"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

lunedì 10 settembre 2012

Centralità operaia



Sarà che le elezioni si avvicinano ed Istituzioni e partiti non possono certo smentire quella retorica del lavoro, dello sviluppo, della crescita che profondono a piene mani, sarà che gli operai, nonostante tutto e nonostante i tempi in cui viviamo, continuano a mantenere quel riconoscimento politico e quella centralità sociale attraverso cui seguitano a rappresentare simbolicamente il lavoro, sarà che nei loro confronti non è possibile o non è, almeno in questo momento, elettoralmente conveniente usare gli stessi metodi di repressione violenta e di mistificazione truffaldina che si è abituati ad usare nei confronti di altri movimenti di protesta e di lotta, quello NoTav ad esempio, i cui militanti vengono etichettati come giovincelli scansafatiche e attaccabrighe, contrari al progresso e contigui a forme di pseudo nuovo terrorismo, di anarco-insurrezionalismo o se non altro da essi condizionabili o infiltrabili,
Ma sta di fatto che sono bastati 500 operai dell'Alcoa, giustamente incazzati nel vedere messi a repentaglio il proprio lavoro ed il proprio futuro, per mettere in riga tecnici e politici, costringerli a trattare e far fuggire con la coda tra le gambe l'utile (o inutile a seconda dei gusti) idiota del PD, Stefano Fassina, colui che dovrebbe continuare ad incarnare l'area laburista e di sinistra del PD (e questo dice tutto delle condizioni di quel partito) ma che certo non può nascondere, tra un'esternazione e l'altra (più o meno concordata od unicamente voci dal sen sfuggite: “il governo Monti ha finito il suo compito”, “la prossima maggioranza comprenderà SEL e UDC”), il tradimento perpetrato dal suo partito nei confronti degli ideali e degli interessi dei lavoratori.

Quale sarà l'esito di questa vertenza non si può ancora sapere, probabilmente si cercherà di prendere tempo, così dice Passera, almeno fino ai giorni delle elezioni, ma una riflessione è già possibile trarla e cioè che se il mondo del lavoro facesse sentire unitariamente la propria voce – mettendo insieme occupati e disoccupati, precari e cosiddetti garantiti, giovani e vecchi, uomini e donne, in servizio o in pensione – le cose in questo Paese potrebbero cambiare dal punto di vista politico, sociale, economico. E questo fa risaltare ancora di più le colpe e le responsabilità dei Sindacati che, per incapacità, ignavia o mera convenienza personale dei propri dirigenti, hanno condotto alla disfatta i propri rappresentati in un continuo ed inesorabile arretramento di diritti e condizioni di vita.
E dà ulteriore forza e valore alle parole di Maurizio Landini circa la necessità di ridare una rappresentanza politica al mondo del lavoro salvo poi dover constatare che ciò non si è tradotto fino ad oggi, denotando scarso coraggio, in alcuna iniziativa concreta.



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