di Marco Cecini
“Il timore dei nemici ispirava ai cittadini una giusta condotta. Ma svanito quel timore dai loro animi, subentrarono, com'è naturale, la dissolutezza e la superbia, compagne inseparabili della prosperità. Così quella pace che avevano tanto desiderato nei momenti difficili, una volta conseguita, si rivelò ancora più dura e crudele. Infatti la nobiltà trasformò in abuso la propria dignità, il popolo la propria libertà: ognuno si diede a prendere per sé, ad afferrare, ad arraffare. Così tutto fu diviso fra due partiti e la repubblica, che era sempre stata un bene comune, fu fatta a pezzi. Peraltro i nobili erano più potenti per la loro salda coesione, mentre la forza della plebe disorganizzata e dispersa nella massa si faceva sentire meno.”
Un articolo di qualche giornale comunista? Niente affatto, si tratta del buon Sallustio, roba di un paio di millenni fa. I comunisti ancora non c’erano, ma esistevano già concetti quali la libertà, la giustizia, l’uguaglianza, la verità, l’onore, il dovere.
Cose che la nostra politica, da una quindicina di anni a questa parte sembra aver non solo dimenticato, ma addirittura ribaltato nella scala dei valori. Sostituite al passo di cui sopra il “timore dei nemici” con il “timore del risultato elettorale”, la “pace” con la “stabilità di governo” e la “nobiltà” con… beh, lì credo ci si possa arrivare anche da soli, ed avrete il quadro della nostra attuale società.
Vi spaventa? È giusto che lo faccia, signori miei, perché l’Italia versa in uno stato allarmante non solo agli occhi dell’Europa, ma a quelli del mondo. Perché quando un piccolo staterello che vanta fra le sue poche glorie quella di aver varato forse la più moderna e libera delle Costituzioni del pianeta si permette di tollerare lussi, lascivie e disastri degni della più corrotta Roma imperiale, quando un popolo accetta che lo si domini solo per continuare a mentire a se stesso con la promessa della prosperità, quando le menzogne sostituiscono il “panem”, allineandosi ai “circenses” negli strumenti del potere di nuovi Imperatori, la scelta è una sola: alzarsi e combattere.
Il perché è molto semplice. Per mandare a casa Berlusconi? No, non solo. Sentiamo come un lucidissimo Sallustio continua la sua analisi politica.
“Così l'avidità, assecondata dal potere, cominciò a propagarsi ovunque, senza modo né misura, portando con sé corruzione e distruzione e non avendo rispetto né timore religioso, finché precipitò in rovina da sola. Infatti, non appena emersero dalla fazione dei nobili alcuni uomini che preferivano la gloria a una ingiusta potenza, la città si scosse e la lotta civile si scatenò come un terremoto.”
Esatto, avete letto bene. La diretta conseguenza di uno stato di deriva morale, di avidità, di ingiustizia, di lascivia e di corruzione, la declinazione esatta del privilegio che si impone sull’uguaglianza, è la dittatura. L’emergere di persone forti animate da ideali talmente possenti da risultare esasperati, innamorate della loro idea di giustizia più di quanto lo siano delle persone stesse sulle quali applicarla.
Quando Berlusconi lascerà la sua morsa su questo paese, ci sarà un vuoto da colmare. La gente, per troppi anni abituata all’immagine dell’uomo forte e, ancora ad oggi, dopo anni di disastri, incapace di percepire la verità dietro le menzogne, non potrà fare a meno che continuare in quel che le risulta più facile fare: affidare oneri e onori del comando a qualcun altro. Magari stavolta di spiccata moralità, di etica cristallina. Ma la SUA moralità, la SUA etica. Unica e sola, senza possibilità di alternativa, di scambio, o di confronto. E, per citare Pannella, dove c’è strage di idee c’è strage di popoli.
Del resto, è anche da questo che si misura la forza o meno di un popolo. Noi italiani siamo deboli.
Eredi di una civiltà, quella romana, che nulla ha a che vedere con la nostra mediocrità, paghiamo da secoli un senso di inferiorità nei confronti del resto del mondo che non siamo mai riusciti a scrollarci di dosso. Abbiamo amato Mussolini perché per quattro lustri ci ha regalato l’illusione di essere una nazione di eroi, un Impero, di contare qualcosa in quel mondo dove, alla fine dei conti, siamo solo “spaghetti, pizza e mandolino”. Adesso amiamo Berlusconi, e la sua politica della contraddizione. Lo amiamo perché ad ogni critica che giunge alla prosperità, all’importanza e alla gloria di questo paese e di chi lo governa, egli risponde “è falso, ci invidiano e ci odiano, noi siamo onesti, belli, giusti e potenti”. Ed è proprio quello che gli italiani vogliono sentirsi dire. Che sono onesti, belli, giusti e potenti. Non vorrebbero mai sentirsi dire che Berlusconi non è altro che lo specchio della nostra società, è ciò che ci meritiamo, è stato eletto semplicemente perché ogni italiano si rivede in lui. L’italiano che evade le tasse, l’italiano un po’ traccagnotto che punta sulla simpatia e sul savoir faire da vitellone anni ’60 per fare colpo sulla giovane diplomata e scrollarsi di dosso le noie di un matrimonio che sopporta solo per imposizione ecclesiale, l’italiano che mente, che se ne frega del suo prossimo, che gode delle disgrazie dell’inquilino accanto, che è incapace di un pensiero critico che esuli dal qualunquistico “tanto a nessuno importa niente degli altri”.
Siamo deboli. Dobbiamo prenderne atto e diventare forti. E dobbiamo farlo adesso.
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