Se non fossimo sommersi dal pensiero
unico liberista, se l'opinione pubblica non dovesse subire quel
furto
di verità e di informazione di cui ha parlato il Manifesto e
attraverso cui analisi e soluzioni opinabili e contestabili vengono
fatte passare come le uniche possibili ed alle quali non possiamo che
attenerci proiettandoci, come scrive Alberto
Burgio, nel buio di un nuovo oscurantismo dogmatico degno
dell'epoca della Santa Inquisizione, ci si potrebbe facilmente
rendere conto di quale fatale attentato al bene comune sia
rappresentato dal nuovo programma di privatizzazioni.
Il dogma che ci viene propinato, senza
possibilità di contraddittorio, è che dalle dimensioni del debito
pubblico italiano derivi la crisi economica e finanziaria, il
differenziale tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi (lo
spread), la vulnerabilità rispetto alla speculazione. E ciò
giustifica la necessità inderogabile di ridurre il debito pubblico
attraverso l'austerità, la riduzione della spesa sociali, la vendita
delle proprietà pubbliche.
Ed invece è proprio questo dogma che
deve essere contestato (senza con ciò considerare un dato positivo l'ipertrofia del debito pubblico e non ritenere indispensabile la revisione degli impieghi e della destinazione del denaro pubblico) così come fanno tanti
economisti indipendenti che però non trovano spazio adeguato né
nell'informazione mainstream né nella quasi totalità della casta
politica al soldo degli speculatori finanziari.
Ed invece
si deve riconoscere che non è con l'austerità che si risolve la
crisi economica ma piuttosto la si aggrava, non è con la
liberalizzazione del mercato del lavoro e la riduzione dei salari che
si favorisce la crescita ma al contrario la si impedisce, non è il
debito pubblico all'origine dell'innalzamento dello spread ma altri
fattori quali il disavanzo della bilancia commerciale, le modalità
di finanziamento degli Stati attraverso il ricorso ai mercati,
l'inadeguata architettura dell'euro ed il ruolo insufficiente
attribuito alla BCE, l'aggressione
speculativa all'euro quale elemento della strategia degli Stati
Uniti volta a perpetuare il proprio dominio imperialista sul mondo.
Ne è la controprova il fatto che Paesi
con un elevato debito pubblico, sia in termini assoluti che in
rapporto al PIL, come Giappone, Stati Uniti, Gran Bretagna, Belgio
sono rimasti indenni dalla speculazione mentre altri con un ben più
ridotto rapporto debito pubblico/PIL, come Spagna e Irlanda, sono
precipitati nel vortice dell'aumento dello spread fino ad arrivare
sull'orlo del baratro del default.
Ha ragione dunque Paolo Ferrero quando
afferma che lo spread è usato anche come strumento per seminare il
panico e come arma di ricatto nei confronti dei cittadini per far
accettare le politiche anti-sociali e la svendita del patrimonio
pubblico.
Basta ripensare alle privatizzazioni
degli anni novanta (dell'IRI, della Telecom, delle Banche, di quote
azionarie dell'ENEL, dell'ENI, delle public utilities) per
comprenderne gli effetti fallimentari sia in termini della riduzione
del debito pubblico che per quanto attiene la capacità industriale e
gli asset strategici a disposizione del nostro Paese.
Basta evidenziare che tra gli attuali
fautori e promotori delle privatizzazioni (Amato, Draghi, Bassanini)
vi sono alcuni degli stessi protagonisti della deleteria svendita del
patrimonio pubblico di quegli anni.
Rinunciare oggi anche alle residue
proprietà pubbliche di ENI, ENEL, Finmeccanica, Poste, aziende
locali di servizi, del patrimonio immobiliare e dei beni demaniali
significa ulteriormente e irrimediabilmente impoverire il nostro
Paese, rinunciare ad opportunità di creare ricchezza, reddito,
qualità della vita per la collettività nei campi della cultura, del
turismo, dell'agricoltura, dell'edilizia popolare, privarsi di
indispensabili strumenti di governo in settori fondamentali
dell'economia e per l'indipendenza nazionale quali quelli
dell'energia e della politica industriale.
A fronte di improbabili e irrealizzabili stime di incasso (400 miliardi di euro) ipotizzate per la vendita del patrimonio pubblico, ci troveremo di fronte l'ennesima opportunità di
arricchimento a spese dell'interesse e del bene pubblico offerta a
speculatori e faccendieri con la complicità ed il contestuale profitto della
casta politica. E realizzerà il vero mandato di Monti di liquidare per conto terzi le residue speranze dell'Italia di diventare un Paese più giusto, più forte e più ricco.
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