Ampiamente prevedibile la vittoria di Bersani alle primarie del Partito Democratico. Ciò che sorprende è che oltre due milioni e mezzo di persone, peraltro un milione in meno di quanti determinarono due anni fa la vittoria di Veltroni, continuano a riporre fiducia o almeno speranza in questo Partito.
In un Paese ormai moralmente allo sbando e dove la politica ufficiale ha perso totalmente la sua capacità di interpretare bisogni e speranze della gente, conforta vedere che ci siano ancora tante persone disposte ad impegnarsi e che attribuiscono alla politica un valore sociale alto. Certo - da osservatori esterni - pensando all'artificioso rimescolamento di esponenti, tra le varie mozioni in gara, al solo scopo di confutare l'impressione di una gara tra ex DC ed ex PCI, constatando che la vittoria di Bersani significa rimettere in mano il partito al solito D'Alema, sapendo che Bersani ha ricevuto il consenso dei più compromessi esponenti meridionali (Bassolino e Loiero in primis) non c'è molto da stare allegri. Ma, a questo punto, è più un problema del ceto politico del PD che di coloro che aspirano ad una vera e nuova alternativa democrativa al regime berlusconiano e che sanno ormai di dover percorrere strategie diverse e difficilmente compatibili con quelle del Partito Democratico.
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