"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

venerdì 31 agosto 2012

Le contraddizioni insanabili del capitalismo italiano

Per l'ennesimo volta il governo Monti ci ammannisce l'ennesimo programma per la crescita. Se, dopo quasi dieci mesi dal suo insediamento, stiamo ancora all'inizio della fase due, pur annunciata un'infinità di volte, ed al libro dei sogni (capitalistico) della riduzione della spesa pubblica, delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni, della riforma della burocrazia, della riduzione delle tasse è perché il governo Monti (debbono riconoscerlo persino le agenzie di rating e Bersani) non ha fatto nulla dal punto di vista dello sviluppo economico e dell'occupazione.
Nessuno degli obiettivi che incardinavano il suo programma – rigore, equità, sviluppo – è stato realizzato. Dal punto di vista degli effetti del rigore finanziario lo spread è rimasto grosso modo agli stessi livelli berlusconiani; per quanto riguarda l'equità, la crisi ed il tentativo di risanamento è stato addossato quasi esclusivamente sui ceti popolari (pensioni, articolo 18, assenza di sostegni al lavoro, colpevolizzazione del pubblico impiego, stretta ai servizi sociali, IMU sulla prima casa, aumento del costo della vita a partire dalla benzina); infine per ciò che attiene alla crescita siamo in piena recessione ed anche le ottimistiche previsioni delle agenzie di rating parlano per il 2013 di una crescita zero o addirittura di un ulteriore riduzione del PIL di mezzo punto percentuale.
Ciascuno evidentemente è libero, ma senza poter negare la realtà dei fatti e delle cifre, di darne la spiegazione che ritiene più giusta: Monti è un incapace e vecchio (per età ed idee) esponente (già consulente di Cirino Pomicino) della classe dirigente italiana e di un mondo capitalista in crisi sistemica; Monti sta scientemente ed efficacemente realizzando il programma di quell'establishment finanziario che l'ha collocato alla guida del Governo per mettere in sicurezza i propri investimenti finanziari e porgli su di un piatto d'argento, a prezzi d'affezione, le ricchezze pubbliche del nostro Paese; Monti è stato bloccato nella sua azione di riforma dai veti della casta partitocratica.
In ogni caso gli annunci di provvedimenti, reiterati a cadenze regolare e presentati ogni volta come improcrastinabili, risolutivi, decisivi per il superamento dei problemi italiani e l'uscita dalla crisi sta ad indicare da un lato la mediocrità e l'attitudine alla menzogna, alla stessa stregua di navigati politici, dei tecnici e dall'altro che rispetto alle contraddizioni insanabili del capitalismo italiano e mondiale le ricette adottate sono sbagliate ed inadeguate.
Così la Fornero aveva giustificato la riforma delle pensioni e dell'articolo 18 come necessarie per le giovani generazioni ed ora ammette, al meeting di CL, che per i giovani si è fatto poco o niente; Passera aveva esposto un programma per la crescita che avrebbe dovuto mobilitare 100 miliardi di euro ed ora riconosce che siamo ancora al punto di partenza, sulle liberalizzazioni Monti era già intervenuto con il decreto “Crescitalia” promettendo mirabolanti performance nella crescita dell'occupazione, dei salari e del pil ma anche qui evidentemente si trattava solo di un bluff.
Ribadisco manca la capacità e la volontà di sciogliere i nodi delle contraddizioni in cui è immerso il sistema economico capitalistico.

mercoledì 29 agosto 2012

Galli Della Loggia, il paesaggio e il federalismo

Galli Della Loggia nel suo ultimo editoriale sul Corriere della Sera parte da una constatazione assolutamente (e banalmente) condivisibile - il fatto che la distruzione del paesaggio italiano e la pessima custodia e conservazione del nostro patrimonio artistico, archeologico e architettonico, così come avvenuto negli ultimi decenni, non solo rappresenta una ferita insanabile alla nostra storia, alla nostra cultura, alla nostra identità nazionale ma anche un'occasione persa per creare lavoro e ricchezza attraverso lo sviluppo turistico e la valorizzazione dei nostri prodotti tipici nell'artigianato e nel settore agro-alimentare – per arrivare a mettere sotto accusa, a dire il vero un po' subdolamente, il federalismo e le autonomie locali, considerandoli responsabili, di fronte all'indebolimento dei poteri di indirizzo e controllo dello Stato centrale, del degrado italiano.
Analisi su cui in parte non si può non essere d'accordo se si pensa al malgoverno che ha caratterizzato in particolare gli enti regionali, da nord a sud al centro, dalla Lombardia di Formigoni alla Sicilia di Cuffaro e Lombardo, dalla Campania di Bassolino al Lazio della Polverini, contribuendo all'esplosione del debito pubblico ed alla deriva partitocratica che anche quando contrastata a Roma ha trovato nuova linfa e nuove occasioni di privilegio e di spreco a livello locale.
D'altro canto non mi sembra che dal Governo centrale, anche di quei Governi che Della Loggia non ha mai di certo contrastato (Berlusconi? Monti?), siano avvenuti in questi stessi anni esempi virtuosi di difesa dell'ambiente, della legalità, della buona amministrazione, di contrasto al consumo del territorio e di rifiuto di progettare inutili grandi opere.
Forse allora bisogna concludere che non esistono forme di Stato così come modelli di leggi elettorali che di per sé stesse garantiscono buon governo e buona amministrazione ma che tutto si fonda sulla capacità dei cittadini di selezionare i propri rappresentanti, di pretendere da essi decisioni e comportamenti irreprensibili e razionali, di vigilare costantemente sul loro operato.
Ed allora è proprio nell'inadeguatezza del senso civico e nell'insufficiente adesione al bene comune di gran parte dei cittadini italiani che si possono ritrovare le cause della crisi e del declino del nostro Paese.

martedì 28 agosto 2012

Capitali mafiosi e mercati finanziari

Non dice nulla di particolarmente nuovo e sorprendente Roberto Saviano nel suo ultimo articolo sulla relazione tra capitali originati dalle attività criminali e la crisi finanziaria internazionale. Secondo Saviano le ingenti risorse gestite dalle varie mafie che operano nel mondo da un lato sono parte dei flussi finanziari attraverso i quali si realizzano le pratiche speculative, dall'altro costituiscono un elemento di inquinamento e di distorsione dell'economia mondiale contribuendo in modo decisivo a soddisfare i fabbisogni di liquidità del sistema finanziario internazionale e venendo utilizzate per un comodo e poco costoso, in tempi di recessione, shopping (anche attraverso la pratica dell'usura) dei cespiti immobiliari e delle attività produttive che costituiscono l'economia reale.
Cose già risapute dunque ma che dovrebbero essere assolutamente prese in considerazione, congiuntamente alle stime sull'entità dei capitali nascosti nei paradisi fiscali valutati almeno 21 mila miliardi di dollari pari alla somma del PIL di USA e Giappone, per capire quali soggetti e quali interessi, in misura non marginale e secondaria, si nascondono dietro i mercati, dietro le oscillazioni dei titoli azionari e di quelli del debito pubblico e contestare quella visione metafisico-religiosa del liberismo che attribuisce ai mercati il ruolo di arbitri e giudici imparziali della validità e dell'adeguatezza delle strategie economiche degli Stati, mercati da rassicurare e ingraziarsi e dai quali far dipendere le decisioni politiche che competono alle Istituzioni democratiche e la vita delle persone e dei popoli.

lunedì 27 agosto 2012

L’UOMO DEL COLLE HA DETTO “NI”…



IL COSTO DEL QUIRINALE
(PILLOLE DI “SPENDING REVIEW”…)


“Per evitare che la crisi degeneri siamo tutti chiamati a fare dei sacrifici…” (Giorgio Napolitano, 19 luglio 2012).
Parole sagge e responsabili, signor Presidente…
Ma quando sarà Lei per primo ad esser “d’esempio” per tutti noi Italiani???

Comunemente, quando si parla di “Casta”, balzano subito agli occhi le immagini dei politici nostrani comodamente “ozianti” in Parlamento…
Ma quanto ci costa mantenere “il Presidente” (della Casta), Colui che siede sul Colle più alto di Roma???


IL FUNZIONAMENTO DEL QUIRINALE E’ COSTATO ai contribuenti (fonte Giorgio Bechis, Il Giornale, 25-07-2012):
-          “228 MILIONI” NEL 2010 (624.000 euro al giorno… 26.000 euro l’ora!);
-          e “231” nel 2009 (prima che Giorgio Napolitano decidesse di adottare “pesantissimi tagli” alle spese quirinalizie… più che altro limitatisi alla riduzione del personale comandato da altre amministrazioni!).

LA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA ITALIANA, per svolgere funzioni meramente di controllo, garanzia e rappresentanza (“notarili” se non “cerimoniali”, non certo esecutive come in ogni repubblica presidenziale), DISPONE DI ben “1.807” DIPENDENTI (fonte “L’Italia dei privilegi”, di Raffaele Costa), divisi tra:
-          addetti di ruolo alla Presidenza (tra cui 108 appartenenti allo “staff personale” del Presidente, assunti con contratto in scadenza al termine del settennato);
-          e unità del personale militare e delle forze di polizia distaccate per esigenze di sicurezza (tra cui i 297 famigerati corazzieri).
UN ORGANICO (fonte Mario Cervi, Il Giornale):
-          superiore di 587 unità rispetto al 1998 (AUMENTATO DI OLTRE IL “50%” IN 10 ANNI, del triplo in 20 anni!);
-          e il cui costo si attesta sui “129,4 milioni” di euro l’anno (contro i 67 dell’Eliseo!).

domenica 26 agosto 2012

Bersani e i fascisti del web

Alcune considerazioni sul bullesco anatema lanciato da Bersani alla festa del PD contro Grillo e Di Pietro (e tutti gli altri che contrastano il partito democratico e che dunque necessariamente sono dei populisti) appellandoli fascisti del web.
Bersani non può far finta di ignorare, perché è un dato di fatto, l'odio montante in una vasta parte della società italiana verso la nomenklatura politica – di destra e di sedicente sinistra - e le classi dirigenti, quelle che ci hanno condotto al baratro, quelle che si sono spartite da decenni i beni pubblici ed hanno calpestato il bene pubblico, quelle che hanno trasformato questo Parlamento in un consesso di cui la maggioranza delle persone perbene si vergognerebbe di fare parte, quelle che hanno deciso che la crisi dovesse essere fatta pagare ai più poveri ed ai più deboli per di più costringendoli a sorbirsi le lezioncine carognesche di professorini come Monti e la Fornero.
A questo odio, risentimento, rancore, rabbia – che derivano anche dalla disperazione e dal senso di impotenza - la Politica avrebbe dovuto dare delle risposte, avrebbe dovuto dare all'amministrazione della cosa pubblica una svolta reale diretta ad abbattere privilegi intollerabili e realizzare e perseguire almeno un briciolo di giustizia sociale, di moralità e di legalità ed invece, mentre progetta una legge elettorale il cui unico scopo è quello di contenere e depotenziare il probabile successo di consensi di movimenti e liste alternative, sa solo aggrapparsi a vecchie abitudini propagandistiche usando categorie della politica - destra e sinistra, antipolitica, fascismo, qualunquismo, populismo - che quando scisse dalla concretezza dei fatti non possono che rafforzare le ragioni di chi ne rifiuta la validità e l'attualità.

giovedì 23 agosto 2012

Emergenza povertà, emergenza suicidi, emergenza crimnalità

Scrive Gianluca Ferrara sul Manifesto:Ogni giorno vengono pubblicati migliaia di libri (solo in Italia quasi 200), stampate milioni di pagine di giornali, trasmesse alla radio e alla Tv infinite quantità d'informazioni, sul web navigano una marea di notizie che approdano veloci sullo schermo dei nostri Pc. Eppure, temo, che il nostro tempo sia quello in cui mai nella storia dell'uomo si sia giunti ad un così pianificato livello di disinformazione. Manca una reale consapevolezza e soprattutto il senso della realtà: sembra che ognuno sia diventato il protagonista del The Truman Show ove una regia occulta programma ogni bisogno e ogni pensiero.”
Gli argomenti e le opinioni che hanno diritto di cittadinanza nel dibattito pubblico, monopolizzandolo, sono di fatto solo quelli funzionali alla narrazione della crisi più graditi al sistema. Dovremmo prendere per buone le previsioni di Monti e Passera di una prossima uscita dalla crisi nonostante tutti i dati macroeconomici dicano il contrario? Previsioni non a caso espresse davanti alla platea di quell'opaca organizzazione clericale che è Comunione e Liberazione il cui blasfemo abbraccio con il potere è esecrato anche da componenti dello stesso mondo cattolico (Famiglia Cristiana).
Dovremmo considerare le ultime ottimistiche valutazioni sull'Italia di alcune agenzie di rating (Moody's e Fitch, peraltro non condivise da Standard & Poor's) qualcosa di diverso di un interessato endorsement dell'establishment finanziario internazionale a favore di Mario Monti (non a caso già a libro paga proprio di Moody's oltre che di Goldman Sachs) o peggio ancora di un avvertimento mafioso alla politica italiana? Che poi così ottimistiche, almeno come presentateci dal mainstream, non sono visto che per il 2013, indicato quale anno di uscita dalla crisi, prevedono un PIL a crescita zero o che si ridurrà dello 0,5 per cento e che comunque sono accompagnate dall'intimazione ad abbandonare le politiche di austerità.

martedì 21 agosto 2012

La Fiom e Beppe Grillo: una buona notizia?

Se fosse vero (e non un rozzo tentativo di depistaggio) quanto rivela Repubblica in merito al dialogo in corso tra la Fiom di Maurizio Landini e il Movimento Cinque Stelle in vista anche delle prossime elezioni politiche sarebbe, per me che ho sempre auspicato l'unità delle forze di alternativa e che vogliono il cambiamento del 'sistema', un'ottima notizia.
Mettere insieme le proteste e le proposte del Movimento Cinque Stelle, di per sè in gran parte condivisibili, e le sue al momento enormi potenzialità elettorali con le istanze della Fiom in difesa del lavoro e della giustizia sociale potrebbe avere effetti dirompenti e rivoluzionari sulla politica italiana e sul destino di questo Paese.

lunedì 20 agosto 2012

Destra, sinistra e la questione dell'ILVA di Taranto

E' possibile (è utile) leggere la questione dell'ILVA di Taranto secondo le logiche di destra e sinistra?
La tutela della salute, il ritenere che un'attività economica non può produrre malattia e morte, che i funzionari pubblici e i politici debbano svolgere il proprio ruolo con disciplina e onore, indenni dalla tentazione di farsi corrompere, non sono valori di destra o di sinistra sono semplicemente valori umani, delle persone razionali, oneste, in buona fede, al di là e al di sopra di ogni visione ideologica.
Il fatto che il PD e Vendola siano corresponsabili dello scempio di Taranto, anche per l'inerzia con cui l'hanno affrontato pur avendo la responsabilità del governo della Regione Puglia, non può essere interpretato come il fallimento della sinistra - equiparata alla destra nella subalternità alla religione del profitto, della produzione, del pil - ma significa semplicemente che quei partiti non hanno la capacità, per inettitudine o altro, di rappresentare i bisogni delle persone e l'ideale della sinistra del primato del bene comune.
Piuttosto, proprio usando le categorie di destra e sinistra, non si deve ritenere che i casi dell'ILVA ma anche dell'eternit e della Thyssen, e si potrebbe estendere il ragionamento alla speculazione finanziaria e a Big Pharma, siano intimamente connessi e legati ad un sistema economico fondato sul dominio privato anziché sulla proprietà o almeno il controllo pubblico, democratico, partecipato, collettivo dei mezzi di produzione (cosa quest'ultima che non coincide con il capitalismo di stato di stampo sovietico o cinese o con le partecipazioni statali democristiane o dominate dalle cricche in epoca berlusconiana)?
Esempi di crimini economici e finanziari che non sono le eccezioni e le distorsioni di un mercato utopicamente perfetto ma la regola di un sistema che consente a soggetti privati di raggiungere dimensioni enormi, talvolta più grandi degli Stati stessi, negando il presupposto stesso della democrazia fondata sul principio una testa-un voto.

venerdì 17 agosto 2012

Re Giorgio Napolitano, i fagiolini e il delitto di lesa maestà

Per vedere il video vai all'indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=jrs7VAK6BEA

Probabilmente nulla è più efficace della satira, nell'esasperazione della realtà, per cogliere l'essenza di fatti e personaggi. E le imitazioni di Napolitano realizzate da Sabina Guzzanti nel programma Un, Due, Tre Stella, trasmissione peraltro non troppo convincente nel suo complesso, sono da questo punto di vista delle autentiche chicche: in esse i discorsi dell'attuale Presidente della Repubblica appaiono in tutta la loro banalità e conformismo cosa che in politica significa voler stare dalla parte del più forte.
E se vogliamo questo corrisponde a tutta la storia umana e politica di Napolitano, sempre allineato e coperto all'ordine costituito senza mai esporsi in posizioni radicali e dirompenti che ne potessero compromettere la carriera personale.
Nei gruppi universitari fascisti da ragazzo (e questo potrebbe essere un peccato veniale condiviso da tanti giovani della sua generazione), ortodosso giovane deputato del PCI inneggiante alle tesi leniniste e all'invasione sovietica dell'Ungheria del 1956, protagonista della corrente migliorista - l'ala moderata, liberal o socialdemocratica, filo-atlantica e filo-craxiana che osteggiava Enrico Berlinguer – ma sempre leale con le regole vigenti nel Partito Comunista come il centralismo democratico (e nemmeno vedere le truppe russe porre fine alla Primavera di Praga del '68 poté spingerlo ad abbandonare quel partito), quantomeno spettatore del sistema di finanziamento illegale dei partiti che riguardò la propria corrente (beneficiata anche dalle elargizioni di Ligresti e Berlusconi) ed il proprio partito (in qualità di 'ministro degli esteri del PCI' secondo le accuse formulate in una vigliacca, ma che è difficile considerare infondata, chiamata in correo da parte di Craxi), zelante difensore della partitocrazia – al di là di ogni evidenza e contro il comune sentire dei cittadini – fino all'elogio postumo del sopracitato Bettino Craxi.

giovedì 16 agosto 2012

OrizzontalMENTE, CircolarMENTE





 Di Marigo Giandiego


Prendete questo post come una continuazione della “Lettera aperta alla Sinistra”, che ho iniziato ormai da tempo immemorabile, che porto avanti da anni con varie espressioni fra le quali una pagina di Facebook a nome AreA. 
È anche una forma di risposta al frateno amico ed conduttore del Blog “Verità e democrazia”   Giorgio Rossi 
Mi piacerebbe che essa giungesse sino alle stanze dove la sinistra pensa, ma forse questo è un “PIO DESIDERIO”, irrealizzabile perchè in queste stanze dovrebbero ascoltare...e non lo fanno, da troppo tempo ormai. 
 Abbiamo sin qui molto parlato della necessità di “rinascita” di un “pensiero progressista”  e della cultura conseguente. Personalmente ne ho spesso tracciato i limiti, attuali e pregressi. Sino a  definire la prematura morte di quella che definimmo sin qui con il nome, secondo me inadeguato, di Sinistra. 
Per iniziare mi chiedo come possa un concetto meramente di posizione definire una realtà così complessa. 
Bisogna essere oggettivi, saper leggere la realtà e riconoscere, che al di là delle buone intenzioni di molti quello che abbiamo, oggi, sono “richiami”, “riferimenti”, “vaghi accenni” moltissima arroganza ed altrettante pretese di originalità e purezza, ma pochissimo contenuto ed ancor meno capacità di mobilitazione e di fascinazione. Oggi a sinistra la maggiore preoccupazione appare la propria agognata e remunerata “rappresentanza parlamentare” a questo fine si struttura ogni proprio intervento, mantenendo appunto una ricchezza di riferimenti verbali ad un passato di lotta ma una raccappricciante vuotezza di contenuti attuali. Dove questo non avvenga e si mantenga, quantomeno nei termini, le contraddizioni si sprecano, il rapporto fra quel che si dice e quel che si pratica è deficitario. I comportamenti rimangono separati dall’azione, che è politica, e la discussione sulle cultura di sistema e sulla sua alternativa è praticamente inesistente, ma soprattutto il rapporto permane verticale, verticistico, la “linea” continua imperterritta a calare dall’alto (Quanti stimati dirigenti rivoluzionari, per esempio, sono intestatari di remunerativi vitalizi come ex parlamentari. Quanti dei segretari della sinistra sinistra lo sono ormai da millenni e destinati a rimanerlo per altrettanto? Quanti fra i loro dirigenti politici hanno attraversato ogni stagione, ogni tempesta o bonaccia facendo della politica la loro unica professione?Rimanendo così chiusi nelle loro segreterie e perdendo il contatto con la realtà del lavoro, come mai i dirigenti di base rimangono perennemente dove sono...alla base) 
Partiamo quindi dal perchè, a mio umilissimo parere, si è arrivati a questa deriva. 
La sinistra storica è sempre stata organizzata in modo rigidamente verticale, dicevamo, pur con tutti i discorsi interni di eguaglianza e democrazia, anzi nella teoria bolscevica si rende questa verticalizzazione come “corpo e senso”  nelle accezioni di partito e di “dittatura del proletariato”, quantomeno in quelle comunemente riconosciute come tali, ma non solo nella teoria. 
Persino nei gruppi extra-parlamentari degli anni 70/80, pur derivanti dal Movimento o Moovimet, se preferite, il verbo derivava dal comitato centrale, l’organizzazione interna era verticalizzata di leader in leader sino al leader massimo. 
Nella discussione venivano scelte una serie di tematiche “centrali” che riguardavano “aspetti” dell’organizzazione e venivano ingigantiti sino a divenire l’universalità del pensiero di sinistra. Quante sottovalutazioni ha permesso questo metodo? Quante ne permette ancora, e quanto ha deformato il modo di percepire il sociale e l‘intorno sino a limitarcene la lettura. Via via nel tempo abbiamo ripetuto questo con svariate tonalità, del Partito Comunista abbiamo rimosso quasi tutto, dalle motivazioni ideologiche, sino a quelle ideali...non solo non abbiamo superato i suoi numerosi limiti, ma abbiamo rimosso i motivi “alti” che davano senso alla sua esistenza, per mantenerne solo la burocrazia verticale interna e le dichiarazioni dogmatiche di principio. 
Quella “struttura partito” che era uno di questi limiti. 
In tutte le discussioni che hanno agitato ed agitano la sinistra, mai e poi mai si è davvero discusso del “rapporto che intercorreva fra gli attori”, mai si è ricercata una reale democrazia interna. Si interveniva sull’esterno, sul contingente, sull’avvenimento, ma non si ricercavano “comportamenti spirituali ed interiorizzati” che trasformassero in esempio praticato quello che via via si andava “predicando” con la bocca. 
Mai si è accettata l’idea di una profonda riforma della “struttura”, del rapporto di democrazia interna. Questa incapacità di discutersi è diventata tale, che anche nella ricerca delle svariate, e sinceramente troppe, rifondazioni si arrivava e si arriva ancora oggi alla proposta degli svariati “soggetti” con nessuna credibilità, nessuna discussione, nessuna pratica, ma con una segreteria già formata. 
Eppure sprazzi di comprensione ed embrioni di risposta si fanno strada, nei comportamenti di democrazia diretta, nelle spinte alla orizzontalizzazione delle organizzazioni e dei movimenti, nelle richieste costanti di circolarità del dibattito e della società. La coscienza si fa strada, anche se in modo minoritario e di nicchia. Io colgo, impellente, una profonda diversità dai discorsi di un tempo ed una richiesta di "esempio", di "comportamenti". 
Eppure questa esigenza non viene colta da una sinistra avviluppata nei propri “riferimenti”, prigioniera delle proprie strutture, persa nelle proprie segreterie, molto più preoccupata dei “termini” e delle “regole”, dei  “riferimenti”, piuttosto che non della sostanza. 
Sempre predisposta ad “apporre” cappelli piuttosto che alla partecipazione attiva. Per nulla portata e vocata all’abnegazione ed all’altruismo...che pure dovrebbero essere premessi in ogni suo ragionamento. Con un leader pronto per ogni occassione, ma con sempre meno portatori d’acqua. 
Forse la risposta sta in un riferimento all’antico, a quelle società gilaniche e femminili che hanno caratterizzato il neolitico e che partendo da premesse “altre” rispetto al nostro attuale sistema “competitivo, verticalizzato e maschile” avevano caratterizzato secoli e secoli di una società orizzontale che non conosceva "la guerra, la competizione e le armi" e che è arrivata, con ogni probabilità, a vette di civiltà che la storia, scritta dopo dalla società maschile che l’affossò con le armi e successivamente la bruciò sui roghi, ancora ci nasconde. Se come profetizza Hernan Mamani e come ormai dicono in molti il “divino femminile” è appena sotto all’orizzonte, pronto a sorgere nuovamente, dopo essere stato oppresso e negato per secoli, ed a rendere finalmente completo il nostro TAO. 
Forse sarebbe il caso di affinare le nostre “sensibilità” ed iniziare a guadarci attorno invece di continuare ad attendere indicazioni dall’alto. La stessa ricerca di un Leader Vero della sinistra è la stoltezza più marcata. 
OrizzontalMENTE, CircolarMENTE...EmpaticaMENTE e CompassinevolMENTE e non sono termini retorici, ma indicazioni di comportamento in cui il veicolo che ci trasporta laddove stiamo andando non ha più soverchia importanza rispetto alla sostanza di quello che stiamo facendo. 
Dove il senso, il motivo, e le ragioni trasformano l’agire in “Cultura dei Comportamenti”, dove è impossibile non essere eretici, altri dal sistema e dal potere. 
Con al medesima forza e “sostanza” che caratterizzò la diffusione del cristianesimo o del pensiero socialista. Affidando il contagio proprio a questa orizzontalità e circolarità che divengono parte fondamentale e non solo “atteggiamenti”. Come mai tutto quel poco di nuovo, che oggi cirecola, ci è derivato da movimenti così congegnati e come mai la comprensione è ancora così lontana dalle segreterie...non domandarselo è condannare le “pulsioni ed i motivi” che ci mossero all’oblio. 
Perchè è di pulsioni e di motivi che stiamo parlando. 
Il coraggio di iniziare dall’ABC, azzerando le segreterie, ricostruendo dai comportamenti e dalle scelte di vita, cercando lo Spirito insieme al Pragma. Aprire la mente e ì’anima al femminile, circolare ed orrizontale, dopo secoli di cultura maschle verticale e competitiva. 
Accettare l’idea che il “Cambiamento” è molto più profondo di quanto ci si aspetti, e che esso ci riguarda, non è un fenomeno esterno e sociale ma interno, profondo e spirituale. Accettare che fra le icone che cadranno inesorabilmente ce ne saranno alcune che ci sono care e che noi stessi abbiamo adorato...stupidamente. Il Cambiamento è dentro, qui ed adesso! Graduale, forse, ma sempre personale e comportamentale...altrimenti non è.

mercoledì 15 agosto 2012

Il piano B di un elettore di sinistra

Dovevo una risposta al caro amico Giandiego Marigo, insostituibile co-autore di questo blog, e al suo post, credo ispirato da un articolo dell'ottimo Ilvo Diamanti, nel quale rimproverava gli elettori che sono ancora in attesa, a suo parere illudendosi, dell'autobus della sinistra mentre ce n'è uno bello e pronto, quello di Grillo, attraverso il quale è già ora possibile promuovere l'idea di una reale alternativa, un'opposizione radicale al sistema dominante, con un linguaggio nuovo e non convenzionale, facendo tabula rasa di vecchie nomenklature partitiche e di consunti rituali che consentono ai soliti professionisti della politica di monopolizzare, per cogliere l'ennesima occasione di riciclarsi personalmente, le istanze di rinnovamento che nascono dal basso.
Premetto che non ho preconcetti verso Grillo perché è proprio attraverso Grillo (e Travaglio e Di Pietro che in qualche modo ne condividono la stessa visione politco-culturale) se ho scoperto in età avanzata, io che non ho un vissuto di partecipazione attiva a partiti e movimenti, la voglia e la possibilità di 'fare politica' sia pure da rivoluzionario da tastiera o come è stato definito ironicamente come membro degli indivanados.

martedì 14 agosto 2012

Tagli, ritagli e frattaglie

Alcune notiziuole giusto per scuotersi dal torpore ferragostano e riprendersi dalla sbornia olimpica.

Roma, sabato 11 agosto, disoccupato si dà fuoco in Piazza Montecitorio e tenta di lanciarsi verso l'ingresso della Camera dei Deputati.
Siamo vissuti per anni con il mito di Jan Palach il patriota cecoslovacco che si diede fuoco per protestare contro l'invasione sovietica del 1968 che pose termine alla Primavera di Praga.
C'è stato raccontato mille volte l'episodio dell'ambulante tunisino che, immolandosi come torcia umana per ribellarsi al sopruso subito con il sequestro delle proprie povere merci, diede inizio alla Primavera araba.
Ma per l'Italia questi gesti, ormai innumerevoli, di suicidi ma anche di aggressioni e omicidi, frutto della disperazione e della crisi economica, vanno classificati esclusivamente come atti di follia.
Se per qualche tempo il tema dei suicidi è stato argomento di punta dell'informazione giornalistica e del dibattito politico, fino a spingere Mario Monti a paragonare - per consolare con singolare cinismo l'opinione pubblica - i numeri italiani a quelli greci, ora di questi fatti non bisogna più parlare o parlare il meno possibile nonostante questa piaga non sia certo venuta meno.
E' possibile che, sulla base di aride statistiche, non vi fosse un reale incremento di questo terribile fenomeno ma la percezione che ne aveva l'opinione pubblica, come scrivevo su questo blog e come afferma l'autorevole Ilvo Diamanti, era che fosse una naturale e inevitabile conseguenza della crisi.
Ma il problema si risolve, come si usa fare sistematicamente in questi casi, semplicemente non parlandone ed aspettando il prossimo pruriginoso fatto di cronaca nera per definire il palinsesto dell'informazione televisiva e le prime pagine dei giornali.

sabato 11 agosto 2012

Pensiero unico liberista e privatizzazioni

Se non fossimo sommersi dal pensiero unico liberista, se l'opinione pubblica non dovesse subire quel furto di verità e di informazione di cui ha parlato il Manifesto e attraverso cui analisi e soluzioni opinabili e contestabili vengono fatte passare come le uniche possibili ed alle quali non possiamo che attenerci proiettandoci, come scrive Alberto Burgio, nel buio di un nuovo oscurantismo dogmatico degno dell'epoca della Santa Inquisizione, ci si potrebbe facilmente rendere conto di quale fatale attentato al bene comune sia rappresentato dal nuovo programma di privatizzazioni.
Il dogma che ci viene propinato, senza possibilità di contraddittorio, è che dalle dimensioni del debito pubblico italiano derivi la crisi economica e finanziaria, il differenziale tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi (lo spread), la vulnerabilità rispetto alla speculazione. E ciò giustifica la necessità inderogabile di ridurre il debito pubblico attraverso l'austerità, la riduzione della spesa sociali, la vendita delle proprietà pubbliche.
Ed invece è proprio questo dogma che deve essere contestato (senza con ciò considerare un dato positivo l'ipertrofia del debito pubblico e non ritenere indispensabile la revisione degli impieghi e della destinazione del denaro pubblico) così come fanno tanti economisti indipendenti che però non trovano spazio adeguato né nell'informazione mainstream né nella quasi totalità della casta politica al soldo degli speculatori finanziari.

giovedì 9 agosto 2012

Lo sport di Stato


Fa bene Beppe Grillo a buttare il sasso nello stagno del conformismo sportivo e olimpico. Per quanto mi riguarda non considero negativo un briciolo di patriottismo e di orgoglio nazionale anche se nasce dal tamburello o dalle freccette ma sono sempre benedetti gli stimoli alla riflessione e gli sforzi per rompere il pensiero unico informativo.
Il nazionalismo è certo uno degli aspetti legati allo sport e alle Olimpiadi ma ce ne sono anche altri su cui ho provato a ragionare su questo blog.
E ce n'è uno ulteriore su cui vale la pena di porre l'attenzione.
In un'Italia in cui ormai parlare di iniziativa statale o pubblica è giudicato alla stregua di una bestemmia ed in cui si esalta il culto della sussidiarietà (non facciano le amministrazioni centrali pubbliche ciò che possono fare le amministrazioni locali e soprattutto direttamente cittadini ed imprese ovverosia, si potrebbe tradurre brutalmente, lo Stato non ostacoli i profitti privati fornendo servizi a basso costo), sembra che a tutti, compreso il gran sacerdote dei mercati Mario Monti, sia sfuggito il fatto che il peso economico dello sport olimpico grava in gran parte sulle spalle dell'erario.

mercoledì 8 agosto 2012

DOVE C’E’ “CASTA” C’E’ ITALIA…


(PILLOLE DI SPENDING REVIEW)
N° 1 - IL COSTO DELLA REPUBBLICA

Quanto costano i “Palazzi” del Potere?
Quanto costa agli Italiani mantenere un tanto pletorico quanto ipertrofico apparato politico-istituzionale?

Che la (Casta) politica italiana sia la più costosa d’Europa (probabilmente tra le più dispendiose al mondo!) è un fatto notorio

 

L’ITALIA, rispetto agli altri paesi europei, SPENDE in media IL 30% IN PIU’ PER I COSTI DELLA POLITICA.

Per l’esattezza (dati Uil):

-                   OGNI CONTRIBUENTE DESTINA AL MANTENIMENTO DELLA macchina della REPUBBLICA circa “646 EURO” L’ANNO;

-                      e I COSTI DELLA POLITICA ITALIANA (diretti e indiretti) AMMONTANO A circa “24,7 MILIARDI” DI EURO (cifra, per intendersi, pari al 2% del Pil nazionale e ad oltre il 12% dell’intero gettito Irpef!).


Più in dettaglio (secondo quanto emerge dai rapporti sui costi della politica presentati da Uil e Confindustria):
-                      GLI ORGANI DELLO STATO centrale (Presidenza della Repubblica, Camera, Senato, Corte Costituzionale, Presidenza del Consiglio e Ministeri) COSTANO ai cittadini “3,2 MILIARDI” DI EURO l’anno (in media, 82 euro per ogni contribuente!);
-                      le quattro più alte Istituzioni dello Stato (QUIRINALE, SENATO, CAMERA E CONSULTA) pesano sulle tasche degli Italiani per “2,2 MILIARDI” DI EURO;
-                      il solo funzionamento della PRESIDENZA DEL CONSIGLIO (dati 2011) comporta spese per “477 MILIONI”;
-                      i costi per il funzionamento dei MINISTERI (dati 2011) ammontano a “226 MILIONI”;
-                      per gli Organi di REGIONI, PROVINCE E COMUNI (Giunte e Consigli) si spendono “3,3 MILIARDI” (ossia 85 euro per contribuente!);
-                      ed Organi quali la Corte dei Conti, il Consiglio di Stato, il CNEL, il CSM ed il Consiglio Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia pesano sul bilancio dello Stato per “529 milioni” di euro.

Spulciando i conti delle due Camere, poi, si scopre che:
-                      dal 2001 al 2011, il bilancio della CAMERA DEI DEPUTATI è salito da 749 milioni di euro ad oltre “1 MILIARDO e 70 MILIONI”;
-                      mentre il bilancio del SENATO DELLA REPUBBLICA è passato da 349 milioni nel 2001 a “603 MILIONI” nel 2011.

 

Secondo la Banca d’Italia, in barba a ogni crisi, DAL 2001 AL 2010 LA SPESA PER LA PUBBLICA AMINISTRAZIONE E’ PASSATA (in rapporto al Pil) dal 48,1% AL 51,2%.


“Questo è il normale costo di ogni democrazia”, si sostiene…

Ma quanto è “normale” il fatto che IN FRANCIA L’ELISEO E IL PARLAMENTO COSTANO “900 milioni” di euro l’anno (MENO CHE LA META’ DELLE PARI ISTITUZIONI ITALIANE) e in Spagna soli “700 milioni”?
Come spiegare il fatto che IN SPAGNA IL CONGRESSO DEI DEPUTATI COSTA soltanto “100 milioni” (MENO DI UN DECIMO DI MONTECITORIO)???
Come dar conto del dato “impressionante” per il quale (fonte la Stampa, 30/01/2012) IL PARLAMENTO ITALIANO COSTA PIU’ DELLA SOMMA DEGLI ALTRI QUATTRO GRANDI PARLAMENTI NAZIONALI D’EUROPA (la Bundestaq, la Assemblée Nationale, la House of Commons e il Congreso de Los Deputados), i cui costi di funzionamento solo complessivamente ammontano a 3,18 miliardi di euro l’anno?!

Come giustificare il fatto che (sempre secondo la Stampa) OGNI CITTADINO ITALIANO SPENDE “27,15 EURO” l’anno SOLO PER mantenere LA CAMERA DEI DEPUTATI, mentre:
-                      uno francese 8,11 euro per la Assemblée Nationale (tre volte meno che in Italia);
-                      uno inglese 4,18 euro per la House of Commons (quasi sette volte meno);
-                      ed uno spagnolo 2,14 euro per il Congreso de Los Deputados (dieci volte meno)???

Cosa giustifica simili “sproporzioni”?
Delle due l’una:
a-                  o l’Italia vanta la classe dirigente “migliore” al mondo, che conseguentemente merita anche un trattamento “unico” al mondo (il che, non fosse per altro, si contraddice con la constatazione d’avere l’unica classe politica, al pari di quella greca, al contempo “commissariata” da un tecnico, “sfiduciata” dall’Europa e “screditata” da ogni agenzia di rating!);
b-                  oppure siamo di fronte alla più grande “truffa” orchestrata ai danni di un’intera Nazione da una vera e propria “Associazione politica a delinquere”!

Per quanto altro tempo tale odioso “spread” (tra il costo della politica italiana e d’oltralpe) sarà tollerabile???


LA DEMOCRAZIA HA certamente UN COSTO, tanto fisiologico quanto irrinunciabile…
MA LA POLITICA ITALIANA HA RAGGIUNTO COSTI che definire “PATOLOGICI” è dir poco!

Il debito pubblico italiano ormai si attesta sui “2.000 miliardi” di euro, i conti dello Stato hanno più buchi di una gruviera (il pareggio di bilancio nel 2013 è solo un’ipotesi…), la finanza pubblica rischia il collasso (il debito pubblico ha superato quota 123% sul Pil, mentre molti enti locali rischiano il dissesto finanziario), la “stagflazione” è dietro l’angolo (una fase di pesante recessione coniugata ad una perdurante inflazione…).
In questo scenario l’aumento delle tasse per “far cassa” non è più una strada percorribile (la pressione fiscale italiana “effettiva” o legale, secondo gli ultimi dati della Confcommercio del luglio 2012, si attesta al 55%, facendo registrare un record mondiale!).
Prima di trovarsi costretti a metter mano al welfare ed alla spesa sociale, ovvero a tagli sulla “viva carne” delle persone (dai licenziamenti nel pubblico impiego alla cancellazione delle tredicesime…), è dunque un “dovere morale” per la classe politica mostrare un “sussulto di dignità”: provvedere da subito ad un taglio netto della spesa pubblica “parassitaria”!
In Italia è proprio la politica il principale terreno fertile per “sprechi e privilegi”.
Per tutto questo TAGLIARE I COSTI DELLA POLITICA E LA SPESA PUBBLICA IMPRODUTTIVA NON E’ PIU’ UN’OPPORTUNITA’ BENSI’ UNA NECESSITA’ per il Paese!

LA CRISI economica e finanziaria NON HA CAUSE ESCLUSIVAMENTE ENDOGENE, essendo legata a filo stretto alla capacità di autoriformarsi dell’Europa ed alle strategie occulte della speculazione internazionale.
MA SULL’ITALIA PESA, diversamente o più che in altri paesi, anche L’INSOPPORTABILE FARDELLO di una classe dirigente inadeguata, DI UNA POLITICA “GATTOPARDESCA” sempre più obesa ed ingorda (praticamente un’“oligarchia insaziabile”!).

OGNI singolo CITTADINO PUO’ BEN POCO CONTRO LO STRAPOTERE DI CASTE consolidate, DI LOBBY coalizzate, DI POTERI FORTI ben radicati…
MA UN POPOLO CHE NON SENTE IL BISOGNO DI “INDIGNARSI” di fronte a insostenibili “sprechi” e insopportabili “privilegi”, che non mostra alcun moto di ribellione dinanzi all’autoreferenzialità, all’affarismo ed al professionismo politico di un’intera classe dirigente, E’ semplicemente UN POPOLO SENZA DIGNITA’!


(Gaspare Serra)

Blog “PANTA REI”:                                          http://gaspareserra.blogspot.it
Pagina facebook “L’ANTI-CASTA”:            http://www.facebook.com/nuovarepubblica

domenica 5 agosto 2012

Vendola-Saragat, Bersani e la rappresentanza dei ceti popolari


Se si ripercorre la storia d'Italia andando indietro con la memoria per gli ultimi venti o trent'anni, e soprattutto dopo la fine del regime comunista sovietico, si troverà che la lotta per il potere si è dipanata, in una sostanziale continuità, non tra i rappresentanti dei ceti popolari e quelli dei prenditori dei profitti e delle rendite ma tra coloro che risultano l'espressione da un lato di almeno parte del grande capitale finanziario e industriale, italiano e straniero, e dall'altro delle lobby, confraternite, logge, corporazioni, cricche, mafie o comunque le si voglia chiamare che caratterizzano il nostro Paese e le danno una connotazione feudale.
Cuccia contro Sindona, finanza laica contro finanza cattolica, De Mita contro il CAF di Craxi, Andreotti e Forlani, De Benedetti e Repubblica contro Berlusconi editore, Prodi, Ciampi, il PD e l'Ulivo contro Berlusconi politico. Con Agnelli e il Corriere della Sera in una posizione centrale e di mediazione.
Gli uni hanno usurpato, in termini di valori e di principi e di asserita rappresentanza sociale, i panni politici della sinistra ed il ruolo di difensori dei lavoratori dipendenti, gli altri hanno costituito una destra dalle caratteristiche tutte italiane cavalcando gli istinti individualistici, le rivendicazioni localistiche, la pretesa di negazione dei diritti civili e di ostilità nei confronti delle tasse e delle regole dello Stato.
Non si spiega così il fatto che le privatizzazioni, le liberalizzazioni, l'adozione dell'euro e l'integrazione nel mercato comune, l'accettazione supina della globalizzazione siano state opere della 'sinistra' più che della 'destra'?
Un capitalismo di sinistra contro un capitalismo di destra che dà conto dell'imbastardimento di tali definizioni – destra e sinistra - ormai spesso considerate incomprensibili e anacronistiche, per di più calate nella dittatura del turbo capitalismo finanziario, dell'esproprio della politica e della volontà popolare da parte dei mercati e delle organizzazioni economiche sovranazionali.
Due partiti, due gruppi di potere e di interesse certo non perfettamente distinti e separati tra loro, ma con ampie zone di contiguità e di sovrapposizione e comunque con la vocazione al compromesso, ad un'utile convivenza, all'inciucio, alla spartizione dei benefici del potere.
L'esperienza Monti sotto la regia di Napolitano può essere interpretata anche come il compromesso storico tra questi due gruppi di potere.
Lette attraverso questa interpretazione è possibile inoltre dare un senso logico alle parole di Bersani, altrimenti vera contraddizione in termini, che si candida alla guida della coalizione alternativa alle destre ma non a Monti rivendicando anzi la continuità con l'azione brutalmente di destra del suo Governo.
Siamo ancora una volta di fronte alla abituale contrapposizione tra i due soliti blocchi di potere che conculcano entrambi, al di là della falsa rappresentazione delle idee di destra e sinistra, le giuste rivendicazioni dei ceti popolari.
Sono emblematici, da questo punto di vista, i dieci punti della carta di intenti del Partito Democratico dalla cui lettura emerge in tutta la sua ampiezza la mediocrità, la spudoratezza, l'attitudine alla menzogna del ceto dirigente di quel partito.

mercoledì 1 agosto 2012

Impariamo a dare senso alle parole

Di Giandiego Marigo
Le  ultime dichiarazioni di Bersani ci dimostrano come egli non sappia quel che dice...oppure, peggio ancora, quanto egli menta sapendo di farlo e come usi “strumentalmente” ed “elettoralisticamente”  termini in cui non crede affatto, ch’egli stesso sa obsoleti ed inutili. Come “Destra e Sinistra”. Egli gioca sull’equivoco e confida nella crassa ignoranza, reale o gentilmente offerta, di chi lo ascolta e di chi si allea con lui, esibendo una inutile prosopopea di sinistra.
“Alternativi alla destra” quale? Se egli quotidianamente si appella a quelli che chiama moderati che poi corrispondono a Casini, Fini, Rutelli, ma volendo anche a chiunque allontanadosi dal PDL volesse vendere alcune fette di dignità. Un’area che di riferimenti , soprattutto culturali, di destra ne ha vagonate e ne spreca quotidianamente quantità industriali?
Quali se la stessa politica interna del partito si sposta gradualmente verso posizioni sempre più “liberal” che sono storicamente definibili come di destra?
“Ma non a Monti” che per altro attua politiche assolutamente di destra, con attacco diretto al potere d’acquisto ed al salario, con la difesa di principio e classista dei “privilegi di casta e di classe”, sviluppo sfrenato della forma di capitalismo più virulenta e priva di scrupoli, con l'inganno perpetrato e ripetuto d'una "eterna ed impossibile" crescita. Monti che rappresenta in modo “preciso” la destra europea...ma si sa i termini sono opinabili, le posizioni relative ed i punti di vista molto elastici. Razionalismo pragmatico relativista?
Rivela il reale nocciolo del suo discorso solo più avanti quando in un raptus di sincerità liberal (non oserei un Liberal-democratico, troppo di sinistra) ci informa che: “Il Partito Democratico non rappresenta l’avventura, ma la solidità” cioè non discute affatto il sistema ma lo conserva, non discute le strutture di potere ma le rinnova,  non intende creare alcuna confusione nel “modello”, ma semmai stabilizzare i ruoli attuali, consolidandoli. Garantendo cioè all’elite al potere la continuazione del suo dominio.
Rinnegando in questo modo qualsiasi “contenuto”, mantenendo cioè l’eventusale avvicendamento come una pura formalità che non modifica la sostanza degli impegni presi dai governi di destra con una visione di destra in un mondo di destra.
Sto parlando ovviamente solo della superficie formale della lettura del discorso Bersaniano, perchè se mi avventurassi nell’interpretazione spirituale e profonda ne uscirabbe il “Grande Nulla” e sostenere che, sostanzialmente egli non abbia detto niente sarebbe irrispettoso.
Perchè il dramma vero sta proprio lì, nell’assoluto vuoto, nell’assenza di una visione “alta”,  che dia un respiro anche spizzicato di “progresso e civiltà” e che egli spera o meglio che lo staff del PD confida di colmare con un vago riferimento al diritto degli omosessuali, che è maggiormente garantito, per assurdo, dalla chiesa Valdese, che dà la possibilità di una cerimonia religiosa per chi voglia sposarsi.
Spendo due parole sulla “chiostra” dei “probabili” alleati, disposti quasi ad ogni compromesso per un posto garantito in “paradiso”. Teoricamente lontanissimi, persino contrapposti nella maggioranza delle posizioni, ma sempre pronti ad una astensione, ad una svendita, ad un appoggio formale...basato sul “Grande Nulla”  di cui parlavo prima. In ultima analisi e su questo “Nulla” che si basa l’alleanza, anche perchè se si inizia a parlare di qualche cosa si finisce a litigare.
Non dico nulla di nuovo, nulla che non si sappia dicendo tutto questo, eppure, troverò qualcuno che ne sa di più, che ha una posizione più chiara e che vorrà insregnarmi cosa significhi avere una “visione di sinistra”. Che definirà questa posizione qualunquista o demagogica oppure populista, ormai si fa così per non rispondere sulle questioni. Mentre con l’altra mano briga per tenere aperta l’ILVA, in nome del “lavoro”.
E già, perchè si accorge ora che non esiste un piano di uscita dall’ILVA stessa, chissà chi doveva pensarci? E che anni ed anni di “opportunismo silenzioso” hanno portato al disastro. Ma questo piace al PD, che predilige le posizioni del tipo “Dobbiamo pensare all’ecologia ed alla salute...ma anche...all’occupazione e all’acciaio”. Posizioni che permettono sia ai suoi dirigenti che a quelli collocati un poco più in là, di imbastire un bel “Racconto di splendida retorica, che tenga presenti il sudore versato sul fronte del lavoro ed il dolore delle famiglie così avvezze alla morte da non considerarla nemmeno più” e così in un profluvio di parole inutili...seguite da nessun comportamento dare l’impressione di una sinistra esistente, che faccia e si faccia ancora delle domande, peccato che esse dovessero essere fatte e siano state ripetute a iosa negli ultimi quarant’anni

Con Antonio Ingroia e Roberto Scarpinato per la verità sulle stragi di mafia

Questo è il momento, scrive Salvatore Borsellino, di scegliere, sulla lotta alla mafia e sulla ricerca della verità, da che parte stare.
C'è chi come Napolitano ha accolto le richieste di udienza di Mancino in merito al proprio coinvolgimento nell'inchiesta sulle stragi e che con il conflitto di attribuzione presso la Corte Cosituzionale si è messo di traverso all'attività svolta dai magistrati di Palermo, c'è chi come Pietro Grasso ha elogiato Berlusconi, l'amico di Dell'Utri e datore di lavoro del boss Mangano, per il contributo alla lotta contro la mafia.
E c'è chi, come Antonio Ingroia e Roberto Scarpinato, con il proprio lavoro di indagine e con i propri discorsi, certo 'politici' nel senso più alto del termine e diritto/dovere di qualunque cittadino, testimonia l'impegno per la difesa della Costituzione, per la verità e per combattere il cancro della criminalità organizzata, senza riguardo per alcuno. Nella consapevolezza dei rischi che ciò comporta per la propria vita e per il linciaggio mediatico a reti unificate a cui si viene inesorabilmente sottoposti quando si vanno a toccare i nervi scoperti del potere.
Io come semplice cittadino sto dalla parte di Antonio Ingroia, Roberto Scarpinato e Salvatore Borsellino e spero in questo di essere insieme a tanti.