Chiunque si opponga a Berlusconi ed alla sua folle pretesa di sottomettere la legge, le Istituzioni, la Costituzione ai propri personali interessi non può che gioire ogni qual volta si aprano delle crepe nella sua maggioranza parlamentare.
Lo è stato con Casini e Follini, lo è ora con Fini. A patto però di saper ben interpretarne le motivazioni.
Quando un boss mafioso aderisce ai programmi di collaborazione (per sincero pentimento, per vendetta, per salvare la propria vita o altro), gli inquirenti – in cambio dell'impunità – ne utilizzano le informazioni per infliggere più danni possibili, in termini di arresti e di sequestri di beni, all'organizzazione criminale. Ma nessuno si sognerebbe di attribuire al pentito prestigio o un ruolo di riferimento nella società.
Sono in tanti coloro che non hanno abboccato alla sceneggiata democratica dell'ex segretario di AN ma sono sicuramente di più, anche e forse soprattutto a sinistra, coloro che lo hanno eletto a campione della libertà e della difesa della Costituzione.Ed è questo il racconto che cercano di far passare i sacerdoti televisivi del Partito democratico: Fazio, Floris, la Dandini, l'Annunziata, la Berlinguer, Gad Lerner.
Nel caso di Fini, a dispetto di chi pretende di farci credere che la sua sia stata una sincera evoluzione politica che è partita dal neofascismo almirantiano per arrivare ad una concezione della destra di tipo europeo, liberale e moderna (ammesso che esista in natura ...), emerge l'opportunismo senza scrupoli di un vorace accaparratore di poltrone.
Nella storia politica di Fini, non c'è solo l'origine missina del delfino di Almirante, combattente della Repubblica di Salò e collaboratore della rivista “La Difesa della razza”, e la militanza nel partito di Rauti e Saccucci, ma ci sono quindici anni passati a fianco di Berlusconi.
Il conflitto di interessi, il rifiuto di sottoporsi come qualunque cittadino ai procedimenti giudiziari a suo carico, il monopolio dell'informazione, la rozzezza istituzionale e il dispregio delle regole costituzionali nel condurre il Governo non sono certo cose nate ieri.
Fini ed i suoi seguaci hanno votato tutte le leggi porcata, tutte le leggi ad personam, tutte le leggi vergogna di Berlusconi: la riforma costituzionale presidenzialista poi bocciata dal referendum, il lodo Schifani ed il lodo Alfano, la legge Gasparri sulle tv, i condoni fiscali, la legge elettorale Calderoli, il legittimo impedimento, la legge sulle rogatorie e sulla prescrizione breve, la scelta nucleare, il tentativo di cancellare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, la privatizzazione dell'acqua, la legge Biagi sul precariato, gli interventi in Iraq ed Afghanistan.
Mentre c'è chi parla di coraggio di Fini perché si è ribellato, seguito da pochi fedelissimi, alla dittatura del padrone, la sua abilità nel capire da dove spira il vento, che lo fa passare dalla definizione di Mussolini grande statista del Novecento al diventare amico di Israele, fa pensare ad un personaggio che non si sarebbe mai mosso senza la copertura di potentissime oligarchie che gli diano la certezza della vittoria o quantomeno della sopravvivenza politica.
L'interpretazione che in passato abbiamo suggerito su questo blog e cioè di una manovra di poteri forti, italiani e non solo, per ridimensionare il ruolo della Lega e detronizzare Berlusconi, resa possibile dall'uscita di scena del suo protettore Bush e dall'elezione di Obama, e che trova una sponda politica nella triade D'Alema, Casini, Fini, viene confermata dalle ultime mosse del Presidente della Camera.
La domanda ora è: quale sarà lo sbocco di questa scontro?
Credo che sia molto improbabile che Berlusconi terminerà questa legislatura alla guida del governo. Cosa ne seguirà? Due sono le ipotesi più probabili: un governo tecnico di salute pubblica appoggiato da Partito Democratico, IDV, UDC e pezzi del PDL (e magari anche della Lega se le venisse accordata qualche concessione decisiva) ovvero elezioni anticipate con tutti insieme (sfruttando ogni variabile consentita dalla legge elettorale) sotto l'insegna di Montezemolo, contro Berlusconi e la Lega.
In entrambi i casi i numeri elettorali e parlamentari parlano oggi a favore di Berlusconi, che si fa forte, oltre che del dominio sulle tv, anche dell'appoggio di Putin e Gheddafi. Ma si può facilmente immaginare che quelle stesse oligarchie che per quindici anni hanno utilizzato e tollerato Berlusconi scateneranno nei suoi confronti e nei confronti della Lega una gragnola di colpi in grado di demolirne definitivamente l'immagine, la credibilità ed il consenso in termini di voto.
Tutto questo peraltro si intreccia con altre questioni: le riforme costituzionali, l'elezione del prossimo Presidente della Repubblica, le prospettive della sinistra italiana, il possibile default della Grecia ed il futuro dell'euro.
Sulle riforme costituzionali (più potere all'esecutivo e ridimensionamento del ruolo del Parlamento), così care al craxiano Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sono quasi tutti d'accordo: PDL e PD, oligarchie economiche ed osservatori politici. L'unico terreno di scontro è dato da chi debba guidare le danze e da chi debba avvantaggiarsene almeno in prima istanza, l'unico dubbio è se le farà Berlusconi o una nuova coalizione politica, con l'inquietante prospettiva di modifiche costituzionali liberticide approvate dai due terzi del Parlamento e dunque non sottoponibili a referendum confermativo.
Sull'elezione del successore di Napolitano, di competenza della prossima legislatura, sarà determinante quando si andrà a votare. Se si ripetesse il trend di questi ultimi quindici anni, la maggioranza uscente sempre bocciata dalle urne, e se si votasse alla scadenza naturale, nuovamente la scelta sarebbe in mano al centro sinistra. Elezioni anticipate ed una vittoria della destra significherebbe consegnare a Berlusconi l'indicazione del prossimo Presidente della Repubblica, probabilmente a favore di se stesso.
Sulle prospettive del centro sinistra, ancora una volta, come per una calamità naturale per la quale non si è voluto fare prevenzione od un grande evento per il quale si giunge in prossimità dell'appuntamento senza un'adeguata preparazione, si gioca sull'emergenza. Si ricompattano gli elettori, si forza il proprio popolo ad accettare alleanze innaturali (ieri Mastella e Dini, domani forse Casini e Fini) senza alcuna concessione in termini di programma di governo ed anzi contraddicendo tutti i propri valori di riferimento, solo in ragione dell'inganno di un'emergenza democratica che i dirigenti stessi del centro sinistra, e del Partito Democratico in particolare, hanno contribuito a creare.
Infine le incognite che incombono sulla tenuta dell'euro, con un'Italia i cui conti pubblici non sono in condizioni molto diverse da quelle della Grecia, che suscitano scenari che potrebbero rappresentare il quadro di riferimento ed il detonatore per svolte politiche (anche traumatiche) per il nostro Paese.
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