Sarà che le elezioni si avvicinano ed
Istituzioni e partiti non possono certo smentire quella retorica del
lavoro, dello sviluppo, della crescita che profondono a piene mani,
sarà che gli operai, nonostante tutto e nonostante i tempi in cui
viviamo, continuano a mantenere quel riconoscimento politico e quella
centralità sociale attraverso cui seguitano a rappresentare
simbolicamente il lavoro, sarà che nei loro confronti non è
possibile o non è, almeno in questo momento, elettoralmente
conveniente usare gli stessi metodi di repressione violenta e di
mistificazione truffaldina che si è abituati ad usare nei confronti
di altri movimenti di protesta e di lotta, quello NoTav ad esempio, i
cui militanti vengono etichettati come giovincelli scansafatiche e
attaccabrighe, contrari al progresso e contigui a forme di pseudo
nuovo terrorismo, di anarco-insurrezionalismo o se non altro da essi
condizionabili o infiltrabili,
Ma sta di fatto che sono bastati 500
operai dell'Alcoa, giustamente incazzati nel vedere messi a
repentaglio il proprio lavoro ed il proprio futuro, per mettere in
riga tecnici e politici, costringerli a trattare e far fuggire con la
coda tra le gambe l'utile (o inutile a seconda dei gusti) idiota del
PD, Stefano Fassina, colui che dovrebbe continuare ad incarnare
l'area laburista e di sinistra del PD (e questo dice tutto delle
condizioni di quel partito) ma che certo non può nascondere, tra
un'esternazione e l'altra (più o meno concordata od unicamente voci
dal sen sfuggite: “il governo Monti ha finito il suo compito”,
“la prossima maggioranza comprenderà SEL e UDC”), il tradimento
perpetrato dal suo partito nei confronti degli ideali e degli
interessi dei lavoratori.
Quale sarà l'esito di questa vertenza
non si può ancora sapere, probabilmente si cercherà di prendere
tempo, così dice Passera, almeno fino ai giorni delle elezioni, ma
una riflessione è già possibile trarla e cioè che se il mondo del
lavoro facesse sentire unitariamente la propria voce – mettendo
insieme occupati e disoccupati, precari e cosiddetti garantiti,
giovani e vecchi, uomini e donne, in servizio o in pensione – le
cose in questo Paese potrebbero cambiare dal punto di vista politico,
sociale, economico. E questo fa risaltare ancora di più le colpe e
le responsabilità dei Sindacati che, per incapacità, ignavia o mera
convenienza personale dei propri dirigenti, hanno condotto alla
disfatta i propri rappresentati in un continuo ed inesorabile
arretramento di diritti e condizioni di vita.
E dà ulteriore forza e valore alle
parole di Maurizio Landini circa la necessità di ridare una
rappresentanza politica al mondo del lavoro salvo poi dover
constatare che ciò non si è tradotto fino ad oggi, denotando scarso
coraggio, in alcuna iniziativa concreta.
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