E' un'Italia spaccata in due, tre, forse quattro parti, ma siamo comunque di fronte ad una nazione divisa in due schieramenti principali: da una parte i lobotomizzati adoratori dell'imperator, dall'altra i dissidenti “comunisti” fermi oppositori dello strapotere berlusconiano. Queste sono le due macrocategorie che dominano la scena di inizio millennio nel Belpaese, ma se vogliamo addentrarci nelle microcategorie che invece caratterizzano più dettagliatamente un paese segnato da profonde e radicate differenze è facile accorgersi di come all'interno di questi due grandi contenitori “ideologici” convivano più realtà, situate principalmente nel secondo e oppresso schieramento. Mentre, infatti, la maggioranza pidiellista si distingue per essere un amalgama omogeneo di automi robotizzati che marcia in unica direzione, quella dettata dal paladino dell'amore (a pagamento), il popolo degli oppositori vanta tra le sue fila semplici elettori del centro-sinistra, civili che si distinguono per l'attaccamento comune alla maglia della democrazia, nostalgici marxisti intenti a preparare segretamente la rivoluzione d'ottobre italiana, ex missini che con la pipa in bocca si nascondono dietro il loro aulico e contorto linguaggio, e semplici elettori di destra che pregano per la resurrezione di Giorgio Almirante, o per la nascita di qualcuno che nobiliti e ridia lustro e dignità ad una casta politica ormai allo sbando.
C'è una grande muraglia che trapassa da parte a parte lo stivale, isole comprese, un muro invisibile ma tangibile che separa prepotentemente il berlusconismo dall'antiberlusconismo, un ex pannello di compensato che col passare del tempo e degli anni si è fortificato divenendo una diga in cemento armato. E' un muro apparentemente insormontabile, scivoloso, impossibile da oltrepassare anche per il più esperto degli scalatori. C'è chi grida già alla rivoluzione, chi arma i fucili in attesa di una, a suo giudizio, inevitabile guerra civile, e c'è chi invece lotta costantemente perchè queste due precedenti ipotesi non trovino mai riscontri nella realtà. Il ruolo più determinante, però, lo sta assumendo in questo periodo tutta quella parte della società civile che quotidianamente contribuisce a porre il suo mattoncino nella muraglia della discordia. Si sta creando un isolamento pericoloso e antidemocratico tra le due macrocategorie citate in precedenza, una sorta di 41 bis che vede lo spirito democratico del dialogo sempre più confinato ad essere una mera utopia sinistroide. La gente ha perso le speranze, non parla più con chi porta identità politiche diverse, e specialmente il popolo democratico (quello vero) non ha più né la voglia né l'intenzione di discutere con l'elettorato berlusconiano. Siamo perfettamente a conoscenza di quanto possa essere difficile cercare di smuovere dalle proprie posizioni chi non vede altro che toghe rosse e “governi del fare”, ma siamo quasi arrivati ad un punto di non ritorno, è giunto il momento di tentare l'impresa. Documentiamoci, portiamo queste persone di fronte al fatto compiuto, cerchiamo di metterle in ponte, introduciamo nei loro seviziati cervelli il dubbio che forse il Tg1 e il Tg5 non sono delle buone fonti d'informazione e che la verità andrebbe ricercata in altri luoghi. Salviamo delle coscienze, salviamo delle vite, ma siamo selettivi nel farlo. Non perdiamo del tempo prezioso con chi è ormai anoressico ad apprendere. Dobbiamo fare delle scelte.
Immaginate di essere in guerra, protagonisti di un vero e proprio scontro armato. Il nemico è più forte, ha armi più potenti e dispone di un maggior numero di munizioni da mettere in gioco. Le armate nemiche incalzano la vostra base, le porte della città sono seriamente in pericolo. Le vittime sono tante, i feriti ancor di più, ed è proprio qui che sta la vostra scelta. Avete la possibilità di portare in salvo e di rimettere in sesto per un nuovo attacco, un numero esiguo di vostri compagni. Molti dei vostri amici moriranno lì, sul campo, voi dovete portare al riparo dal fuoco nemico chi è ancora in grado di salvarsi. Quelli che non hanno più speranza di farcela, dovete lasciarli lì, non potete fare più nulla per loro. E' una scelta dolorosa, ma non potete correre il rischio di portare con voi chi probabilmente morirà poche ore dopo, abbandonando chi invece può farcela. Allo stesso modo, in questo momento, dobbiamo scegliere con chi parlare e con chi discutere, c'è tempo per farlo. Salvo colpi di scena, abbiamo a disposizione tre lunghi anni per portare dalla nostra parte chi è ancora abile a ragionare. Si tratta ovviamente di un progetto a lungo termine, non possiamo mica pretendere di ottenere dei risultati significativi nell'arco di pochi giorni o di qualche settimana. Prefiggiamoci degli obbiettivi: salviamo una persona all'anno. Saremo agevolati dal fatto che Berlusconi è il peggior antagonista di stesso, non ne azzecca più una, forse nemmeno mezza. Proviamo per un attimo a pensare che sia tutto relativo, che niente è perduto. Selezionate tra le vostre conoscenze in quota al Pdl gli individui più predisposti a un dialogo serio e costruttivo, un dialogo che potrebbe cambiare lo scenario democratico in futuro. Provate a pensare come potrebbe essere determinante, ai fini del risultato delle prossime elezioni, se tutti i cittadini che sono scesi in piazza negli ultimi mesi, riuscissero ognuno a strappare dalle grinfie del Nano tre persone a testa. Si parlerebbe di milioni di cervelli che si disintossicherebbero dalla droga populista e demagogica del “partito dell'amore”.
E' una delle ultime possibilità che abbiamo a difesa della nostra democrazia, tentare di salvare delle coscienze è un dovere morale. Non isoliamoci, non permettiamo che questo conflitto si radichi sempre di più nel nostro paese.
Cerchiamo di evitare che, a causa di una nostra tendenza alla rassegnazione e ad una, a volte comprensibile, negligenza, milioni di persone rimangano abbandonate a se stesse. Proviamoci. L'unico risultato che potremo ottenere, sarà di segno positivo. Più in basso di così, d'altronde, non si può di certo andare.
C'è una grande muraglia che trapassa da parte a parte lo stivale, isole comprese, un muro invisibile ma tangibile che separa prepotentemente il berlusconismo dall'antiberlusconismo, un ex pannello di compensato che col passare del tempo e degli anni si è fortificato divenendo una diga in cemento armato. E' un muro apparentemente insormontabile, scivoloso, impossibile da oltrepassare anche per il più esperto degli scalatori. C'è chi grida già alla rivoluzione, chi arma i fucili in attesa di una, a suo giudizio, inevitabile guerra civile, e c'è chi invece lotta costantemente perchè queste due precedenti ipotesi non trovino mai riscontri nella realtà. Il ruolo più determinante, però, lo sta assumendo in questo periodo tutta quella parte della società civile che quotidianamente contribuisce a porre il suo mattoncino nella muraglia della discordia. Si sta creando un isolamento pericoloso e antidemocratico tra le due macrocategorie citate in precedenza, una sorta di 41 bis che vede lo spirito democratico del dialogo sempre più confinato ad essere una mera utopia sinistroide. La gente ha perso le speranze, non parla più con chi porta identità politiche diverse, e specialmente il popolo democratico (quello vero) non ha più né la voglia né l'intenzione di discutere con l'elettorato berlusconiano. Siamo perfettamente a conoscenza di quanto possa essere difficile cercare di smuovere dalle proprie posizioni chi non vede altro che toghe rosse e “governi del fare”, ma siamo quasi arrivati ad un punto di non ritorno, è giunto il momento di tentare l'impresa. Documentiamoci, portiamo queste persone di fronte al fatto compiuto, cerchiamo di metterle in ponte, introduciamo nei loro seviziati cervelli il dubbio che forse il Tg1 e il Tg5 non sono delle buone fonti d'informazione e che la verità andrebbe ricercata in altri luoghi. Salviamo delle coscienze, salviamo delle vite, ma siamo selettivi nel farlo. Non perdiamo del tempo prezioso con chi è ormai anoressico ad apprendere. Dobbiamo fare delle scelte.
Immaginate di essere in guerra, protagonisti di un vero e proprio scontro armato. Il nemico è più forte, ha armi più potenti e dispone di un maggior numero di munizioni da mettere in gioco. Le armate nemiche incalzano la vostra base, le porte della città sono seriamente in pericolo. Le vittime sono tante, i feriti ancor di più, ed è proprio qui che sta la vostra scelta. Avete la possibilità di portare in salvo e di rimettere in sesto per un nuovo attacco, un numero esiguo di vostri compagni. Molti dei vostri amici moriranno lì, sul campo, voi dovete portare al riparo dal fuoco nemico chi è ancora in grado di salvarsi. Quelli che non hanno più speranza di farcela, dovete lasciarli lì, non potete fare più nulla per loro. E' una scelta dolorosa, ma non potete correre il rischio di portare con voi chi probabilmente morirà poche ore dopo, abbandonando chi invece può farcela. Allo stesso modo, in questo momento, dobbiamo scegliere con chi parlare e con chi discutere, c'è tempo per farlo. Salvo colpi di scena, abbiamo a disposizione tre lunghi anni per portare dalla nostra parte chi è ancora abile a ragionare. Si tratta ovviamente di un progetto a lungo termine, non possiamo mica pretendere di ottenere dei risultati significativi nell'arco di pochi giorni o di qualche settimana. Prefiggiamoci degli obbiettivi: salviamo una persona all'anno. Saremo agevolati dal fatto che Berlusconi è il peggior antagonista di stesso, non ne azzecca più una, forse nemmeno mezza. Proviamo per un attimo a pensare che sia tutto relativo, che niente è perduto. Selezionate tra le vostre conoscenze in quota al Pdl gli individui più predisposti a un dialogo serio e costruttivo, un dialogo che potrebbe cambiare lo scenario democratico in futuro. Provate a pensare come potrebbe essere determinante, ai fini del risultato delle prossime elezioni, se tutti i cittadini che sono scesi in piazza negli ultimi mesi, riuscissero ognuno a strappare dalle grinfie del Nano tre persone a testa. Si parlerebbe di milioni di cervelli che si disintossicherebbero dalla droga populista e demagogica del “partito dell'amore”.
E' una delle ultime possibilità che abbiamo a difesa della nostra democrazia, tentare di salvare delle coscienze è un dovere morale. Non isoliamoci, non permettiamo che questo conflitto si radichi sempre di più nel nostro paese.
Cerchiamo di evitare che, a causa di una nostra tendenza alla rassegnazione e ad una, a volte comprensibile, negligenza, milioni di persone rimangano abbandonate a se stesse. Proviamoci. L'unico risultato che potremo ottenere, sarà di segno positivo. Più in basso di così, d'altronde, non si può di certo andare.
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