questo monstrum giuridico liberticida e anti-Internet - dirà che è giusto pretendere anche da blogger, gestori di piattaforme di condivisione di contenuti e titolari di qualsiasi altro tipo di sito Internet la pubblicazione di una rettifica laddove loro stessi o i propri utenti pubblichino contenuti non veritieri o ritenuti lesivi dell'altrui reputazione o onore. Libertà fa rima con responsabilità è il ritornello che sento già risuonare nel Palazzo.

Il problema non è, tuttavia, il ritornello che non si può non condividere, quanto, piuttosto, le altre strofe della canzone per restare nella metafora ovvero le modalità attraverso le quali il legislatore ha preteso di raggiungere tale ambizioso risultato. Provo a riassumere il mio punto di vista.

The web is not the press (or tv) si potrebbe dire con uno slogan e non è, pertanto, possibile né opportuno applicare ad ogni forma di comunicazione online la speciale disciplina dettata per l'informazione professionale. Dovrebbe essere evidente ma così non è. Gestire le richieste di rettifica, valutarne la fondatezza e, eventualmente, darvi seguito è un'attività onerosa che mal si concilia con la dimensione "amatoriale" della più parte dei blog che costituiscono la blogosfera e rischia di costituire un elemento disincentivante per un blogger che, pur di sottrarsi a tali incombenti e alle eventuali responsabilità da ritardo (una multa da 25 milioni di vecchie lire per aver tardato a leggere la posta significa la chiusura di un blog!), preferirà tornare a limitarsi a leggere il giornale o, piuttosto postare solo su argomenti a basso impatto mediatico, politico e sociale e, come tali, insuscettibili di "disturbare" chicchessia. Allo stesso modo, il gestore di una piattaforma di condivisione di contenuti o, piuttosto, di social networking che, per definizione, non produce le informazioni che diffonde, ricevuta una richiesta di rettifica non potrà, in nessun caso, in 48 ore, verificare con l'autore del contenuto la veridicità dell'informazione diffusa e, quindi, l'effettiva sussistenza o meno dell'azionato diritto di rettifica.

Risultato: o si doterà - peraltro non a costo zero - di una struttura idonea a pubblicare d'ufficio tutte le rettifiche ricevute o, peggio ancora, deciderà di rimuovere tutti i contenuti che formino oggetto di un altrui istanza di rettifica tanto per porsi al riparo da eventuali contestazioni circa la forma, i caratteri e la visibilità della rettifica stessa.

Sembra, in altre parole, evidente che la nuova legge produrrà quale effetto pressoché immediato quello di abbattere sensibilmente la vocazione all'informazione diffusa che ha, sin qui, costituito la forza del web come primo spazio davvero libero - o quasi-libero - di divulgazione di quello straordinario patrimonio di pensieri e notizie che, sin qui, i media professionali non hanno in parte potuto e in più parte voluto lasciar filtrare per effetto dei forti ed innegabili condizionamenti che i poteri politici ed economici da sempre esercitano sulle testate giornalistiche cartacee, radiofoniche o televisive che siano. Da domani, quindi, i nemici della libertà di informazione avranno un pericoloso strumento per far passare la voglia a tanti blogger nostrani di dire la loro ed ad altrettanti "giornalisti diffusi" di raccontare storie inedite via Facebook, YouTube o MySpace.

Ma c'è ancora di più.
Il senso dell'obbligo di rettifica previsto nella vecchia legge sulla stampa risiede nella circostanza che in sua assenza il cittadino che si senta diffamato o avverta l'esigenza di "rettificare" un'informazione diffusa da un giornale non potrebbe farlo o meglio resterebbe esposto all'arbitrio del direttore della testata, libero di pubblicare o non pubblicare la rettifica. Non è così, tuttavia, nella più parte dei casi in Rete dove - salvo eccezioni - chiunque può pubblicare una precisazione, un commento, un altro video o, piuttosto, condividere un link su un profilo di Facebook per replicare e/o rettificare l'altrui pensiero. È questo il bello dell'informazione non professionale online ed è questa una delle ragioni per le quali l'informazione in Rete è - sebbene ancora per poco - più libera di quanto non lo sia quella tradizionale.

E per finire, dopo il danno la beffa.
Mentre, infatti, la nuova legge impone a chiunque utilizzi la Rete per comunicare o diffondere contenuti e/o informazioni gli obblighi caratteristici dei produttori professionali di informazione, continua a non riconoscergli pari diritti: primo tra tutti l'insequestrabilità di ogni contenuto informativo diffuso a mezzo Internet alla stessa stregua di un giornale. In questo modo si sarebbe, almeno, potuto dire "onori e oneri" mentre, così, l'informazione in Rete finisce con l'essere svilita ad un'attività pericolosa, onerosa e mal retribuita o, nella più parte dei casi, non retribuita affatto. Basterà la passione ad indurre i protagonisti del cosiddetto web 2.0 a resistere anche a tale ulteriore aggressione o, questa volta, getteranno la spugna consegnando la Rete ai padroni dell'informazione di sempre?

Chiediamocelo e, soprattutto, chiediamolo a chi ha voluto questa nuova inaccettabile legge ammazza-Internet.
Guido Scorza
http://www.politicheinnovazione.eu/

mercoledì 10 giugno 2009

NOI NON SIAMO COME LORO!

MANIFESTAZIONE - OSTIA - 13 GIUGNO

NON VOGLIAMO LICIO GELLI AD OSTIA
http://www.facebook.com/topic.php?topic=8129&post=37564&uid=85685311401#/group.php?gid=85717974471

L'Ass.ne "Anco Marzio" e il suo presidente Tonino Colloca, il prossimo 13 giugno, al Teatro Nino Manfredi di Ostia, premieranno Licio Gelli per la sua raccolta di poesie.
Il Sig. Colloca ha esposto le sue ragioni, che in sintesi sono: Licio Gelli ha gia ricevuto premi internazionali, scrive belle poesie, la manifestazione non riceve contributi pubblici ma è autofinanziata, Gelli è un uomo di grande cultura.
I cittadini del Municipio XIII di Ostia dicono NO alla presenza sul proprio territorio di questo personaggio: Gelli è stato condannato con sentenza definitiva per depistaggio a fini di terrorismo sulla vicenda della strage di Bologna, oltre ad altre condanne (bancarotta fraudolenta per il Banco Ambrosiano) e attualmente si trova agli arresti domiciliari. I familiari delle vittime della strage di Bologna saranno invitate ad intervenire in una grande manifestazione democratica.
Licio Gelli non è un ospite gradito e non dobbiamo infangare il nome e l’immagine della nostra città con il personaggio più losco ed infame della storia della repubblica italiana.

Comunicato
La cittadinanza, che si riconosce nei valori non negoziabili della Costituzione e della Democrazia, respinge con la massima fermezza l’assegnazione di un riconoscimento per la poesia a Licio Gelli, membro della Loggia Massonica P2 e “scrittore” di pagine vergognose del nostro Paese. Riteniamo inaccettabili simili manifestazioni che premiano nemici dello Stato e che violano la memoria delle vittime della strage di Bologna.

CHIEDIAMO

che il Consiglio municipale, la cui sede ha ospitato la conferenza stampa di presentazione del Premio con la partecipazione del Presidente Vizzani e dell ’Assessore Pace, si dissoci in modo netto ed inequivocabile da questa vergognosa iniziativa.

RIVENDICHIAMO

un altro modo di fare cultura con politiche che coinvolgano attivamente le realtà locali in un percorso di crescita civile.

FACCIAMO APPELLO

a tutte le realtà civiche e artistiche perché esprimano la propria voce critica aderendo al nostro appello e partecipando alla manifestazione indetta per il

13 GIUGNO
ORE 17
DI FRONTE AL TEATRO MANFREDI (via dei Pallottini 10, Ostia Lido)
RECITAL DI POESIE ED HAPPENING A DIFESA DELLA CULTURA E PER LA DEMOCRAZIA

Rete democratica. Segue la lista delle prime adesioni: ANPI Roma e Ostia, Ass. Caponnetto, Unione Inquilini, Comitato amici della Madonnetta, ass. Severiana, Comitato civico entroterra 13, CCNO (Comitato Cittadini Nuova Ostia), Affabulazione, , Ostia che cammina, Le Sirene, amici di B. Grillo XIII Municipio e Lista Civica Beppe Grillo Roma cinque stelle, Sinistra e Libertà, Partito Democratico, Italia dei Valori, Verdi Municipio XIII, PRC Ostia e Acilia, Osservatorio civico 13, Rifondazione Comunista, missione sociale La Ciurma, italialaica.it; Ass. Gruppo Laico di Ricerca; ass. S.i.a.m.o, L’allegra banderuola, Giovani di via Senofane; Coordinamento gruppi Facebook per le dimissioni di Berlusconi, Partito Socialista del XIII° Municipio, Cobas sanità Ostia, Giovani per la Costituzione, Liberacittadinanza.

NOI NON SIAMO COME LORO!

http://www.facebook.com/editevent.php?picture&eid=88412579793#/event.php?eid=88412579793

CONDIVIDERE, INVITARE, DIFFONDERE, PARTECIPARE...

http://www.facebook.com/editevent.php?picture&eid=88412579793#/group.php?gid=57429987180&ref=ts

PS CHI VUOLE, SE VUOLE, MAGLIETTA BLU, AD INDICARE LA LUNGA NOTTE DELLA REPUBBLICA.

martedì 9 giugno 2009

Svegliamoci dal coma

di Marco Cecini

Mi guardo intorno e vedo un quadro desolante. Vedo genitori incapaci di insegnare ai propri figli qual è la differenza fra giusto e sbagliato, vedo giovani privi di qualsiasi riferimento sbandare alla masochistica deriva di un’esistenza che non li appaga e nella quale non si rivedono. Vedo la società civile che si sfalda attorno al cadavere di una Collettività lacerata in bocconi sanguinolenti dai rapaci di turno. Vedo un vuoto di valori, una vita senza senso, colmata inutilmente dalla promessa di un mondo fiabesco e irreale, fatto di teleschermi, minigonne e passerelle.
Vedo una politica che ha da tempo perso stima di se stessa, priva di speranza e proprio per questo incapace di divenirne portavoce agli occhi dei cittadini. Vedo uomini stanchi, stremati da decenni di lotte ideologiche che sono confluite soltanto nell’ennesimo compromesso, in un inciucio più gretto.
Vedo coscienze macchiate, anime sporche, che si guardano allo specchio e non provano pietà. Anime incapaci di farsi da parte, di lasciare che il nuovo avanzi, solo per continuare a crogiolarsi nella propria mediocrità, per non lasciare che nessuno li disturbi nel loro addolorato commiseramento, per non permettere che altri riescano laddove loro hanno fallito.
Vedo un Paese mortificato, vilipeso, arrabbiato. Un Paese svilito che, allontanato a calci dal banchetto della giustizia e della pace sociale, si accontenta delle carogne.
Non gliene faccio una colpa. Messo alle strette, chiunque di noi penserebbe alla sua sopravvivenza.
Mi piacerebbe poter dire che il vento del cambiamento soffia con forza da ogni parte d’Italia, ma purtroppo non è ancora così. Nondimeno nelle ultime settimane il mio cuore si è riempito di una speranza nuova, esaltata, ha ripreso a battere in me il fuoco della coscienza civile, dell’attivismo, la volontà determinata ed entusiasta di metterci la faccia, di prendere la mia vita con una mano e tendere l’altra alla persona accanto a me.
Persino in questo momento in cui le bandiere sono a terra, sgonfiate e meste, qualcuno raccoglie lo stendardo. Una nuova passione si sostituisce ai vecchi sicari della politica, e chiede solo una possibilità. Arriverà il momento in cui non ci sarà neanche bisogno più di chiedere.
Ma una richiesta, nel mio piccolo, io voglio farvela.
Svegliamoci dal coma. Alziamo la testa, parliamo, incontriamoci. Riempiamo le sedi di partito nelle circoscrizioni, animiamo il dibattito politico, portiamo nuova linfa e nuove proposte nelle strade, nei cuori della gente, nelle Assemblee elette.
Questo non è il momento di fare gli schizzinosi, è il momento di battersi per il mondo che vogliamo consegnare ai nostri figli. E’ il momento di guardarsi allo specchio e chiedersi se una pizza, un cinema e una serata con la nostra ragazza ci riempiono la vita, o se abbiamo bisogno di qualcosa di più per sentirci uomini. Per sentirci liberi.
Forse un giorno mi desterò di colpo dal letto e comprenderò che tutto questo, questa vita, non è che un sogno. Ma è il come deciderò di vivere quel sogno che mi definirà come individuo.

domenica 7 giugno 2009

Le due opposizioni

di Barbara Gasbarrini

Come molti altri, credo anch’io che non sia realistico pensare di scardinare il ‘sistema’ senza un'alleanza Idv-Pd, ma sono altresì convinta che questa alleanza vada presa con le pinze e gestita con straordinaria abilità politica.
Non è un caso che questi due partiti si presentino come rivali, lo sono veramente.
Parte consistente del vertice Pd è integrata in quel ‘sistema’ e non ha fatto, né farà mai opposizione al Pdl, sarebbe come farla a se stessa. Quella componente del gruppo dirigente del Pd ha un potere enorme, si nutre anch’essa di conflitti di interessi e di controllo dell'opinione pubblica, e anch’essa è tristemente e continuamente protagonista di cronache giudiziarie.
Per questo, per l'intera campagna elettorale delle europee, Franceschini si è limitato ad una finta opposizione concentrata sul caso Noemi e, da ultimo, sul reato minore di abuso e peculato per la vicenda degli aerei di Stato che ospitano menestrelli e veline, oscurando il più possibile la vicenda Mills e l'enormità degli illeciti finanziari che quella vicenda sottende e rivela.
Per questo, il Pd si è guardato bene e si guarda bene dal toccare il conflitto di interessi.
Non si fanno le scarpe a vicenda.
Inoltre, non sottovalutiamo gli stretti e attentamene coltivati rapporti col Vaticano, la cui finanza è tra le più oscure.
Questo è il punto chiave di divergenza tra Idv e Pd.
Allo stato, Idv si colloca fuori dal 'sistema' e si propone di scardinare proprio quello.
Per altro verso, nel Pd sono confluite componenti importanti e altamente qualificate di due storiche correnti della sinistra italiana, quella cristiano-sociale e quella socialista-riformista. Entrambe in evidente sofferenza e costrette in un angolo all'interno di un partito che, in modo schizofrenico, ospita anche tradizioni e correnti della destra liberale e della destra cattolica.
Uno degli aspetti più qualificanti del partito democratico è la base. Per tradizione storica e radicamento su territorio, il Pd dispone di strutture e di risorse umane robuste e in gran parte affidabili. Questo è, invece, uno dei principali punti deboli di Idv, che da questo punto di vista è ancora del tutto carente.
So che non sarà così, ma io auspico una sonora e salutare sconfitta del Pd. Significherebbe bocciare e cacciare quel gruppo dirigente di cui sopra e dare spazio alle forze sane, conditio sine qua non per un'alleanza costruttiva e soprattutto finalmente possibile con Idv.
Il Pd deve scegliere tra Idv e Berlusconi e deve decidere cosa fare da grande, se un partito di destra o di sinistra.

sabato 6 giugno 2009

Comunicato del Coordinamento gruppi facebook

Molti cittadini, di diverso orientamento politico, autonomamente e in ordine sparso, hanno dato vita ad una mobilitazione che ha trovato spazio e voce soprattutto in facebook.

Questa mobilitazione è un coro unanime contro il governo Berlusconi, contro il berlusconismo e contro il `sistema´.
Un sistema marcio fino al midollo.
Senza alcun dubbio Berlusconi rappresenta un'infelice e dolorosa contingenza del cancro che attanaglia le istituzioni italiane. Non potrebbe stare dove sta, se non fosse punta di una becera classe dirigente, evidentemente e drammaticamente più potente di noi.

Questi cittadini, consapevoli ed informati, si sono cercati e trovati.
Si sono uniti.
Hanno fatto squadra.

Sono migliaia le persone che hanno aderito e che stanno sostenendo i gruppi, alcune decine di persone, sparse per tutta Italia, sono riuscite a trovare il tempo e la convinzione necessari per dar vita ad un Coordinamento Nazionale.
Il Coordinamento, aperto a chiunque possa e voglia collaborare, si sta strutturando ed organizzando, con la consapevolezza che è destinato ad operare nel breve, medio e lungo periodo e con l´obiettivo di tradurre in fatti l´indignazione e di esercitare le necessarie pressioni per invertire la rotta di questo Paese.

Uno degli obiettivi di breve periodo è una manifestazione nazionale per chiedere le dimissioni di Berlusconi, da voi ultimamente sempre più sollecitata.
A questo scopo si è lavorato per verificare le concrete possibilità di riuscita.
- Abbiamo stimato che la mobilitazione di facebook si aggira intorno alle 400.000 persone. Cifra puramente virtuale, stante l´ubiquità tipica di facebook (molti di noi sono iscritti a più gruppi).
- L´adesione di molte di queste persone, inoltre, non offre alcuna garanzia di partecipazione reale ad una manifestazione.
- Ci sono difficoltà logistiche da risolvere (es: organizzazione degli spostamenti sul territorio per convergere su Roma).
- Occorre stabilire i necessari contatti con le forze politiche, di diverso orientamento, disposte a sostenere la manifestazione. Al momento, i partiti sono impegnati in una campagna elettorale, che li vede tutti divisi ed in competizione tra loro. Dopo le elezioni, molto dipenderà dai risultati elettorali.
- Occorre tempo per stabilire i necessari contatti con i mezzi di comunicazione, compresi quelli in rete.
- Altrettanto per quanto riguarda le associazioni antimafia e più generalmente anti-casta.
- Ancora per quanto riguarda esponenti del mondo della satira e dello spettacolo.
- All´indomani della motivazione della sentenza Mills, a Roma si sono tentate alcune manifestazioni. Così, ad esempio, quelle organizzate a Montecitorio da Articolo 21 e da Libera cittadinanza, in entrambi i casi c´erano una trentina di persone. Questo è significativo per evitare di farci prendere ulteriormente in giro.
- Vorremmo ancora far presente che il sito sul quale avevamo iniziato a raccogliere le firme di tutti, si è rivelato essere un fallimento : un po' la nostra inesperienza, ma soprattutto la fretta che ci siamo sentiti di dover "rispettare" viste le vostre pressioni urgenti ( e motivate, peraltro!).Per evitare altri errori del genere adesso stiamo provvedendo, ma con più calma, alla creazione di un altro sito (questo lo abbiamo "comprato" e pagato). Cerchiamo in questo modo di evitare altri errori legati alla fretta, ma che rischiano di farci "bruciare" prima ancora di partire!

Preso atto di tutto ciò, il Coordinamento ha deciso di lavorare in vista di una manifestazione nel mese di settembre// ottobre.

Questa scelta, però, non preclude la possibilità di dar luogo anche ad altre manifestazioni che possono precedere quella di ottobre, come tappe di un percorso, lungo il quale potremo testare (come “prove generali”) le nostre forze e i nostri numeri.

Con questa consapevolezza, il Coordinamento ha, quindi, deciso, intanto, di aderire alla manifestazione organizzata in data 13 giugno dai partiti di opposizione e da diverse associazioni espressione della società civile, per impedire il conferimento del premio cultura, da parte della città di Ostia, a Licio Gelli.

Questo odioso ed offensivo evento ci offre e impone l’opportunità/dovere di esprimere il nostro sommo dissenso e disgusto di fronte alla significativa e deplorevole testimonianza dell’inaccettabile vittoria della P2 e del suo delfino a Palazzo Chigi.

Ostia – Teatro Nino Manfredi
13 giugno 2009 - ore 17.00.

Nel tempo dell’inganno universale, ‘pretendere’ la verità è un atto rivoluzionario.
( Liberamente citata da George Orwell)

Ius gentium

Viviamo, oggi, in un Italia che, confusa, si affaccia su uno scenario europeo che non comprende e che la costringe (sic!) ad un goffo provincialismo, ignorante e cieco, maldestro e stolto. Eppure, questa penisola fu madre e fautrice di un mondo senza confini.
Il diritto romano, fondato sulla naturalis ratio, ragione naturale propria di tutti i popoli (gentes), maturi al punto da misurarsi con un certo stadio di sviluppo, si confrontò col commercio, oggi diremmo internazionale.
Si imposero norme regolatrici agli stessi dominatori, i Romani.
In principio, era la 'personalità del diritto', ciascuno rispondeva alle regole e alle leggi della propria nazione. Ben presto, però, Roma coltivò rapporti con altri popoli e ampliò i suoi orizzonti. Già con le guerre puniche (264 - 146 a.c.) tra romani e cartaginesi, per il possesso del bacino occidentale del mediterraneo, Roma si misurò con la navigazione commerciale e un nuovo mondo si schiuse, al prezzo di innumerevoli vite umane.
Potente e infallibile si manifestò l'opportunità ed esigenza di rapporti commerciali con altri popoli, peregrini, non romani, con cui, però, era possibile stipulare contratti. Rapporti commerciali.
Fu allora che lo ius civile svelò i suoi limiti e si aprì la porta ai principi delle piazze commerciali internazionali.
Primo fra tutti: bona fides.
I rapporti si svolgevano tra persone di lingue, culture e religioni diverse. L'esperienza negoziale guidava verso l'osservanza e il mantenimento della parola data fra galantuomini, senza solennità formali, incomprensibili o impraticabili per almeno una delle parti.
241 a.c. Praetor qui plerumque inter cives et peregrinos ius dicit (o praetor peregrinus).
Un nuovo pretore, un nuovo magistrato tutelava i rapporti e gli interessi con gli stranieri. Accanto allo ius civile, era nato lo ius gentium.

9 maggio 1950. Il Ministro degli Esteri francese Robert Schuman rende pubblica una dichiarazione. Con essa, propone di "mettere l'intera produzione francese e tedesca del carbone e dell'acciaio sotto una comune Alta Autorità, nel quadro di un'organizzazione alla quale possono aderire gli altri Paesi europei".

Lo sfruttamento dei giacimenti di carbone e di acciaio della Ruhur e della Saar era stato motivo scatenante di guerre tra la Francia e la Germania.

Di lì a breve, il mondo parlerà di approccio funzionalista al processo di integrazione europeo.
Sector by sector approach.
Progressivo e graduale trasferimento di funzioni, settorialmente selezionate, ad Autorità indipendenti e sovraordinate agli Stati, attraverso la cessione di pezzi di sovranità consegnati ad un'Autorità comune.

venerdì 5 giugno 2009

La democrazia ignorante

Di Marco Cecini

In età classica, Aristotele divise le forme di governo in tre categorie ben distinte, con le relative degenerazioni. La Monarchia, o governo di un solo uomo (“Monos”), nella sua forma degenerata diveniva Tirannide, ovvero governo di un solo uomo che era asceso al potere in maniera non legale.
L’Aristocrazia, ovvero il governo dei migliori (“Aristoi”), prevedeva che la nazione fosse governata da un Consiglio costituito dai personaggi più insigni e meritevoli della società. La sua degenerazione è l’Oligarchia, ovvero sia il governo di alcuni (“Oligoi”), non necessariamente i migliori.
E veniamo al punto interessante: la terza categoria è infatti la Politeia, ovvero sia il governo dei cittadini su base elettiva. La sua degenerazione era la Democrazia, ovvero sia il governo in cui a comandare è la massa.
L’estrema intelligenza di un filosofo il cui spessore intellettuale è passato alla Storia deve spingerci alla riflessione. Perché Aristotele distingueva fra cittadinanza e massa? Non si sta forse parlando dello stesso concetto, della stessa aggregazione di persone, della società nel suo complesso?
Forse il pensatore ateniese semplicemente sottolineava una necessità che molti di noi sembrano aver dimenticato: un cittadino è tale quando è libero nelle sue scelte. Ma la libertà non è semplicemente quella di mettere una crocetta su una lista, la libertà non può prescindere dall’oggettività, e dalla verità. Non potrò mai dirmi libero nelle mie scelte finché gli strumenti informativi che mi vengono messi a disposizione non mi ragguagliano su quello che sta succedendo veramente intorno a me; non potrò mai dirmi libero nelle mie scelte finché non ci sarà una linea di demarcazione netta fra ciò che è vero e ciò che è falso, fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Se la mia mente viene condizionata dalla propaganda, se la mia coscienza viene comprata da una promessa di benessere in un’epoca di povertà e disagio, io non potrò mai essere libero nelle mie scelte.
Se un popolo viene affamato e recluso alle periferie di un mondo di lustrini, belle donne e successo, questo stesso popolo non sarà libero nelle sue scelte, e farà tutto quel che è in suo potere per entrare in quello stesso mondo lucente che l’informazione gli sventola sotto il naso come una meta irraggiungibile eppure così a portata di mano.
Comprenderete quindi che la cittadinanza è l’insieme delle persone libere e consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri, mentre la massa è l’insieme delle persone che pongono la propria libertà al servizio delle più impellenti necessità. Il concetto di massa, già di per sé indica un impoverimento morale e materiale della società. La massa non è l’insieme dei cittadini, ma l’insieme degli individui egoisticamente accomunati dalla ricerca di un benessere personale in virtù del quale sono disposti anche a vendere la propria coscienza. Il cittadino è colui che sa di dover pagare le tasse, perché il suo diritto a non venire salassato dallo Stato termina nel momento in cui comincia il suo dovere di contribuire a una pressione fiscale che deve gravare su TUTTI i componenti della società, se vuole risultare più tollerabile. L’individuo di massa è colui che si preoccupa di non pagare lui stesso, per alleviare la sua situazione personale, senza pensare alle conseguenze che il suo gesto può comportare agli altri cittadini o allo Stato.
Ciò che Aristotele temeva, era proprio questo. Che la Politeia, o il governo dei cittadini in nome dell’equità, della solidarietà sociale e della giustizia, si trasformasse nel governo della Massa egoista e individualista. La massa che non elegge a suo rappresentante colui che è Giusto, ma colui che fa i suoi interessi. Se poi costui, assieme agli interessi dei singoli, farà anche i suoi propri, poco male.
Ecco perché non importa se le persone più ricche della Nazione non pagano le tasse, in fondo, se posso non pagarle nemmeno io, mi va bene così. Non importa se ormai in Italia è impossibile processare qualcuno, vorrà dire che quando mi troverò io stesso a dover fare i conti con la giustizia, la scamperò anche io così come mi hanno insegnato a fare i miei eletti. Non importa se ormai per i reati di falso in bilancio e bancarotta fraudolenta non si va più in galera, anzi, è una manna per chi ha intenzione di aprire un’attività, potrà “arrangiarsi” come meglio crede consapevole dell’impunità.
La domanda, lo so, sorge spontanea: cosa si può fare per impedire che questo catastrofico scenario si avveri, pur mantenendo come punto fermo la Democrazia (che nel frattempo ha abbandonato l’accezione spregiativa che aveva ai tempi di Aristotele) nel nostro paese?
La soluzione è molto semplice: la Politica, ovvero sia l’insieme dei cittadini eletti, deve dotarsi di strumenti di limitazione interni che ne pregiudichino una degenerazione massiccia. In termini più spiccioli, poiché nulla vieta alla massa di votare dei pregiudicati, il Parlamento deve dotarsi di regole che tengano fuori dalle sue fila pregiudicati e condannati. Poiché nulla vieta alla massa di votare personaggi con conflitti di interesse enormi, il Parlamento deve dotarsi di leggi che impediscano a chi ha conflitti di interesse di candidarsi. Poiché nulla vieta alla massa di votare persone che abbiano l’unico intento di arricchire se stessi con i soldi dei contribuenti, e assieme a se stessi arricchire la propria famiglia, e le famiglie dei propri parenti, e sistemare intere generazioni creando di fatto una nuova nobiltà, la Politica deve dotarsi di una serie di ferree limitazioni a emolumenti, privilegi e sconti per i suoi appartenenti.
Deve riscoprire la sua natura reale, deve tornare ad essere un Servizio allo Stato, e non una carriera.
Deve tornare ad essere limitata nel tempo, al massimo a due legislature, e non un mestiere ad vitam.
La Politica non può e non deve giocare con la Democrazia, trasformandola nello strumento del proprio privilegio. Deve automoderarsi e autogovernarsi, ponendo a se stessa quei freni che la massa non è capace di porsi, senza cavalcarne invece gli eccessi con la demagogia.
Questo, però, è il mondo del Giusto. E’ il mondo delle Idee, di Platone e del più materialista Aristotele. Il mondo reale è, purtroppo, un’altra cosa.

giovedì 4 giugno 2009

Noi facciamo parte del popolo della sinistra e abbiamo deciso di votare per Italia dei Valori.

La situazione italiana è tragicamente evidente: giorno dopo giorno siamo costretti ad assistere allo spettacolo indecoroso e volgare di una maggioranza fascistoide, razzista,liberticida. Giorno dopo giorno vediamo messi in discussione i principi fondamentali della nostra democrazia, calpestato il bene di un'intera comunità nazionale a vantaggio di una ristretta oligarchia partitica e imprenditoriale.
Quello che oggi è un regime di fatto domani forse diventerà regime anche di diritto.
Cosa possiamo fare allora se non votare l'unica vera opposizione presente in Parlamento e dare forza all'idea di una nuova resistenza? L'unica forza politica che in questo primo anno di legislatura, e non solo negli ultimi due mesi che precedono le elezioni, ha coerentemente contrastato il governo Berlusconi.
Ne siamo tanto più convinti quando assistiamo alla determinazione di Di Pietro nel trasformare il suo partito 'personale' in un raggruppamento nuovo che riesca ad unire i democratici di destra e di sinistra come in un nuovo comitato di liberazione nazionale. Lo dimostra la qualità eccellente dei candidati IDV alle prossime elezioni europee.
Un risultato ragguardevole di IDV indicherebbe la strada da seguire per tutte le opposizioni, obbligherebbe il Partito Democratico ad un vero rinnovamento della propria classe dirigente, consentirebbe forse di unificare finalmente quei fermenti di rivolta (il popolo della rete, i meetup di Grillo, alcuni giornalisti e intellettuali coraggiosi) che pure stanno germogliando nella nostra società.
E a chi pensa, forse molti degli stessi elettori di sinistra che voteranno Di Pietro, che il voto 'necessario' a IDV comporti in qualche modo il 'sacrificio' dei propri ideali di sinistra noi rispondiamo che la legalità, cioè il principio cardine a cui si ispira il partito di Di Pietro, sia, almeno fino a quando resterà in vigore questa Costituzione, non il valore minimo per il quale oggi dobbiamo 'accontentarci' di lottare ma sia ad un tempo pre-condizione ed essenza dell'essere di sinistra.
Legalità significa uguaglianza di diritti, difesa dei più deboli, avere opportunità (di studio, di lavoro, di impresa) e non dipendere dal favore dei potenti, significa attraverso la lotta alla corruzione e agli sprechi fornire ai cittadini, in special modo ai meno abbienti, quei servizi sociali di cui hanno bisogno (scuola, trasporti, sanità), significa attraverso la lotta all'evasione fiscale avere le risorse per una equa redistribuzione dei redditi, significa attraverso la sconfitta delle oligarchie ridare il potere delle scelte fondamentali (ad esempio sull'energia e sulla ricerca) ai cittadini, significa rendere più forte il cittadino consumatore, significa rendere più sicuro (sul serio non come spot ...) il cittadino, significa nel rispetto della Costituzione garantire la laicità dello Stato.
Non sono queste cose di sinistra?

In merito all'iniziativa Parlamento pulito

di Valeria Castellano

Dal mio punto di vista l'iniziativa Parlamento Pulito è un'iniziativa degna di lode, ma che pecca di qualche "ingenuità".
Infatti, il negare la possibilità di entrare in Parlamento a coloro i quali avessero subito un condanna penale (spero almeno in via definitiva) rischia di essere un tremendo boomerang che potrebbe scagliarsi contro tutti.
A mio parere bisognorebbe, infatti, distinguere diverse classi di reati, reati che compromettono la credibilità di un politico e reati che, invece, questa credibilità non la compromettono perchè nessun legame hanno con il fare politico.

Il nostro sistema penale è costellato di reati di stampo fascista e filocattolico, reati che neppure avrebbero senso di esistere oggi giorno. Penso all'aiuto al suicidio ad esempio (che si presta a punire alcuni dei casi di eutanasia)! Penso al traffico e spaccio di stupefacenti quando si possiedono semplici 6 gr di Marijuana. Ma i reati sono moltissimi e questi due sono due sempilici e banalissimi esempi.
Pensiamo anche all'omicidio colposo, chi conosce qualche processo inerente alla responsabilità medica sa bene che a volte questo reato rischia di configurarsi come ipotesi che si avvicina alla responsabilità oggettiva piuttosto che alla responsabilità per colpa. Ebbene, meriterebbe un medico il non poter entrare in parlamento per un reato di cui probabilmente non è responsabile (seppure condannato)?

O ancora, pensiamo a certi abusi edilizi (di estrema tenuità, ovviamente), una finestra rotonda piuttosto che trinagolare, meriterebbe l'archittetto (seppure in passato avesse peccato di incoscienza) il non poter entrare in Parlamento?

Chi conosce il sistema penale sa che questo è un sistema che ricerca la VERITA' PROCESSUALE, non potendosi sperare, ovviamente, di riuscir a reperire una verità reale che non ci è dato conoscere.

Il proceso si compone di prove e di avvocati e, come si sa, sono molti più gli innocenti condannati che i colpevoli assolti e ciò per un semplice motivo: perchè in Italia chi non ha i soldi per pagare un buon avvocato rischia di non poter incidere sul decorso processuale (spesso venendo addirittura condannato in absentia, senza, quindi, mai esser neppure stato informato del suo processo).
Chi, invece, come Berlusconi ha i soldi per poter pagare e pagare ( e si tratta di centinaia di migliaia di euro) può andare avanti attendendo una prescrizione, oppure sperando in un proscioglimento ottenuto con metodi spregievoli.

Per questo motivo io non credo che generalizzando si possa ottenere lo sperato effetto, ma credo che si rischi di impedire ad un uomo, un professionista che a 20 anni magari è stato trovato con 6 gr (o anche 20!) di Marjiuana di entrare in Parlamento e di fare della buona politica.

Io credo che, invece, dovrebbe esistere un codice di Autoregolamentazione (come quello adottato in contesti societari) ove si distingua tra condanne per reati e reati, ma altresi tra indagini ed indagini.

Ciò che voglio dire, infatti, è che può essere molto più grave e compromettente un'indagine per Mafia, che non una condanna per omicidio colposo (magari in strada. So di fare un esempio forte, ma è necessario per capire i termini della questione).

A livello legislativo ciò non potrebbe MAI esser fatto, perchè peccherebbe di grave incostituzionalità per violazione del Principio di innocenza ed è per questo che servirebbe un codice di autoregolamentazione!

Pensateci! Pensate al vostro vicino di casa che magari ha subito una condanna per aver occupato un centro sociale. E chiedetevi se sia giusto che costui paghi a vita!
Poi guardate ai vostri amministratori provinciali, che magari si sono sottratti a certe condanne e chiedetevi se sia giusto che loro rivestano quel ruolo!

Certamete non si può pensare di impedire ad un semplice indagato di entrare in parlamento, altrimenti li si che la Magistratura rischierebbe di divenire un "potere sovversivo". Ma altrettanto non si può fare del codice penale un santuario, perchè santuario non è. E si pensi al furto, punito più gravemente del falso in Bilancio!

Credo, quindi, che l'iniziativa Parlamento Pulito dovrebbe essere condotta da qualche tecnico che si occupi anche di rivedere i riflessi concreti che alla luce del nostro ordinamento giuridico essa rischia di avere.

Valutare caso per caso, reato per reato, sentenza per sentenza, procedimento per procedimento in quale modo è necessario e più corretto realizzare tale, certamente lodevole, iniziativa.

martedì 2 giugno 2009

Riflessioni sul Sindacato

La crisi del sindacato e in particolare della CGIL è l'altra faccia della crisi della sinistra. La subalternità culturale che ormai hanno assunto i temi del lavoro, del progresso e della giustizia sociale rispetto ai modelli imposti dal pensiero dominante (televisivo). Lo statuto dei lavoratori del 1970 è stato forse il punto più alto raggiunto nell'affermazione dei diritti dei lavoratori. Da allora in poi il Sindacato ha giocato solo in difesa, lasciando per strada, mano a mano, molte delle conquiste ottenute. Penso ad alcuni fenomeni, fatti, eventi concreti e simbolici che hanno scandito e determinato la progressiva marginalizzazione della visibilità del mondo del lavoro: il terrorismo e il riflusso nel privato con il conseguente abbandono dell'impegno sociale, la marcia dei quarantamila alla Fiat, l'accordo sulla scala mobile firmato nel 1984 da Craxi con UIL e CISL e la successiva sconfitta nel referendum, la delocalizzazione e la globalizzazione che hanno reso disponibile su base mondiale quell' 'esercito di riserva' preconizzato da Marx, la precarizzazione del lavoro (scelta condivisa dal maggiore partito della Sinistra) , le continue concessioni in materia pensionistica a cui non ha fatto riscontro alcuna contropartita sociale, la progressiva e inesorabile perdita del valore d'acquisto di salari e stipendi. Di contro le gerarchie sindacali non hanno perso alcuno dei propri privilegi trasformando di fatto i sindacati in società di servizio che vendono alle imprese (e al governo di volta in volta al potere) l'acquiescenza dei lavoratori in cambio di vantaggi e favori.

Qual è l'errore fatale del sindacato? Credere, o far finta di credere, che i propri interlocutori principali siano ancora le aziende e gli imprenditori. Agisce ancora in una logica da anni cinquanta e sessanta, padrone e operai. Ma la realtà è cambiata e la trattativa con le aziende è spesso una lotta contro i mulini a vento. La globalizzazione rende disponibile lavoratori a basso costo in Italia e all'estero pronti a lavorare senza coperture sociali e assicurative, le tecnologie attuali consentono con facilità il trasferimento di interi cicli produttivi o di parte di essi in qualunque altra parte del mondo (o quantomeno a qualche centinaia di chilometri nei paesi dell'ex blocco sovietico) e le aziende italiane spesso non sono altro che assemblatori di semilavorati provenienti da paesi terzi. Quale potere contrattuale si può avere nei confronti di multinazionali che da un giorno all'altro, quando le condizioni politiche, economiche e sindacali non siano più convenienti, sono in grado di chiudere la propria filiale e trasferire la produzione in un altro Paese? Quale potere contrattuale si può avere nei confronti di micro-aziende che nascono e muoiono con velocità impressionante in nome della flessibilità produttiva? Quale potere contrattuale si può avere quando in una stessa azienda convivono lavoratori che sono regolati da contratti e condizioni di lavoro diversi o addirittura con le esternalizzazioni e gli appalti la produzione è affidata a personale non dipendente dell'azienda? Quale potere contrattuale si può avere quando si vive sotto il ricatto della perdita del lavoro ed allora in nome della conservazione dell'occupazione si è costretti ad accettare tutto: la moderazione salariale, condizioni di lavoro non dignitose, l'assenza omicida delle regole di sicurezza?

C'è poi il tema, assolutamente non secondario, dell'economia criminale e della corruzione pubblica che incide in modo tragicamente straordinario nelle condizioni di vita del cittadino lavoratore con la negazione di opportunità e diritti, impedendo il riconoscimento del merito, condannando intere regioni d'Italia al sottosviluppo.

Il sindacato mantiene ancora potere in quelle realtà economiche e produttive protette che non agiscono in regime di libera concorrenza a livello internazionale. Non per la propria forza ma per l'assenza di interesse da parte degli oligarchi che guidano tali aziende a spingere sull'acceleratore delle riduzioni dei costi, per la loro riluttanza ad alzare pericolosi polveroni. Ed è comunque una forza ed un potere del sindacato che anche qui non va più a vantaggio dei lavoratori ma essenzialmente al mantenimento e riproduzione delle proprie organizzazioni.

Cosa dovrebbe fare il sindacato per ridare forza ai lavoratori? Rivolgersi all'unico interlocutore che oggi può agire per determinare le condizioni di vita dei lavoratori: la Politica. Agire almeno da lobby, così come la Confindustria o la ConfCommercio o le associazioni dei tassisti, con la consapevolezza di essere la più potente sul piano elettorale. E' la Politica che può dare risposte su quelli che sono i bisogni e le richieste fondamentali del mondo del lavoro: la redistribuzione del reddito attraverso un'equa politica fiscale, l'aumento effettivo del potere di acquisto di salari e stipendi grazie a politiche antitrust e di intervento pubblico sui prezzi dei beni 'vitali' come la casa, quelli di prima necessità, le utenze telefoniche, di energia elettrica e gas, il miglioramento delle condizioni di vita attraverso servizi pubblici efficienti e di alta qualità (la scuola, la sanità, i trasporti) di cui i lavoratori sono i primi fruitori, la formazione permanente, la sicurezza sul lavoro, il contrasto radicale alla criminalità organizzata e alla corruzione.
E' la Politica che può e deve dare risposte in termini di sicurezza sociale, è la Politica che può e deve trattare con le aziende anche multinazionali usando le leve fiscali e dei contributi pubblici alle imprese.

Certo non mancano ora i rapporti tra politica e sindacato, ma sono rapporti non improntati alla trasparenza, non espliciti e diretti. Ad una pretesa e ipocrita autonomia del sindacato fanno riscontro trattative sottobanco, posizioni e atteggiamenti pubblici solo in funzione dei rapporti tra caste politiche e caste sindacali. Basti pensare alla CGIL che con il centrosinistra al governo abbandona regolarmente la propria attitudine alla lotta per i diritti dei lavoratori.

La 'passività' del sindacato quale soggetto politico o almeno l'inefficacia della sua azione (in primis il tema dell'evasione fiscale) è tanto più grave tenendo conto delle enormi potenzialità di cui dispone. Milioni di iscritti, il contatto diretto con uomini e donne in carne ed ossa attraverso i propri rappresentanti aziendali, la capillarità della propria presenza sul territorio con i patronati e i centri di assistenza fiscale, la capacità di mobilitazione che ancora riesce ad esprimere (ne sono esempi emblematici le manifestazioni del primo maggio). Il sindacato potrebbe disporre anche di rilevanti risorse economiche, risorse destinate ad aumentare con il coinvolgimento nella gestione dei fondi pensione. Com'è possibile che il sindacato fino ad ora non abbia, ad esempio, ritenuto necessario entrare nel mondo dell'informazione, settore vitale per contrastare la subalternità culturale del mondo del lavoro? Basterebbe la partecipazione a iniziative come Pandora Tv o almeno l'invito ai propri iscritti a contribuire alla nascita di una tv libera …

Il Sindacato esca dunque dall'ipocrisia, prenda esempio dai legami tra sindacati e grandi socialdemocrazie europee, si faccia promotore esso stesso di una grande alternativa di governo nel quale possa essere determinante nella definizione dei temi dell'azione politica, non si limiti ad essere solo un trampolino di lancio attraverso cui i suoi dirigenti vengono cooptati alle cariche politiche e di governo.

E se oggi c'è chi propone di dare vita ad una nuova organizzazione di rappresentanza dei lavoratori che tenti di infrangere il monopolio di CGIL, CISL e UIL, perché non pensare allora ad un'iniziativa più efficace: un coordinamento, trasversale ai sindacati esistenti, di iscritti e quadri che vogliano lottare per scuotere e svegliare dal torpore il mondo del lavoro, rimetterlo al centro della discussione politica e porre di nuovo i sindacati al servizio dei lavoratori e dunque dell'intero paese?

lunedì 1 giugno 2009

Perchè combattiamo

di Marco Cecini

“Il timore dei nemici ispirava ai cittadini una giusta condotta. Ma svanito quel timore dai loro animi, subentrarono, com'è naturale, la dissolutezza e la superbia, compagne inseparabili della prosperità. Così quella pace che avevano tanto desiderato nei momenti difficili, una volta conseguita, si rivelò ancora più dura e crudele. Infatti la nobiltà trasformò in abuso la propria dignità, il popolo la propria libertà: ognuno si diede a prendere per sé, ad afferrare, ad arraffare. Così tutto fu diviso fra due partiti e la repubblica, che era sempre stata un bene comune, fu fatta a pezzi. Peraltro i nobili erano più potenti per la loro salda coesione, mentre la forza della plebe disorganizzata e dispersa nella massa si faceva sentire meno.”

Un articolo di qualche giornale comunista? Niente affatto, si tratta del buon Sallustio, roba di un paio di millenni fa. I comunisti ancora non c’erano, ma esistevano già concetti quali la libertà, la giustizia, l’uguaglianza, la verità, l’onore, il dovere.
Cose che la nostra politica, da una quindicina di anni a questa parte sembra aver non solo dimenticato, ma addirittura ribaltato nella scala dei valori. Sostituite al passo di cui sopra il “timore dei nemici” con il “timore del risultato elettorale”, la “pace” con la “stabilità di governo” e la “nobiltà” con… beh, lì credo ci si possa arrivare anche da soli, ed avrete il quadro della nostra attuale società.
Vi spaventa? È giusto che lo faccia, signori miei, perché l’Italia versa in uno stato allarmante non solo agli occhi dell’Europa, ma a quelli del mondo. Perché quando un piccolo staterello che vanta fra le sue poche glorie quella di aver varato forse la più moderna e libera delle Costituzioni del pianeta si permette di tollerare lussi, lascivie e disastri degni della più corrotta Roma imperiale, quando un popolo accetta che lo si domini solo per continuare a mentire a se stesso con la promessa della prosperità, quando le menzogne sostituiscono il “panem”, allineandosi ai “circenses” negli strumenti del potere di nuovi Imperatori, la scelta è una sola: alzarsi e combattere.

Il perché è molto semplice. Per mandare a casa Berlusconi? No, non solo. Sentiamo come un lucidissimo Sallustio continua la sua analisi politica.

“Così l'avidità, assecondata dal potere, cominciò a propagarsi ovunque, senza modo né misura, portando con sé corruzione e distruzione e non avendo rispetto né timore religioso, finché precipitò in rovina da sola. Infatti, non appena emersero dalla fazione dei nobili alcuni uomini che preferivano la gloria a una ingiusta potenza, la città si scosse e la lotta civile si scatenò come un terremoto.”

Esatto, avete letto bene. La diretta conseguenza di uno stato di deriva morale, di avidità, di ingiustizia, di lascivia e di corruzione, la declinazione esatta del privilegio che si impone sull’uguaglianza, è la dittatura. L’emergere di persone forti animate da ideali talmente possenti da risultare esasperati, innamorate della loro idea di giustizia più di quanto lo siano delle persone stesse sulle quali applicarla.
Quando Berlusconi lascerà la sua morsa su questo paese, ci sarà un vuoto da colmare. La gente, per troppi anni abituata all’immagine dell’uomo forte e, ancora ad oggi, dopo anni di disastri, incapace di percepire la verità dietro le menzogne, non potrà fare a meno che continuare in quel che le risulta più facile fare: affidare oneri e onori del comando a qualcun altro. Magari stavolta di spiccata moralità, di etica cristallina. Ma la SUA moralità, la SUA etica. Unica e sola, senza possibilità di alternativa, di scambio, o di confronto. E, per citare Pannella, dove c’è strage di idee c’è strage di popoli.
Del resto, è anche da questo che si misura la forza o meno di un popolo. Noi italiani siamo deboli.
Eredi di una civiltà, quella romana, che nulla ha a che vedere con la nostra mediocrità, paghiamo da secoli un senso di inferiorità nei confronti del resto del mondo che non siamo mai riusciti a scrollarci di dosso. Abbiamo amato Mussolini perché per quattro lustri ci ha regalato l’illusione di essere una nazione di eroi, un Impero, di contare qualcosa in quel mondo dove, alla fine dei conti, siamo solo “spaghetti, pizza e mandolino”. Adesso amiamo Berlusconi, e la sua politica della contraddizione. Lo amiamo perché ad ogni critica che giunge alla prosperità, all’importanza e alla gloria di questo paese e di chi lo governa, egli risponde “è falso, ci invidiano e ci odiano, noi siamo onesti, belli, giusti e potenti”. Ed è proprio quello che gli italiani vogliono sentirsi dire. Che sono onesti, belli, giusti e potenti. Non vorrebbero mai sentirsi dire che Berlusconi non è altro che lo specchio della nostra società, è ciò che ci meritiamo, è stato eletto semplicemente perché ogni italiano si rivede in lui. L’italiano che evade le tasse, l’italiano un po’ traccagnotto che punta sulla simpatia e sul savoir faire da vitellone anni ’60 per fare colpo sulla giovane diplomata e scrollarsi di dosso le noie di un matrimonio che sopporta solo per imposizione ecclesiale, l’italiano che mente, che se ne frega del suo prossimo, che gode delle disgrazie dell’inquilino accanto, che è incapace di un pensiero critico che esuli dal qualunquistico “tanto a nessuno importa niente degli altri”.
Siamo deboli. Dobbiamo prenderne atto e diventare forti. E dobbiamo farlo adesso.