Di Marigo Giandiego
Prendete questo post come una continuazione della “Lettera aperta alla Sinistra”, che ho iniziato ormai da tempo immemorabile, che porto avanti da anni con varie espressioni fra le quali una pagina di Facebook a nome AreA.
È anche una forma di risposta al frateno amico ed conduttore del Blog “Verità e democrazia” Giorgio Rossi
Mi piacerebbe che essa giungesse sino alle stanze dove la sinistra pensa, ma forse questo è un “PIO DESIDERIO”, irrealizzabile perchè in queste stanze dovrebbero ascoltare...e non lo fanno, da troppo tempo ormai.
Abbiamo sin qui molto parlato della necessità di “rinascita” di un “pensiero progressista” e della cultura conseguente. Personalmente ne ho spesso tracciato i limiti, attuali e pregressi. Sino a definire la prematura morte di quella che definimmo sin qui con il nome, secondo me inadeguato, di Sinistra.
Per iniziare mi chiedo come possa un concetto meramente di posizione definire una realtà così complessa.
Bisogna essere oggettivi, saper leggere la realtà e riconoscere, che al di là delle buone intenzioni di molti quello che abbiamo, oggi, sono “richiami”, “riferimenti”, “vaghi accenni” moltissima arroganza ed altrettante pretese di originalità e purezza, ma pochissimo contenuto ed ancor meno capacità di mobilitazione e di fascinazione.
Oggi a sinistra la maggiore preoccupazione appare la propria agognata e remunerata “rappresentanza parlamentare” a questo fine si struttura ogni proprio intervento, mantenendo appunto una ricchezza di riferimenti verbali ad un passato di lotta ma una raccappricciante vuotezza di contenuti attuali.
Dove questo non avvenga e si mantenga, quantomeno nei termini, le contraddizioni si sprecano, il rapporto fra quel che si dice e quel che si pratica è deficitario. I comportamenti rimangono separati dall’azione, che è politica, e la discussione sulle cultura di sistema e sulla sua alternativa è praticamente inesistente, ma soprattutto il rapporto permane verticale, verticistico, la “linea” continua imperterritta a calare dall’alto (Quanti stimati dirigenti rivoluzionari, per esempio, sono intestatari di remunerativi vitalizi come ex parlamentari. Quanti dei segretari della sinistra sinistra lo sono ormai da millenni e destinati a rimanerlo per altrettanto? Quanti fra i loro dirigenti politici hanno attraversato ogni stagione, ogni tempesta o bonaccia facendo della politica la loro unica professione?Rimanendo così chiusi nelle loro segreterie e perdendo il contatto con la realtà del lavoro, come mai i dirigenti di base rimangono perennemente dove sono...alla base)
Partiamo quindi dal perchè, a mio umilissimo parere, si è arrivati a questa deriva.
La sinistra storica è sempre stata organizzata in modo rigidamente verticale, dicevamo, pur con tutti i discorsi interni di eguaglianza e democrazia, anzi nella teoria bolscevica si rende questa verticalizzazione come “corpo e senso” nelle accezioni di partito e di “dittatura del proletariato”, quantomeno in quelle comunemente riconosciute come tali, ma non solo nella teoria.
Persino nei gruppi extra-parlamentari degli anni 70/80, pur derivanti dal Movimento o Moovimet, se preferite, il verbo derivava dal comitato centrale, l’organizzazione interna era verticalizzata di leader in leader sino al leader massimo.
Nella discussione venivano scelte una serie di tematiche “centrali” che riguardavano “aspetti” dell’organizzazione e venivano ingigantiti sino a divenire l’universalità del pensiero di sinistra. Quante sottovalutazioni ha permesso questo metodo?
Quante ne permette ancora, e quanto ha deformato il modo di percepire il sociale e l‘intorno sino a limitarcene la lettura.
Via via nel tempo abbiamo ripetuto questo con svariate tonalità, del Partito Comunista abbiamo rimosso quasi tutto, dalle motivazioni ideologiche, sino a quelle ideali...non solo non abbiamo superato i suoi numerosi limiti, ma abbiamo rimosso i motivi “alti” che davano senso alla sua esistenza, per mantenerne solo la burocrazia verticale interna e le dichiarazioni dogmatiche di principio.
Quella “struttura partito” che era uno di questi limiti.
In tutte le discussioni che hanno agitato ed agitano la sinistra, mai e poi mai si è davvero discusso del “rapporto che intercorreva fra gli attori”, mai si è ricercata una reale democrazia interna. Si interveniva sull’esterno, sul contingente, sull’avvenimento, ma non si ricercavano “comportamenti spirituali ed interiorizzati” che trasformassero in esempio praticato quello che via via si andava “predicando” con la bocca.
Mai si è accettata l’idea di una profonda riforma della “struttura”, del rapporto di democrazia interna. Questa incapacità di discutersi è diventata tale, che anche nella ricerca delle svariate, e sinceramente troppe, rifondazioni si arrivava e si arriva ancora oggi alla proposta degli svariati “soggetti” con nessuna credibilità, nessuna discussione, nessuna pratica, ma con una segreteria già formata.
Eppure sprazzi di comprensione ed embrioni di risposta si fanno strada, nei comportamenti di democrazia diretta, nelle spinte alla orizzontalizzazione delle organizzazioni e dei movimenti, nelle richieste costanti di circolarità del dibattito e della società. La coscienza si fa strada, anche se in modo minoritario e di nicchia.
Io colgo, impellente, una profonda diversità dai discorsi di un tempo ed una richiesta di "esempio", di "comportamenti".
Eppure questa esigenza non viene colta da una sinistra avviluppata nei propri “riferimenti”, prigioniera delle proprie strutture, persa nelle proprie segreterie, molto più preoccupata dei “termini” e delle “regole”, dei “riferimenti”, piuttosto che non della sostanza.
Sempre predisposta ad “apporre” cappelli piuttosto che alla partecipazione attiva. Per nulla portata e vocata all’abnegazione ed all’altruismo...che pure dovrebbero essere premessi in ogni suo ragionamento.
Con un leader pronto per ogni occassione, ma con sempre meno portatori d’acqua.
Forse la risposta sta in un riferimento all’antico, a quelle società gilaniche e femminili che hanno caratterizzato il neolitico e che partendo da premesse “altre” rispetto al nostro attuale sistema “competitivo, verticalizzato e maschile” avevano caratterizzato secoli e secoli di una società orizzontale che non conosceva "la guerra, la competizione e le armi" e che è arrivata, con ogni probabilità, a vette di civiltà che la storia, scritta dopo dalla società maschile che l’affossò con le armi e successivamente la bruciò sui roghi, ancora ci nasconde.
Se come profetizza Hernan Mamani e come ormai dicono in molti il “divino femminile” è appena sotto all’orizzonte, pronto a sorgere nuovamente, dopo essere stato oppresso e negato per secoli, ed a rendere finalmente completo il nostro TAO.
Forse sarebbe il caso di affinare le nostre “sensibilità” ed iniziare a guadarci attorno invece di continuare ad attendere indicazioni dall’alto. La stessa ricerca di un Leader Vero della sinistra è la stoltezza più marcata.
OrizzontalMENTE, CircolarMENTE...EmpaticaMENTE e CompassinevolMENTE e non sono termini retorici, ma indicazioni di comportamento in cui il veicolo che ci trasporta laddove stiamo andando non ha più soverchia importanza rispetto alla sostanza di quello che stiamo facendo.
Dove il senso, il motivo, e le ragioni trasformano l’agire in “Cultura dei Comportamenti”, dove è impossibile non essere eretici, altri dal sistema e dal potere.
Con al medesima forza e “sostanza” che caratterizzò la diffusione del cristianesimo o del pensiero socialista. Affidando il contagio proprio a questa orizzontalità e circolarità che divengono parte fondamentale e non solo “atteggiamenti”. Come mai tutto quel poco di nuovo, che oggi cirecola, ci è derivato da movimenti così congegnati e come mai la comprensione è ancora così lontana dalle segreterie...non domandarselo è condannare le “pulsioni ed i motivi” che ci mossero all’oblio.
Perchè è di pulsioni e di motivi che stiamo parlando.
Il coraggio di iniziare dall’ABC, azzerando le segreterie, ricostruendo dai comportamenti e dalle scelte di vita, cercando lo Spirito insieme al Pragma. Aprire la mente e ì’anima al femminile, circolare ed orrizontale, dopo secoli di cultura maschle verticale e competitiva.
Accettare l’idea che il “Cambiamento” è molto più profondo di quanto ci si aspetti, e che esso ci riguarda, non è un fenomeno esterno e sociale ma interno, profondo e spirituale. Accettare che fra le icone che cadranno inesorabilmente ce ne saranno alcune che ci sono care e che noi stessi abbiamo adorato...stupidamente. Il Cambiamento è dentro, qui ed adesso! Graduale, forse, ma sempre personale e comportamentale...altrimenti non è.
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