"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

lunedì 30 gennaio 2012

Delirio e dintorni

Alune espresioni credo siano state coniate proprio nel XX secolo, ora non sono più molto di moda, ma credo persistano dormienti nell'immaginario collettivo.

"Il mondo è impazzito"
"Al mondo non c'è più religione"

Il mondo è impazzito.
Le malattie mentali sono sempre più diffuse.
La psichiatria non ha fatto molti progressi e siamo ancora molto lontani dal sapere e dal capire se e quali disturbi della personalità siano genetici e quali invece siano aquisiti, per difesa o altro, lungo il percorso della vita che ci capita e che qualcuno ha il cattivo gusto di peggiorare.
In effetti, un pesante e scientifico contributo al delirio planetario ci viene dai media, gestiti da un sistema di potere criminale, sempre più scomposto e sempre più goffo nel tentativo di accreditarsi agli occhi delle sue vittime come paterno ordine costituito. Da ultimo, a titolo puramente esemplificativo, mi limito a citare il tg di Mentana, il quale dalle marchette è passato a rapporti sessuali completi con il sedicente governo Monti in diretta televisiva in prima serata..
Il caos, la rabbia, la fame e la disperazione crescenti nel quotidiano degli incazzados di tutto il mondo sono specchio impietoso quanto impotente delle menzogne senza più ritegno e dell'egoismo sempre più efferatamente criminale dei poteri forti.
Patisco la violenza e la spietatezza con cui televisioni, giornali e internet vogliono obbligarci a quella che si ostinano a chiamare crescita, cioè ad autodistruggerci continuando a produrre comprare e consumare tutto quello che vomita la pubblicità, il tutto per l'utilità di pochi, affinché, sulla nostra pelle, possano speculare fino all'ultima goccia di petrolio, fino all'ultimo atomo di uranio e di plutonio...; ma anche affinché possano, con i tempi a loro necessari e sempre sulla nostra pelle, procedere alla comunque inevitabile riconversione industriale ed economica, mantenendo saldamente il controllo di tutte le risorse, ormai ridotte a ben poca cosa.
La pubblicità, artatamente ed incessantemente alternata a trasmissioni scientificamente demenziali o insopportabilmente di propaganda, è uno dei principali strumenti con cui vengono coltivate patologie di massa.
Tutte le pubblicità sono in seconda persona singolare (direttamente o indirettamente per induzione).
'Perché tu vali!'
'Il tuo futuro..'
'La tua macchina..'
'La tua famiglia..'
'Il lusso è un diritto' (Questa è una delle più idiote. Per la cronaca, il lusso è uno spreco, antieconomico, antidemocratico e illiberale. Quello che dovremmo perseguire è l'eccellenza, l'alta qualità, che è esattamente l'opposto del lusso).
L'uso della seconda persona singolare serve allo scopo: accarezzare il tuo ego, coltivare la tua vanità, incoraggiarti all'egoismo, proposto come espressione democratica di libertà, facendotelo sentire come un diritto, spingerti a coltivare il tuo orticello.
In una parola, la prima e più elementare applicazione del divide et impera.
Gli oligarchi di oggi, che non sono più quelli di una volta (mio padre diceva sempre 'meglio avere a che fare con uno stronzo che con un imbecille' e questi, purtroppo, non sono stronzi), come quelli di ieri, devono riuscire ad asservire interi popoli e sanno che l'unione fa la forza, da qui la necessità di annullare agli occhi di tutti e di ciascuno la dimensione collettiva, spingendo ognuno verso un patologico individualismo che cresce, fertile di masochismo, nelle fragili menti dei più, rese sterili di consapevolezza dalla mancanza di istruzione, di informazione e di ogni stimolo intellettuale.

Al mondo non c'è più religione.
Credo sia vero anche questo.
Con la precisazione, che funge anche da premessa del mio ragionamento, che la religione non è la risposta, ma la domanda.
Non è importante quale risposta ti darai, l'importante è che tu ti ponga la domanda.
Non importa se crederai in Dio oppure no, e se sì, in quale Dio o in quali Dei, o se invece sarà il dubbio ad accompagnarti lungo tutto il percorso.
Quello che davvero importa è che tu abbia l'umiltà e l'intelligenza di interrogarti, di chiederti 'perché esisto'.
E' il naturale  e profondo bisogno di conoscenza dell'uomo.
Il bisogno di capire e di scoprire.
La ricerca di significato e di senso, spesso vissuto come inquietudine cui si cerca sollievo.
Così intesa, la religione è il motore della scienza, della filosofia, della politica, dell'arte, della cultura, dello sport..
Un patrimonio di conoscenza, emozioni, sentimenti, esperienze, per quanto ne sappiamo, potenzialmente infinito e crescente, nello spazio e nel tempo: la dimensione collettiva, in cui la dimensione individuale trova finalmente cittadinanza e libera espressione e la paura, fattasi saggia, diventa coraggio.
Un mondo in cui non c'è più religione è un mondo che non ha più l'umiltà di interrogarsi, condannando l'uomo alla solitudine della vanità e all'ossessione della morte.
E così si compie un paradosso.
La naturale esigenza intellettiva dell'uomo di capire e di porsi umilmente domande cede irragionevolmente il posto all'angosciante, patetico e velleitario tentativo di negare ostinatamente l'unica cosa che sa con matematica certezza e che non può in alcun modo evitare: la morte.
Un delirio, decisamente.
Arte cultura scienza diritto politica economia..da decenni si sono fermate.
L'immenso patrimonio di conoscenza  faticosamente acquisito in 2 milioni e mezzo di anni sembra non interessare più a nessuno, accrescerlo ancora meno.
La vanità, sintesi di tutte le debolezze umane, da tempo ormai sembra essere diventata il nuovo motore del mondo.
E il mondo ha ceduto il passo alla finzione.
Se potete, restate autentici.

sabato 28 gennaio 2012

La rivolta sociale


Sono ormai evidenti i segni della rivolta sociale che sta esplodendo in Italia.
Epilogo inevitabile per un Paese con un'economia, divenuta terra di conquista per le grandi corporation straniere, che ormai da anni si trascina tra stagnazione, recessione e inesorabile declino, con una drammatica crisi finanziaria causata dalla speculazione internazionale e da un debito pubblico non più sostenibile, con lo stillicidio di manovre (di Berlusconi e Monti) che hanno falcidiato i redditi dei cittadini, con le disuguaglianze sociali che hanno raggiunto ormai livelli intollerabili, con il cancro dell'illegalità che si è radicato in tutti i settori della vita sociale e produttiva, con una classe dirigente (non solo politica) inadeguata, incapace e corrotta.
Servirebbe un 'progetto' paese come si afferma nell'ultima ricerca dell'Eurispes che riesca a restituire speranza, ottimismo e a dare un senso ai sacrifici e alle difficoltà che stiamo affrontando indicando la prospettiva della giustizia sociale, della lotta alla povertà e alla disoccupazione, di una riconversione e rinascita produttiva che sappia valorizzare e promuovere – dando da subito dei segnali positivi – competenze, creatività e lavoro, anche e soprattutto dei giovani.
In sua assenza è inevitabile che esplodano e riesplodano le spinte secessionistiche e gli egoismi territoriali (la Padania, il rinascente separatismo siciliano e sardo) identificati come la soluzione ai problemi e le rivendicazioni e le proteste corporative e settoriali delle singole categorie.

giovedì 26 gennaio 2012

11 febbraio, la società civile in piazza con la Fiom - Firma l'appello





In una «Repubblica democratica fondata sul lavoro» quale l’Italia deve costituzionalmente essere, la libertà operaia è la libertà di tutti, la sicurezza del disoccupato e del precario è la sicurezza di tutti.
Ecco perché siamo convinti che la manifestazione nazionale indetta dalla Fiom per sabato 11 febbraio debba raccogliere attorno alle bandiere dei metalmeccanici tutte le forze vive della società civile.
Ecco perché invitiamo ogni cittadino che senta ancora come propri i valori della Costituzione, non solo ad aderire ma a farsi promotore e protagonista di questa manifestazione, partecipando ad organizzarla.
Ecco perché invitiamo ogni testata giornalistica e ogni sito che ritengano irrinunciabili i princìpi della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista a mobilitare la propria forza di comunicazione e informazione, contro il muro di gomma di un monopolio massmediatico che sceglierà il silenzio.

L’Italia democratica ha bisogno di speranza, e solo la lotta tiene viva la speranza. L’impegno dei cittadini. Il tuo impegno.

Paolo Flores d’Arcais, Andrea Camilleri, Margherita Hack, Dario Fo, Antonio Tabucchi, don Andrea Gallo, Carlo Lucarelli, Fiorella Mannoia, Erri De Luca, Ascanio Celestini, Franca Rame, Stefano Rodotà, Luciano Gallino, Gustavo Zagrebelsky, Telmo Pievani, Moni Ovadia, Furio Colombo, Fabrizio Gifuni, Valerio Magrelli, Pierfranco Pellizzetti, Angelo d’Orsi, Roberto Esposito, Luciano Canfora, Massimiliano Fuksas, Carlo Galli, Franco ‘Bifo’ Berardi, Adriano Prosperi, Nadia Urbinati, Andrea Scanzi, Valerio Evangelisti, Carlo Formenti, Marco Revelli


Firma l'appello a questo link: http://temi.repubblica.it/micromega-appello/?action=vediappello&idappello=391246

venerdì 20 gennaio 2012

La Rivolta dei forconi

Cos'è la rivolta dei forconi, il movimento di contadini che insieme a camionisti, pescatori, studenti da qualche giorno sta paralizzando la Sicilia?
L'ennesimo episodio di ribellismo privo di un disegno politico come tante volte il Sud ha conosciuto nella sua storia, per di più fomentato e strumentalizzato dalla mafia con annessa manovalanza fascista di complemento e occasione del tentativo di riciclarsi per vecchi politici trombati?
Oppure fenomeno sociale certo contraddittorio e complesso ma a cui guardare con interesse e speranza per la forza con cui esso esprime la protesta, non virtuale e simbolica ma concreta e potente, nei confronti del sistema politico ed economico in cui viviamo e dei meccanismi che lo caratterizzano?

sabato 14 gennaio 2012

Il Punto. Referendum, rating, tassisti e altre storie


Nella giornata del 12 gennaio il governo Monti ha ricevuto due generosi aiutini che ne hanno rafforzato la prospettiva di durare fino alle scadenza della legislatura del 2013: il no della Camera all'arresto di Nicola Cosentino e la decisione della Corte Costituzionale di non ammettere i referendum promossi da Di Pietro per l'abrogazione dell'attuale legge elettorale (il porcellum Calderoli) ed il sostanziale ritorno a quella maggioritaria precedente (il Mattarellum).
Nicola Cosentino è accusato di essere organico al clan camorristico dei casalesi ed è assolutamente centrale nel sistema di consenso berlusconiano (ha ricoperto fino ad oggi la carica di coordinatore del PDL campano);  uno dei fatti che hanno contribuito alla vittoria delle destre nel 2008 è stato il disastro dei rifiuti in Campania con le vergognose immagini che venivano da Napoli sommersa dalla monnezza: disastro dei rifiuti a sua volta determinato dai traffici dei clan camorristici.
Il no all'arresto consente di porre un argine, sia pur momentaneo, alle fibrillazioni e alle inquietudini del PDL e di Berlusconi di fronte al governo Monti.
L'ammissione del  referendum che si proponeva di cancellare il potere delle segreterie dei partiti di scegliere in via esclusiva i membri del Parlamento avrebbe rappresentato una irresistibile tentazione per diverse forze politiche ad anticipare lo scioglimento delle Camere al fine di rimandare la consultazione referendaria e di non dover rinunciare all'ingiusta prerogativa di cui oggi godono i rispettivi leader.
C'è chi nega che sia possibile mettere in relazione i due fatti, che così facendo si reiterano abituali argomenti e atteggiamenti berlusconiani, ma certo è difficile negare che quanto verificatosi sia anche il frutto di un clima generale contraddistinto dal pensiero unico di cui è promotore Napolitano e in cui non si deve disturbare il manovratore Monti nel momento in cui il Paese è tutto preso dal tentativo (nei modi e con gli strumenti decisi dai poteri forti) di evitare la catastrofe.
In merito alla decisione della Corte Costituzionale e alle pesanti accuse lanciate al riguardo da Di Pietro a Napolitano, alcuni oggi affermano che in realtà quella decisione era scontata stante la formulazione del quesito referendario e le precedenti sentenze della Corte. Non si può non tener conto di quanto afferma un giurista  competente e irreprensibile come Stefano Rodotà che nella trasmissione televisiva '8 e 1/2' su La7 (qui dal minuto 13 e 30)  si è espresso in difesa del ruolo della Corte Costituzionale e sulla legittimità della sua decisione di non ammettere i referendum che appunto è coerente con la precedente giurisprudenza (non è ammissibile il vuoto legislativo in materia elettorale e l'abrogazione di una legge non può far tornare in vigore le norme che da quella legge erano state sostituite).
Ma nel contempo rilevo che vi era stato un appello di 111 costituzionalisti che al contrario sostenevano l'ammissibilità dei referendum.

giovedì 12 gennaio 2012

APPELLO GIÙ LE MANI DALL’ACQUA E DALLA DEMOCRAZIA!

Aderisci all'appello del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua a questo link:

Il 12 e 13 giugno scorsi 26 milioni di donne e uomini hanno votato per l’affermazione dell’acqua come bene comune e diritto umano universale e per la sua gestione partecipativa e senza logiche di profitto.
Le stesse persone hanno votato anche la difesa dei servizi pubblici locali dalle strategie di privatizzazione: una grande e diffusa partecipazione popolare, che si è espressa in ogni territorio, dimostrando la grande vitalità democratica di una società in movimento e la capacità di attivare un nuovo rapporto tra cittadini e Stato attraverso la politica.
Il voto ha posto il nuovo linguaggio dei beni comuni e della partecipazione democratica come base fondamentale di un possibile nuovo modello sociale capace di rispondere alle drammatiche contraddizioni di una crisi economico-finanziaria sociale ed ecologica senza precedenti.
A questa straordinaria esperienza di democrazia il precedente Governo Berlusconi ha risposto con un attacco diretto al voto referendario, riproponendo le stesse norme abrogate con l’esclusione solo formale del servizio idrico integrato.
Adesso, utilizzando come espediente la precipitazione della crisi economico-finanziaria e del debito, il Governo guidato da Mario Monti si appresta a replicare ed approfondire tale attacco attraverso un decreto quadro sulle strategie di liberalizzazione che vuole intervenire direttamente anche sull’acqua, forse addirittura in parallelo ad un analogo provvedimento a livello di Unione Europea che segua la falsariga di quanto venne proposto anni addietro con la direttiva Bolkestein. In questo modo si vuole mettere all’angolo l’espressione democratica della maggioranza assoluta del popolo italiano, schiacciare ogni voce critica rispetto alla egemonia delle leggi di mercato ed evitare che il “contagio” si estenda fuori Italia.

Noi non ci stiamo.

mercoledì 11 gennaio 2012

Tra Stato e Mercato. Sul ruolo di Fiat ed ENI


Non è mia intenzione, non ne avrei il tempo, non ne sarei in grado, di ripercorre la storia di Fiat ed ENI.
Ma rispetto all'eterno dibattito tra Stato e Mercato, soprattutto ora che il nuovo Governo intende spingere sull'acceleratore di privatizzazioni e liberalizzazioni in funzione della realizzazione di un più libero mercato e della crescita, credo sia utile fermarsi un momento a pensare sull'attuale rispettivo ruolo di Fiat ed ENI.
Per entrambe queste grandi aziende esistono inquietanti buchi neri nella propria storia: per la Fiat le accuse di compromissione con il fascismo del proprio fondatore, i procedimenti penali riguardanti la schedatura di operai e sindacalisti e per il pagamento di tangenti e per il falso in bilancio; per l'ENI il progetto di Enrico Mattei di farne una macchina da guerra per le proprie ambizioni politiche, innumerevoli vicende di corruzione e tangenti, un elevato costo ambientale pagato dai cittadini.
Entrambe sono state protagoniste dello straordinario sviluppo industriale italiano del secondo dopoguerra. Uno sviluppo che non è solo una storia gloriosa di capacità imprenditoriali ma soprattutto il frutto del sacrificio e della vita di milioni di lavoratori.
La differenza fondamentale però è nell'oggi.

martedì 10 gennaio 2012

Il governo Monti lavora per far rivincere Berlusconi

Il governo Monti, volontariamente o involontariamente, lavora per far rivincere alle prossime elezioni Berlusconi.
Pur se gode dell'appoggio parlamentare anche dal PDL il governo Monti è sostenuto ed è stato auspicato, sotto la regia di Napolitano, anzitutto dal Partito Democratico e dal Terzo Polo di Fini, Casini e Rutelli per costringere il padrone di Mediaset nonché puttaniere di Arcore ad abbandonare Palazzo Chigi.
E' inevitabile dunque che larga parte dell'opinione pubblica, soprattutto tenendo conto che l'informazione televisiva è ancora ampiamente in mano berlusconiana, sarà portata ad identificare questo governo nel governo del centrosinistra.
E allora gli elettori progressisti lo giudicheranno per la macelleria sociale che esso ha imposto ai ceti medio bassi (sulle pensioni, con nuove tasse, con aumento di prezzi e tariffe, con i previsti interventi sul mercato del lavoro) senza nel contempo colpire, con argomentazioni pretestuose,  in modo sostanziale i ricchi e i grandi evasori (patrimoniale, una davvero consistente ulteriore imposizione fiscale sui capitali scudati, accordi con la Svizzera per la tassazione dei capitali ivi esportati) né riducendo le odiose e inutili spese militari e per le missioni di guerra all'estero.
Dall'altro lato le categorie che dovrebbero essere oggetto delle liberalizzazioni, quelle dei lavoratori autonomi, delle partite IVA e degli ordini professionali, avvocati, notai, farmacisti, edicolanti, tassisti, benzinai, commercianti, che tradizionalmente hanno come proprio referente politico le destre, non potranno che ricompattarsi con Lega e PDL che in qualche modo, non importa che ciò avvenga strumentalmente e a meri fini elettorali, continueranno a difenderne in varia misura gli interessi.

giovedì 5 gennaio 2012

Il mondo visto dall'oblò di un blog: i fatti politici più importanti del 2011


La funzione, la mission di un blog, almeno di questo piccolo blog collettivo, non è la ricerca di scoop non alla nostra portata, non è la pretesa di rivelare verità nascoste e occultate.
E' anzitutto un mezzo attraverso cui poter esprimere le proprie opinioni, come se ci si trovasse in piedi su di uno sgabello in un Hyde Park virtuale a proporre idee e pensieri ad un piccolo pubblico.
Ma ancora di più risponde al consapevole proposito di essere parte – l'anello di una catena, la maglia di una rete – del desiderio e del bisogno, partecipato e condiviso da tanti cittadini, di proporre una visione diversa del mondo rispetto a quella che ci viene imposta dai mezzi di comunicazione dominanti,  di fornire il proprio contributo a divulgare punti di vista che altrimenti rischierebbero di restare inosservati, di concorrere a promuovere, avendo sempre presente i propri limiti, partecipazione democratica, consapevolezza, conoscenza e spirito critico.
E il nostro successo pubblicando un post si verifica quando i lettori colgono nel blog uno spazio e un'occasione di riflessione, di discussione, di analisi collettiva.
Questa catena e questa rete – ancorché virtuali – stanno diventando di fatto elementi fondamentali delle dinamiche politiche di questi nostri tempi come hanno dimostrato i movimenti di rivolta e per il rinnovamento della politica che stanno diffondendosi in tutti i Paesi del mondo.
Accanto ad esse sono pure fondamentali quelle espressioni del giornalismo (Riccardo Iacona, Michele Santoro, Report) in grado di unire grandi numeri di ascolto e temi scomodi (lavoro, corruzione, sprechi) pressoché assenti nei TG Rai e Mediaset e nei cosiddetti programmi di approfondimento, i sempre più ripetitivi e rituali talk show politici.
Anche se sono tanti che nello schieramento antagonista e di sinistra storcono il naso di fronte al miliardario Santoro, va dato atto al giornalista salernitano di aver fatto, dopo gli incoraggianti successi di trasmissioni autogestite come Tutti in Piedi, la scelta più coraggiosa e giusta dando vita ad un programma libero come Servizio Pubblico e rifiutandosi di accettare ancora compromessi con la Rai, dalla quale è stato estromesso perché inviso a tutti i partiti, e con emittenti come La7 che nonostante cerchino di apparire espressione del mondo progressista restano al servizio degli interessi di grandi gruppi imprenditoriali.

Ripercorrendo il mio personale contributo al blog per l'anno che si è appena chiuso ritrovo quelli che a mio avviso sono stati i principali fatti politici che l'hanno caratterizzato.

domenica 1 gennaio 2012

Perché non convince il discorso di fine anno di Napolitano

Non c'è mai troppo da attendersi dai discorsi di fine anno dei Presidenti della Repubblica, sempre intrisi di retorica e banalità. Con l'eccezione, per quanto mi riguarda, di Sandro Pertini l'unico che sapesse unire la capacità oratoria con la saldezza di principi e valori ben piantati nella credibilità e nel prestigio fondati su di una esemplare storia personale di onestà e correttezza.
Ma stante la drammatica situazione italiana, nella quale Napolitano sta svolgendo un ruolo ben diverso dal consueto Notaio della Repubblica avendo operato come l'ostetrico che con il forcipe ha portato alla luce il governo Monti (telefonata o non telefonata della Merkel: certe 'aspettative' si colgono senza bisogno di ordini espliciti), risultava interessante conoscerne il messaggio
E allora, al di là della retorica di rito, ci sono aspetti che decisamente non convincono.
Le affermazioni sulla non inutilità dei sacrifici e sull'auspicio della crescita economica e la fiducia che essa possa tornare, cioè assunti che sono ormai contestati e negati se non da consistenti forze partitiche certamente da numerosi cittadini.
L'apologia delle missioni militari italiane di guerra all'estero in palese contrasto con il dettato costituzionale.

Il lavoro è un diritto



Comincia la Fase 2 del Governo Monti, anzi è un tutt'uno – dice l'emerito Premier nominato da Napolitano – con la prima manovra che si pretende abbia messo in sicurezza i conti pubblici: la stangata che si è abbattuta sui ceti medio-bassi, alla faccia della tanto declamata equità, e che ha reso il raggiungimento della pensione un miraggio per milioni di lavoratori.
Ed in effetti la filosofia di fondo è la stessa, quella visione liberista che ci ha condotto al punto in cui siamo e che si nutre di parole d'ordine quali mercato, crescita, flessibilità, competitività, liberalizzazioni, privatizzazioni. Se per la destra leghista-berlusconiana i nemici, i colpevoli di tutto erano gli immigrati, i meridionali, i dipendenti pubblici, gli invalidi più o meno falsi, ora si vuol far credere che l'ostacolo allo sviluppo siano i tassisti, i benzinai, i farmacisti, gli avvocati, i notai, gli edicolanti. Categorie verso le quali si possono nutrire più o meno simpatie e certamente le regole che disciplinano quei settori possono essere discusse e modificate  in funzione del bene comune, ma è davvero arduo potersi convincere che da essi dipenda il destino dell'economia del Paese. Appare chiaro allora che si tratta di comodi specchietti per le allodole (quanto verranno poi effettivamente penalizzati dai futuri provvedimenti del Governo, trattandosi di ceti che vantano notoriamente un rapporto preferenziale con le destre e nel caso degli avvocati su un'amplissima rappresentanza parlamentare, sarà tutto da vedere) per arrivare alla polpa. E cioè il mercato del lavoro (leggi licenziamenti facili) e alla messa in vendita degli ultimi asset rimasti in mano dello Stato (il controllo di ENI, ENEL, Finmeccanica, Poste, Ferrovie, il patrimonio immobiliare, le aziende che erogano a livello locale servizi pubblici).
Su liberalizzazioni e privatizzazioni dice tutto Ugo Mattei in modo esaustivo e convincente in questo articolo.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, prima di intervenire i membri del Governo e del Parlamento si rileggano la Costituzione.