"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

domenica 9 settembre 2012

Napolitano e la sovranità popolare

Così recita l'articolo 1 della Costituzione Repubblicana:
“L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”

Il lavoro come diritto sostanziale di tutti i cittadini e fondamento della vita sociale ce l'eravamo già giocati da tempo.
Per quanto riguarda la sovranità popolare, ovviamente solo facendo finta che l'Italia possa essere ancora considerata una democrazia e che le regole costituzionali siano effettivamente applicate, essa trova la propria espressione centrale, anche se non unica, nelle elezioni attraverso le quali il popolo sceglie i propri rappresentanti in Parlamento in funzione dell'indirizzo politico e del programma di governo che vuole vedere realizzato.
Ma per Napolitano, ad ascoltarne le parole pronunciate nel videomessaggio inviato al Workshop Ambrosetti di Cernobbio, anche questa ultimo simulacro della democrazia deve essere svuotato e sterilizzato.
Non è contento colui che è stato definito il peggior Presidente della storia repubblicana di aver deragliato dal proprio compito di imparziale garante delle istituzioni e del gioco democratico (compito disatteso durante tutto il mandato di governo di Berlusconi avallandone le leggi ad personam) per assumere, contra constitutionem, il ruolo di promotore ed artefice dell'indirizzo politico di governo ma nutre ora la pretesa che le politiche del suo governo Monti, opinabili e contestabili come tutte le scelte politiche, debbano necessariamente perpetuarsi anche nella prossima legislatura al di là di quanto potranno decidere gli elettori.
E che i partiti che dovranno e potranno contendersi, gli unici a ricevere la legittimazione in tal senso in una specie di lavagna dei buoni e dei cattivi, la guida del governo saranno quelli che sottoscriveranno su sua iniziativa l'impegno a proseguire gli impegni europei come se queste – l'euro, l'austerità, le politiche monetarie e sul lavoro, le compatibilità europee – non fossero proprio le opzioni su cui devono pronunciarsi gli elettori.
L'Arbitro cessa di essere tale e ed opera apertamente per far vincere una o solo alcune delle squadre che partecipano alla contesa elettorale negando pari dignità e pari diritti a quella vasta parte delle forze politiche e della società civile che, dentro le regole costituzionali, si oppone all'euro e all'Europa o almeno a questa Europa sotto il giogo della dittatura della finanza e dei mercati.
Afferma Napolitano: “Mi adopererò perché in Italia venga esplicitamente e largamente condiviso l'impegno a dare seguito e sviluppo a scelte di fondo concertate in sede europea. I diversi schieramenti politici che si contenderanno il consenso degli elettori possono ben riconoscere la necessità vitale di un loro impegno convergente su quel terreno. Cercherò di sollecitare una tale manifestazione di libera e limpida consapevolezza politica, considerandolo mio dovere, fino al termine del mandato presidenziale".
Il disprezzo della volontà e della sovranità popolare che raggiunge il suo apice, in quello che fu Il chierico fedele del Talleyrand rosso, nell'incontro tra la vecchia formazione leninista e la fede incrollabile acquisita negli anni nella religione atlantista e dei mercati finanziari.
C'è da pensare che l'insistenza con cui Napolitano auspica la modifica della legge elettorale non stia tanto nelle storture del Porcellum (l'assenza del potere di scelta dei parlamentari da parte degli elettori usurpato completamente dalle segreterie dei partiti, lo sproporzionato premio di maggioranza alla Camera non fondato su alcuna percentuale minima della coalizione vincente a cui unisce, in un difficile equilibrio di governabilità, il sistema del Senato maggioritario su base regionale) quanto nell'indicazione sulle schede del candidato Premier. Questione sulla quale in effetti il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto opporre, anziché sulla risibile questione delle intercettazioni, il conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale essendo lesi nello specifico i propri poteri costituzionali di scelta del Capo del Governo. Ma dopo non aver battuto ciglia nel nominare Berlusconi alla guida del Governo (e ministri come la Carfagna, Saverio Romano, addirittura sia pure solo per pochi giorni Brancher …) Napolitano è terrorizzato dal doversi trovare costretto ad affidare l'incarico della formazione dell'Esecutivo – perché ciò di fatto gli impone la legge elettorale in vigore - non solo e non tanto ad un esponente delle opposizioni populiste, la cui vittoria è difficile prevedere, ma a qualcuno (ad esempio il vincente delle primarie del centrosinistra: Bersani, Vendola, Renzi) che non sia il fidato Monti.

Post Scriptum. La Presidenza della Repubblica probabilmente non nega il proprio messaggio augurale, condito dagli auspici di rito, ad alcun congresso e convegno anche di parte (ad eccezione di ciò che riguarda il Movimento delle Agende Rosse di Salvatore Borsellino per la verità sulle stragi di mafia) ma non provoca disgusto vederlo omaggiare – senza una parola di critica, senza un distinguo – quelle adunate delle classi dirigenti (Cernobbio) o dei movimenti (Comunione e Liberazione) che così tanta responsabilità hanno nella crisi italiana? 



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