di Resistenza Continua
Le riforme istituzionali: questione che appare spinosa ai soli addetti ai lavori ma che calata nel paese reale, quello che vive i problemi della crisi economica e della perdita del lavoro, diventa addirittura incomprensibile. Potremmo a lungo interpellare persone al di fuori della cerchia autoreferenziale dei partiti, e sicuramente troveremmo una minoranza veramente esigua capace di affermare che il fatto rientra nell'ambito degli interventi urgenti dei quali la politica dovrebbe occuparsi. Ancora meno, probabilmente, sarebbero coloro che per puro spirito di appartenenza politica giudicherebbero positive le soluzioni proposte. Persino tra i più accaniti sostenitori, il commento potrebbe suonare più o meno come: “Se lo dice lui....”
Il lui del quale si parla è ovviamente l'unico soggetto al quale quelle riforme appaiano importanti; o, meglio, al quale siano realmente indispensabili sia per la definitiva soluzione dei suoi problemi, sia per portare a compimento il sogno narcisistico di plasmare e modellare lo Stato fin nelle sue fondamenta, alla maniera dei grandi statisti dei quali ambisce ad assumere il rango. Così, per motivi tutt'altro che politicamente elevati, siamo sull'orlo della trasformazione della democrazia, conquistata con il cuore e con il sacrificio, in uno stato autoritario e populista (termine che, per sua stessa ammissione, non gli dispiace....). Nel momento in cui gran parte del paese reale chiede moralità e ritorno al significato vero della Repubblica Parlamentare, effettiva rappresentatività e diritto di scelta, annullamento della distanza tra la politica e le persone e ridimensionamento degli atteggiamenti indebitamente aristocratici degli eletti, ci si ritrova invece a dover fronteggiare le velleità di un novello Peròn, che intende risolvere il problema della terza via tra capitalismo e socialismo in favore dell'unico soggetto che abbia per lui veramente importanza: quello che vede riflesso nello specchio.
Di fronte a questa ennesima emergenza, sarebbe della massima importanza avere una opposizione forte, credibile ed assolutamente intransigente sul tema: assistiamo invece esterrefatti alle posizioni di apertura al dialogo, ed alle dichiarazioni di disponibilità a sedersi al tavolo delle riforme. In modo imbelle, peraltro; Berlusconi non ha affatto bisogno di voti parlamentari per approvare una riforma. Al massimo, il raggiungimento di una maggioranza dei due terzi può servire a velocizzare l'iter, eliminando la scomodità di quel fastidioso istituto attraverso il quale l'ultima parola viene lasciata al volgo profano.....ma dispone dei mezzi di coercizione psicologica di massa necessari per superare anche quell'ostacolo. A questo punto è necessario un ulteriore passo verso la chiarezza: allo stato dei fatti, nonostante la cospicua disaffezione dei suoi stessi elettori e le sonore critiche che piovono da ogni angolo della sinistra civile italiana, il PD è il maggiore partito dell'opposizione. Ed invece di assumere su di se le doverose responsabilità di opposizione, si trova in uno stato di deriva centrista, e si predisporrebbe prudentemente al dialogo anche se il dialogo vertesse sulla trasformazione del nostro paese in un regime. Rivolgiamo pertanto un appello a tutti i soggetti liberi, interessati alla salvaguardia della democrazia nel suo senso più pieno; l'appello a sottoscrivere un messaggio chiaro e semplice, indirizzato a D'Alema, Bersani, La Torre, Violante e tutti coloro che ne condividono i progetti. “In nome della democrazia, e per il bene dell'intera cittadinanza; nel nome del futuro dei vostri stessi figli e nipoti: fatevi da parte.”
Fonte: http://www.facebook.com/note.php?note_id=118024101545387
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