I 'complottisti' come me l'hanno sempre
pensato, detto, scritto. Berlusconi non si sarebbe dimesso se non
avesse avuto la garanzia (il salvacondotto) dell'impunità
giudiziaria e dell'integrità delle sue proprietà e delle sue
aziende. Una soluzione peraltro ammessa, prospettata od evocata da politici di livello
nazionale: esplicitamente da Rocco Buttiglione dell'UDC e
velatamente e ambiguamente da Massimo D'Alema del PD.
Una volta costretto a farsi da parte,
non perché sconfitto alle elezioni, non perché travolto
dall'indignazione popolare, non perché sfiduciato dal più
impresentabile Parlamento della storia repubblicana, ma per le
manovre al ribasso sulle quotazioni di Borsa dei titoli Mediaset
(ultimo e decisivo atto della guerra mossagli da certi poteri forti,
più internazionali che italiani), Berlusconi, tuttora decisivo con il suo partito per la sopravvivenza del governo in carica, incassa mano a mano,
come nota sul Fatto Quotidiano Luca Telese, la contropartita di un patto scellerato.
I suoi processi e quelli dei suoi
sodali (Mills) si concludono ad uno ad uno con la prescrizione, la
Corte Costituzionale rigetta lo scomodo (anche se tutt'altro che
condivisibile dal mio punto di vista) referendum elettorale che si
proponeva di togliere alle segreterie dei partiti il potere di
nominare i parlamentari, la Corte di Cassazione dell'ineffabile pg
Iacoviello da ultimo cancella la sentenza di condanna per mafia di
Marcello Dell'Utri (non un personaggio di secondo piano ma l'artefice
e l'ispiratore del potere economico e politico berlusconiano)
contestando il reato di concorso esterno in associazione mafiosa,
quello voluto da Falcone e Borsellino per colpire i colletti bianchi
collusi con la criminalità organizzata. Coincidenze? Può darsi. In
questi casi si usa dire che è necessario rispettare le sentenze
della magistratura e che bisogna aspettare di poter leggerne le
motivazioni. Di fatto, per chi ha un minimo di fiuto politico, è
impossibile non sospettare con fondate ragioni che tutto ciò faccia
parte di un determinato disegno in cui anche le supreme magistrature,
la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale, si adeguano al
contesto politico ed al superiore interesse di affrontare le emergenze finanziarie.
Ora per Berlusconi restano il processo
per il caso Ruby per il quale ci vorranno anni per arrivare ad una
conclusione definitiva e che comunque è una storia di secondo piano
e soprattutto il risarcimento da pagare a De Benedetti per la
corruzione nel giudizio sul Lodo Mondadori di cui si avvantaggiò
Mediaset.
Che l'aria tiri in un certo modo mi
sembra l'abbia capito perfettamente anche il proprietario di
Repubblica che, temendo gli esiti del prossimo giudizio della Corte
di Cassazione sul risarcimento dovutogli, dopo i peana al Governo
Monti ora si scopre nuovamente movimentista e plaude alle lotte in
difesa dell'articolo 18 e contro la realizzazione della TAV in Val di
Susa.
E per quanto riguarda le aziende di
Berlusconi, così come per l'ICI alla Chiesa si è prodotto tanto
fumo, in nome dell'equità e delle sacrosante richieste della
pubblica opinione, ma poco arrosto, il rinvio del beauty contest
(quello che assegnava gratuitamente le frequenze televisive agli
attuali concessionari) puzza tanto di manovra dilatoria che non
comporterà alcun onere rilevante per Mediaset e, in ogni caso, non è
all'orizzonte alcuna legge antitrust riguardante il sistema
televisivo né alcuna bonifica della Rai ammorbata dai partiti ed in
particolare da quello di Berlusconi.
Dagli esiti delle pendenze giudiziarie
di Berlusconi si possono, credo, trarre almeno due conclusioni.
Primo. Come si può pensare che Monti,
anche se ne avesse le capacità e fosse sinceramente ispirato dalle
migliori intenzioni, possa operare per trasformare positivamente il
nostro Paese quando dipende da forze politiche che perseguono
tutt'altro che il bene comune come PD, PDL e UDC? Monti, insieme a
Napolitano, non è altro che l'esecutore e il garante di decisioni
prese altrove e da altri (i grandi poteri finanziari internazionali,
l'Europa di Merkel e Sarkozy, gli USA di Obama) e per realizzarle,
conservando la fiducia del Parlamento, deve evitare di mettere mano
ai grandi punti dolenti che riguardano l'Italia: corruzione, mafie,
partitocrazia, ingerenze vaticane.
Secondo. Si dovrebbe smetterla di
concepire la magistratura nel suo insieme come una delle parti sane
del Paese. Nella magistratura vi sono stati o vi sono eroi che hanno
perso la vita o che la rischiano per affermare la legalità e la
verità. Ma l'istituzione magistratura nel suo complesso appare
sempre più lo specchio fedele del nostro Paese: poche grandi
eccellenze e una disarmante massa di burocrati e arrivisti, forti con
i deboli e deboli con i forti.
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