"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

martedì 20 marzo 2012

Il licenziamento individuale è sempre discriminatorio



Non c'è che dire, in termini di capacità propagandistiche e mistificatorie i cosiddetti tecnici non hanno alcunché da invidiare ai politici più consumati. Anzi con la loro tanto decantata sobrietà sovrastano decisamente, per come risultano efficaci nell'ingannare l'opinione pubblica, i rozzi e sguaiati politici che li hanno preceduti al Governo (i Brunetta, i Tremonti, i Maroni, i La Russa). A patto di non contraddirli mai perché in quel caso vomiterebbero tutta la protervia ed arroganza dei nuovi 'unti del signore'.
Sotto l'indecente ombrello protettivo di Napolitano ci hanno riempito la testa con i loro slogan e e loro parole d'ordine: l'Europa, il futuro dei giovani, le donne, i mercati, la competitività, l'equità, lo sviluppo e la crescita, l'eliminazione degli steccati tra 'garantiti' e 'non garantiti'. La possibilità per le imprese di licenziare arbitrariamente i propri dipendenti diventa la 'flessibilità in uscita'. In quattordici punti ci hanno spiegato perché la TAV in Val di Susa è indispensabile evitando naturalmente, come scrive Luca Mercalli sul FattoQuotidiano, di confrontarsi, sui dati e sui numeri reali, con i tanti esperti che hanno sottoscritto l'appello per rimettere in discussione quell'opera.
Con i partiti che hanno lasciato mano libera al governo Monti in materia economica e sociale (sono altre le cose che interessano a PD, PDL e UDC: le poltrone di domani, la RAI, le aziende e i processi di Berlusconi) dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che i tecnici stanno facendo pagare tutti i costi del risanamento finanziario (ammesso che questo tentativo, fondato sull'austerità e la conseguente recessione drammaticamente già in atto, possa avere successo dal punto di vista dell'equilibrio dei conti dello Stato) ai lavoratori e ai ceti popolari. Con una folle riforma delle pensioni, scegliendo di ripristinare l'ICI (l'IMU) anziché adottare un'imposta patrimoniale, aumentando le imposte indirette che colpiscono maggiormente i più poveri anziché colpire i redditi più elevati, rimandando ad un futuro che non vedremo mai l'aggressione ai veri mali italiani: le mafie, la corruzione, l'evasione fiscale, le ruberie e gli sprechi dei politici e dei grandi burocrati, i privilegi del Vaticano.

Persino quel modesto aumento del prelievo d'imposta per i capitali scudati sta risultando di ardua attuazione.
Carlo Clericetti su Repubblica mi sembra colga perfettamente il senso della 'riforma' (senza vergogna la chiamano 'manutenzione') dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori: dare alle imprese la possibilità di espellere dal processo produttivo i lavoratori più anziani e più costosi per sostituirli con i giovani meno pagati per ridurre il costo del lavoro e rendere così più competitive, in assenza della possibilità di svalutare una moneta nazionale, le merci italiane.
Distinguere tra licenziamenti discriminatori, disciplinari e di natura economica è infatti l'ultimo degli inganni. Perché le imprese che vogliono liberarsi di un lavoratore (per ragioni fondate o non fondate, dicibili o indicibili) dovrebbero non percorrere la strada del licenziamento per motivi economici ('oggettivi') che non dà luogo a contenziosi giudiziari e possibili reintegri? Avrebbero problemi a collocare i soggetti da espellere in posti organizzativamente ad hoc?
Fermo restando che tutto questo non servirà ad aumentare complessivamente l'occupazione e a stimolare la crescita (ce lo hanno spiegato imprenditori ed economisti, anche di orientamento liberale e lo dimostra il fatto che anche nelle aziende al di sotto dei quindici dipendenti, dove non operava l'obbligo del reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa, non vi fosse alcuna propensione a nuove assunzioni) per il semplice motivo che finché la competizione con i concorrenti esteri si giocherà sul costo del lavoro ci sarà sempre una Slovenia, una Romania, una Serbia, una Corea, un Vietnam, una Cina, un Brasile dove sarà più conveniente trasferire la produzione, la norma sui licenziamenti individuali creerà un clima di terrore nelle aziende e una guerra tra poveri. Perché nessuno può permettersi di perdere il posto di lavoro, perché sa che non lo ritroverà e meno che mai lo ritroverà alle condizioni raggiunte con decenni di anzianità di servizio. Perché sa che verrebbe stritolato nella triplice morsa della crisi economica, di una pensione ormai divenuta un miraggio irraggiungibile, di ammortizzatori sociali sempre più insufficienti (e già la Cassa integrazione era un dramma non un lusso come ora vorrebbero farci credere). Il dramma evidentemente sarà soprattutto per i lavoratori 'anziani' fuori mercato per competenze professionali e per 'pretese' economiche e normative, nonostante siano state proprio le famiglie dei 'vecchi' lavoratori a garantire quel welfare che lo Stato non assicurava e che hanno consentito di mantenere fin qui una sostanziale pace sociale.
E qualcuno pensa che nel Paese delle cricche e delle massonerie, dei boss delle varie mafie, dei politici che hanno il potere di commissionare questo o quell'appalto, ad essere cacciati saranno i peggiori o non coloro, anche fossero i migliori, senza santi in Paradiso?
Avrei voluto sentire qualcuno parlare di piena occupazione (nel caso riducendo in modo generalizzato l'orario di lavoro, così come consentirebbero le nuove tecnologie), di reddito di cittadinanza e invece quello che ci viene imposto è di spalmare, lasciando invariate o addirittura riducendo le cifre complessive, il monte salari e gli stanziamenti per gli ammortizzatori sociali su di una platea ancora più vasta di destinatari.
In altri paesi, in altre epoche, in altri contesti, tutto questo determinerebbe la nascita e lo sviluppo di un autentico conflitto sociale ma oggi come oggi (con CISL, UIL e UGL nell'abituale ruolo di Sindacati di comodo, la CGIL della Camusso che ha detto no all'accordo cosa farà ora? proclamerà due ore di sciopero?) è quanto di più lontano possa apparire all'orizzonte.
Forse è veramente (Monti dopo Berlusconi) quello che noi italiani ci meritiamo.

Nessun commento:

Posta un commento