"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

giovedì 1 ottobre 2009

Le due destre

“ ..Io non voglio morire da fascista. Tanto che sto lavorando per individuare e far crescere chi dovrà prendere le redini del MSI dopo di me. Giovane, nato dopo la fine della guerra. Non fascista. Non nostalgico. Che creda, come ormai credo anch’io, in queste istituzioni, in questa Costituzione. Perché solo così il MSI può avere un futuro. Altrimenti è costretto a sparire.
Capisce perché sono così deciso nel negare qualsiasi legame con chiunque abbia messo la bomba di Bologna?
E’ un nemico anche del MSI”.
Sono parole di Giorgio Almirante, pronunciate in un’intervista rilasciata a Daniele Protti nel 1980.

In quello stesso anno, due magistrati di Milano, Giuliano Turone e Gherardo Colombo, vengono incaricati di due inchieste: una sull’omicidio di Giorgio Ambrosoli (Milano, 11 luglio 1979), commissario liquidatore delle banche di Michele Sindona; l’altra sul caso Sindona e su quello che poi si rivelerà il suo finto sequestro.
Sindona era scomparso da New York il 2 agosto 1979 ed ivi ricomparso il 16 ottobre, con una ferita ad una gamba, che anch’essa si rivelerà procurata ad arte, dopo una permanenza di 75 giorni in Sicilia.
Il 1979 fu un anno decisivo nella storia della mafia siciliana, quella stessa mafia che di lì a breve incrocerà le strade di Falcone e Borsellino.

I due magistrati milanesi, Turone e Colombo, ignari che il caso Sindona potesse avere qualche nesso con la figura, allora quasi sconosciuta, di Licio Gelli e con un’associazione segreta di cui si vociferava soltanto, ben presto si rendono conto che ogni pista investigativa conduce proprio a Licio Gelli e arrivano a scoprire l’esistenza della Loggia massonica Propaganda 2, da lui fondata.
Gelli, già fascista e repubblichino, è da ultimo collaboratore dei servizi segreti anglo-americani, nella lotta non ufficiale e antidemocratica al comunismo, durante la guerra fredda.
Massone ed aspirante golpista, partecipe del tentato golpe del 1970, impedito forse proprio dagli americani, nel corso degli anni ’70 Gelli si adegua al cambio di strategia nella lotta al comunismo e la supera. Organizza la nuova Loggia massonica segreta P2 ed elabora il ‘Piano di Rinascita democratica’, con cui la Loggia si propone l’acquisizione del potere e la trasformazione e il controllo dello Stato, trasfigurato in senso antidemocratico, attraverso una fitta rete di affiliati strategicamente posizionati all’interno delle istituzioni e negli ambienti finanziari ed imprenditoriali.

Ancora oggi il caso Sindona e la P2, che sono pagine fra le peggiori e più sanguinarie della storia repubblicana, restano per molti versi avvolte nel mistero. Un mistero fatto di ombre e nebbie che tengono a bada un Paese perlopiù inconsapevole.

27 e 28 marzo 1994: elezioni politiche.
Sono le prime elezioni dopo una stagione stragista tra le più efferate ed esplicitamente eversive, e si svolgono all’indomani del ferale scandalo istituzionale di Tangentopoli, che aveva appena desertificato il panorama politico e partitico italiano, svelando il livello di corruzione in cui affondava ed ancora oggi affonda l’Italia.

A Palazzo Chigi approda un affiliato della Loggia massonica P2: Berlusconi Silvio, tessera 1816.

Lo Stato è sconfitto.

Il nuovo Capo popolo non perde tempo.
Mette da parte senza troppi convenevoli la Costituzione repubblicana e dà immediato e puntuale svolgimento al Piano di Rinascita di Gelli, peraltro già avviato.
Ogni principio democratico viene di fatto cancellato. Il controllo mediatico, finanziario e militare cresce rapidamente, fino a diventare praticamente totale.
In pochi si ribelleranno; quei pochi saranno estromessi e senza troppe cerimonie sepolti vivi.
La maggior parte, indipendentemente dalle appartenenze politiche, si accoderà nel suo cono d’ombra.
Il Piano Gelli, tutto sommato, va bene a tutti e ben si confà ad un Paese che non ha ancora mai visto l‘alba di una democrazia.

In quel cono d’ombra trova spazio anche il pupillo di Giorgio Almirante: Gianfranco Fini. ‘Giovane, nato dopo la fine della guerra. Non fascista. Non nostalgico’.
Fini è impegnato su due fronti.
Uno è quello più risalente ed interno al MSI.
Un fronte che lo vede protagonista nel duello con il suo rivale storico Pino Rauti e che lo vedrà vincitore nella la svolta di Fiuggi del 1995, con cui riesce a traghettare il MSI nella nuova formazione politica di AN, dando corso al cambio di strategia indicato da Almirante.
L’altro fronte è proiettato verso un difficile e faticoso futuro ed è quello dell’alleanza con lo scomodissimo Berlusconi.
Un’alleanza che gli permette però di portare gli ex fascisti al Governo.
Il prezzo che pagherà (e noi con lui) sarà altissimo. Innumerevoli ed abominevoli saranno le concessioni incostituzionali, ingiuste, insensate ed autolesionistiche fatte a Berlusconi e al suo oscuro impero finanziario.

A più riprese, senza successo, tenta di scansare Berlusconi ed assumere lui la leadership del centrodestra.
Ma è un cane che si morde la coda.
Non può fare a meno di Berlusconi per mantenere il suo peso politico e per poter coltivare la sua feudale leadership all’interno del suo partito. Nello stesso tempo, le condizioni imposte dal suo indesiderato alleato rafforzano quest’ultimo, rendendo sempre più difficile la sua sostituzione al vertice.

Fini però non demorde, in fondo neanche Berlusconi può fare a meno di lui e, in più occasioni, riesce ad arginare l’indigeribile Bossi e l’ingombrante Tremonti (fino ad ottenere, in un’occasione, le dimissioni di quest’ultimo).

E’ in ogni caso costretto ad elaborare una strategia più articolata, strutturata e complessa, che prende le mosse proprio dalla calcolata svolta di Fiuggi.

Da lì parte, infatti, il suo ostentato e progressivo ripudio del fascismo e la ‘rassicurante’ prospettazione di una destra liberale di respiro europeo.
Fini rivede pubblicamente, fino a rovesciarle, molte e significative posizioni politiche, dalla Shoah e i rapporti con Israele fino alle avanzate posizioni sui temi etici e sull’immigrazione.
Argomenti che si mostrano tutti palesemente funzionali a chi deve riequilibrare, più di chiunque altro, il peso finanziario ed elettorale del colosso berlusconiano.

Dà vita alla fondazione Fare Futuro, che da subito si rivela una solida e fertile aggregazione culturale, mirata ad innovare e rigenerare il tessuto sociale, politico e culturale del Paese. Quello stesso Paese che sembra saldamente in pugno a Berlusconi e perennemente appeso alle tette del grande fratello.

Imboccato il terzo millennio, Fini allarga lo sguardo verso possibili, diversi e variopinti alleati, fuori e dentro il Parlamento e scopre molti interessi convergenti. Da Montezemolo a Casini a D’Alema.

Tre le parole d’ordine.
Uno, la Lega deve essere stretta in un angolo e progressivamente riassorbita.
Due, Berlusconi non serve più e sta diventando scomodo per tutti.
Tre, occorre contenere il disagio sociale, altrimenti qui finisce a forconi e baionette.

Fini dice di aver cambiato idee su molte cose, ma su una non è mai retrocesso.
Ed è quella più insidiosa di tutte: il presidenzialismo.
In una cornice, faccio notare, che è quanto di più lontano si possa immaginare dalla Costituzione repubblicana.

Da 15 lunghi anni Fini e Berlusconi si stanno misurando in un difficile ed autoreferenziale testa a testa, fino a confluire in un unico partito, il Pdl, stretti in un abbraccio che è politicamente destinato ad essere mortale per uno dei due.

Sono i delfini delle due destre estreme.
Fini di quella ‘parlamentare’ di Almirante; Berlusconi di quella ‘extraparlamentare’ di Gelli.
La prima più subdola e raffinata, la seconda più efferata, grossolana e volgare.

Io credo che tutte le vittorie (prepotenze) di Berlusconi in questi anni si riveleranno vittorie di Pirro e che sarà Fini, o chi per lui, a vincere la guerra.

In ogni caso, nell’immediato futuro ed indipendentemente dalla volontà e coscienza del popolo 'mai fu' sovrano, vincerà la destra, o meglio, per essere giusti, l'Italietta oligarchica e inciuciona, che strozza il Paese da almeno 150 anni, a far conto dall’unità d’Italia.

Detto questo, lascio immaginare con quale entusiasmo aspetto le dimissioni di Berlusconi.
Fatti due conti, me le aspetto al massimo per novembre.
E per il momento non voglio neanche pensare al patetico e consueto orrore che seguirà.

Mafia e fascismo sono i due cancri che hanno ridotto l’Italia, suo malgrado, in queste condizioni. Ce li hanno proposti, riproposti e imposti e continuano a venderceli in tutte le salse. Da secoli ci dicono che così va il mondo e che al massimo ci è dato sperare nel male minore.

Io credo che in Italia le cose potranno cambiare solo se saranno gli italiani a volerlo.
Occorre la consapevolezza che abbiamo a che fare con fascisti, piduisti, mafiosi, corrotti, ignoranti, stolti di ogni tipo. L'attuale situazione italiana è una situazione di fatto e non di diritto.
E occorre la forza di restare uniti, destra e sinistra, entro il perimetro della legalità e dell'antifascismo, spina dorsale della nostra Costituzione democratica, che infatti lorsignori vogliono cambiare.

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