Questo blog ha parlato dei quesiti referendari su cui siamo chiamati ad esprimerci il 20-21 giugno .
Vorrei dire che l'intera vicenda del referendum è molto grave. Da che esistono i referendum ho sempre avuto una sola risposta per chi invitava all'astensione: no grazie. Per due ragioni. Economicamente, significa mandare a farsi benedire i soldi spesi dallo stato per la loro organizzazione. Civicamente, significa invitare gli elettori a mandare a farsi benedire il loro diritto di esprimersi, una volta tanto che possono farlo. Mi si risponderà che i risultati dei referendum sono, se necessario, tranquilamente aggirati dalla nostra illuminata classe dirigente. Ma non mi pare una buona scusa, in base a questa dovrei bruciare il mio certificato elettorale o in andare in parlamento con le "buone intenzioni" di Guy Fawkes.
Detto ciò, sono per l'astensione al prossimo referendum del 26/27 giugno. La prima ragione viene
dall'ottimo editoriale di domenica 17 maggio 2009 di Giovanni Sartori sul Corriere della Sera: non dare legittimità democratica col voto o alla legge attuale (col no) o alla legge derivata dal referendum (col sì), che riuscirebbe nell'impresa di peggiorare le cose.
Ma c'è di più: in momenti in cui il premier si lascia andare nella più allegra scioltezza a dichiarazioni golpiste, con una maggioranza che è riottosa solo per modo di dire, e che ha peraltro dichiarato che NON cambierà la legge elettorale uscita dalle urne, se vincerà il sì, l'esatto contrario di quanto auspicato dal comitato referendario, rinunciare a un principio per salvaguardare la democrazia è assolutamente obbligatorio. Anche perchè è da stabilire ancora quanto granitica resti l'opposizione dopo le elezioni europee.
Aggiungo però una cosa. Va detto che questo referendum segnerà in ogni caso l'ennesima vittoria, salvo clamorosi imprevisti, della peggio partitocrazia italiana sulla nostra povera democrazia. Ricordo che nella scorsa campagna elettorale (politiche 2008) si parlava della necessità di cambiare legge elettorale un giorno sì e uno pure. Anche solo per dire che i fannulloni della sinistra dopo essersesene tanto lagnati non erano riusciti a rinunciarci (sacrosanta osservazione). Peccato che da allora le posizioni di fondamentalmente TUTTI i partiti o sono sparite in materia di riforma dell'orrido porcellum, o hanno finito per divergere tragicamente quando si è arrivati al dunque. Emblematico (e tragico) ad esempio, il caso Di pietro/De magistris. Il primo ha capito il trucco, ma propone il no anzichè l'astensione (favorendo quasi sicuramente il fronte del sì, che necessita del quorum). Il secondo dalla Annunziata ha dichiarato che è per il sì "per il superamento dell'attuale legge elettorale".
Che purtroppo a quanto pare non sarà mai, col sì o col no: su queste cose il PDL (e il "gran capo" in particolare) è stato chiaro.
Servirebbe dirlo e denunciarlo anzichè cianciare, purtroppo, sul nulla.
Vorrei dire che l'intera vicenda del referendum è molto grave. Da che esistono i referendum ho sempre avuto una sola risposta per chi invitava all'astensione: no grazie. Per due ragioni. Economicamente, significa mandare a farsi benedire i soldi spesi dallo stato per la loro organizzazione. Civicamente, significa invitare gli elettori a mandare a farsi benedire il loro diritto di esprimersi, una volta tanto che possono farlo. Mi si risponderà che i risultati dei referendum sono, se necessario, tranquilamente aggirati dalla nostra illuminata classe dirigente. Ma non mi pare una buona scusa, in base a questa dovrei bruciare il mio certificato elettorale o in andare in parlamento con le "buone intenzioni" di Guy Fawkes.
Detto ciò, sono per l'astensione al prossimo referendum del 26/27 giugno. La prima ragione viene
dall'ottimo editoriale di domenica 17 maggio 2009 di Giovanni Sartori sul Corriere della Sera: non dare legittimità democratica col voto o alla legge attuale (col no) o alla legge derivata dal referendum (col sì), che riuscirebbe nell'impresa di peggiorare le cose.
Ma c'è di più: in momenti in cui il premier si lascia andare nella più allegra scioltezza a dichiarazioni golpiste, con una maggioranza che è riottosa solo per modo di dire, e che ha peraltro dichiarato che NON cambierà la legge elettorale uscita dalle urne, se vincerà il sì, l'esatto contrario di quanto auspicato dal comitato referendario, rinunciare a un principio per salvaguardare la democrazia è assolutamente obbligatorio. Anche perchè è da stabilire ancora quanto granitica resti l'opposizione dopo le elezioni europee.
Aggiungo però una cosa. Va detto che questo referendum segnerà in ogni caso l'ennesima vittoria, salvo clamorosi imprevisti, della peggio partitocrazia italiana sulla nostra povera democrazia. Ricordo che nella scorsa campagna elettorale (politiche 2008) si parlava della necessità di cambiare legge elettorale un giorno sì e uno pure. Anche solo per dire che i fannulloni della sinistra dopo essersesene tanto lagnati non erano riusciti a rinunciarci (sacrosanta osservazione). Peccato che da allora le posizioni di fondamentalmente TUTTI i partiti o sono sparite in materia di riforma dell'orrido porcellum, o hanno finito per divergere tragicamente quando si è arrivati al dunque. Emblematico (e tragico) ad esempio, il caso Di pietro/De magistris. Il primo ha capito il trucco, ma propone il no anzichè l'astensione (favorendo quasi sicuramente il fronte del sì, che necessita del quorum). Il secondo dalla Annunziata ha dichiarato che è per il sì "per il superamento dell'attuale legge elettorale".
Che purtroppo a quanto pare non sarà mai, col sì o col no: su queste cose il PDL (e il "gran capo" in particolare) è stato chiaro.
Servirebbe dirlo e denunciarlo anzichè cianciare, purtroppo, sul nulla.
il problema è che l'astensione alle politiche non costituisce un'arma per far fallire le elezioni suddette, e già questo dovrebbe bastare a far capire agli elettori che non votare i referendum significa accettare di rimanere subalterni nel sistema politico italiano.
RispondiEliminapoi ti volevo chiedere dove avessi letto che il PDL non cambierebbe la legge elettorale referendata, in caso di vittoria del si. Credo sia una notizia importante, ma non c'è link.
per esempio d'alema sostiene il contrario, visto che la Lega minaccerebbe di far cadere il governo per un rifiuto di riscrivere la legge in quel caso.
anche noi stiamo trattando la questione, anche se come avrai capito con una posizione diametralmente opposta alla tua.
http://politicapulita.wordpress.com
@ politicapulita
RispondiEliminaNOI NON VOTIAMO perché anche il 'non voto' è un diritto-dovere del cittadino, anche se nessuno lo dice.
NOI NON VOTIAMO perché, di fronte a due schieramenti insostenibili, il non voto è l'espressione più alta della protesta civile.
NOI NON VOTIAMO per non cadere nel tranello-farsa del 'se non voti sei antidemocratico'.
NOI NON VOTIAMO perché riponiamo la speranza nei veri e forti cambiamenti, quelli di cui abbiamo bisogno oggi.
NOI NON VOTIAMO perché sappiamo che questo referendum (sottolineo questo) è un prestar la mano ad una truffa ben architettata nei confronti della società civile.
NOI NON VOTIAMO perché si capisca forte e chiaro che nessuno, oggi, ci rappresenta: nè i singoli, nè le liste.
NOI NON VOTIAMO anche se non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere e se ne infischia delle motivazioni di cui sopra.